Alle prese con il Lockdown

Pubblicato il 06-01-2022

di Gabriella del Pero

Ragazzi che non vogliono più uscire di casa e genitori che non sanno che pesci pigliare.

Per darmi una prima e sintetica idea di quale fosse la natura delle loro preoccupazioni per l'atteggiamento del figlio verso la scuola e la vita in genere, i genitori di un ragazzo quindicenne mi hanno raccontato che il suo iniziale commento all'annuncio del lockdown totale dello scorso anno è stato: «Caspita, questa è la cosa più bella che avrebbe potuto succedermi!». E da quel giorno non è praticamente più uscito di casa, anzi dalla sua camera. Naturalmente la quasi totalità delle giornate venivano da lui impiegate sul cellulare e sui "social", dai classici Facebook, WhatsApp, Instagram e così via per passare alla condivisione di centinaia di video su TikTok (a proposito, pare che nel frattempo gli utenti mondiali di TikTok abbiano superato i due miliardi...), senza dimenticare le svariate serie da guardare su Netflix e naturalmente le interminabili ore trascorse sui videogiochi. L'agognata (dagli altri) fine del lockdown?

Una vera tragedia. La scuola in presenza? Una terribile minaccia. Le vacanze al mare? Un'autentica seccatura. Ho chiesto ai due genitori come avrebbero descritto il carattere del figlio prima del lock-down. Mi hanno fatto il ritratto di un ragazzino timido, insicuro, introverso, con scarsi risultati scolastici, con pochissimi amici e una grande paura del confronto e del giudizio degli altri (che evita), ma nello stesso tempo soffocato dall'ansia di essere "tagliato fuori" dal gruppo dei coetanei e soprattutto dai compagni di classe. E per di più perennemente "perdente" nei confronti della sorella, dipinta invece come una ragazzina decisa, spigliata, socievole ed intraprendente. Insomma, un vero disastro, uno con risorse personali insufficienti (almeno secondo i genitori) a far fronte alla realtà concreta in cui si trova quotidianamente. E adesso anche completamente "schiavo" del web e quindi privo della possibilità di gustare la vita reale e le relazioni autentiche.

I genitori sottoscriverebbero subito questa affermazione di papa Francesco: «La rete è un'occasione per promuovere l'incontro con gli altri, ma può anche potenziare il nostro auto-isolamento, come una ragnatela capace di intrappolare» (papa Francesco, messaggio per la 53° Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali). Ecco, per papà e mamma si tratta di un ragazzino intrappolato. Naturalmente in realtà il suddetto ragazzino non si sente per niente intrappolato, anzi: descrive le sue giornate "in rete" come finalmente molto appaganti e divertenti, parla in continuazione dei suoi numerosissimi nuovi "amici" come se li incontrasse di persona ogni pomeriggio al parco, dice di avere enormemente ampliato i contatti e gli scambi con i coetanei (e anche con alcuni adulti) e di non sentire affatto il bisogno di uscire perché in casa ha già a disposizione tutto quel che gli serve e gli piace. «Sono i ragazzi ad essere più esposti all'illusione che il social web possa appagarli totalmente sul piano relazionale, fino al fenomeno pericoloso dei giovani "eremiti sociali" che rischiano di estraniarsi completamente dalla società», scrive papa Francesco in un altro passo del Messaggio.

È vero, si tratta fondamentalmente di un'illusione, ma per molti anche di una soluzione alle loro precedenti difficoltà e questo non è poco… Ma allora la colpa è o non è della rete? Hanno ragione i genitori a considerare l'isolamento del figlio come conseguenza dello stare tutto il giorno davanti ad uno schermo, oppure ha ragione il figlio che sostiene di avere finalmente trovato un buon mezzo per comunicare con gli altri, oltrepassando paure e timidezze? È una di quelle volte in cui mi pare che porsi onestamente la domanda e continuare a rifletterci sia più utile che affannarsi a trovare subito una risposta…

Un ragazzino timido, insicuro, introverso, con scarsi risultati scolastici, con pochissimi amici e una grande paura del confronto.

Gabriella del Pero

NP Ottobre 2021

 

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