Altro che umile

Pubblicato il 23-08-2020

di Flaminia Morandi

Nessuno è esente dalle trappole del Nemico. La lotta dura fino all’ultimo respiro, anche per chi ha fatto una scelta decisa per il campo di Dio: anzi! Uno degli inganni preferiti con cui la tentazione cerca di fare lo sgambetto a chi è già progredito nella vita spirituale è la falsa umiltà, che naturalmente si fa viva con tutta l’apparenza di quella vera.

Facciamocelo spiegare da un maestro indiscusso come sant’Ignazio di Loyola, autore di uno dei libri più venduti del mondo, gli Esercizi spirituali, nati da una profonda osservazione dei propri movimenti interiori.
«La vostra lettera è prova eccellente di falsa umiltà», scrive senza mezzi termini Ignazio a una suora amica di vecchia data, Teresa Rejadel. Cito liberamente: «Scrivete: “Sono una povera religiosa. Mi sembra di desiderare di servire Cristo Nostro Signore…”.

Dovreste invece proclamare senza paura: “Sono la sua serva e morrò piuttosto che rinunciare a servirlo…”. Per spiegarmi meglio, vi dirò il linguaggio che usa il Nemico: utilizza il difetto che scopre in noi. Se trova una persona dalla coscienza così larga da lasciar passare i peccati senza vederne la gravità, fa ogni sforzo perché il peccato veniale diventi nullo e quello mortale cosa da poco. Se invece trova una persona dalla coscienza delicata, il che di per sé non è un difetto, le fa credere peccato ciò che non lo è, insinuando un difetto dove non c’è, al fine di confondere e di affliggere.

Perché il beffeggiatore resti beffato, la via da seguire è fare il contrario: se il demonio presenta la giustizia, io vedo immediatamente la misericordia, se mi parla di misericordia, io ricordo la giustizia… Chi comincia il combattimento, deve stare in guardia. Proviamo consolazione? Allora ci umilieremo, pensando che la prova della tentazione non tarderà. Viene la tenta.
zione, l’oscurità, la tristezza? Le andremo incontro senza pena, aspettando con pazienza la consolazione del Signore… che parla all’intimo senza bisogno di parole e ci innalza al suo amore divino senza possibilità di resistergli. Se il sentimento viene da Dio, è umile, cioè obbediente alla Chiesa e ai superiori...».

Come dice in termini attuali padre Marko Rupnik, gesuita, la falsa umiltà mi scaraventa nella peggiore superbia, dando più importanza alle mie sensazioni che alla Chiesa, che ha pregato su di me e perdonato i miei peccati. Se arrivo a concludere che non sono degno di servire il Signore, non sono affatto umile, anzi, il contrario: sto solo affermando il mio io. Il mio limite continua a ricordarmi me stesso, invece di Chi mi ha accolto e perdonato così come sono: limitato. È il mio limite lo spazio dell’infinito.

Flaminia Morandi
NP agosto / settembre 2019

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