Amiamo perdutamente l’uomo
Pubblicato il 31-08-2009
Il messaggio cristiano può affermarsi anche in una società secolarizzata, gravata da violenza, ingiustizie, soprusi… ma ha bisogno di un coinvolgimento vero da parte dei cristiani.
Dobbiamo ammettere che oggi la nostra testimonianza di cristiani incide modestamente sulla mentalità e sulla cultura del mondo intorno a noi perché siamo poco credibili. Un medico, uno scienziato, un artista continuano ad esercitarsi e a studiare, come se fossero studenti che preparano un esame importante, per essere in grado di esercitare la loro professione o per mettere a frutto la loro scienza e la loro arte. Tempo fa abbiamo appreso da un sondaggio pubblicato sul settimanale Famiglia Cristiana - realizzato su un campione nazionale di 600 soggetti maggiorenni, cattolici praticanti - che il 27% dei cattolici intervistati non sa che i Vangeli sono quattro. È un dato che fa pensare, che mette in evidenza una situazione diffusa di ignoranza dei fondamenti della nostra fede. Non conosciamo più, o la conosciamo superficialmente, la Parola che è Gesù Via, Verità e Vita, quella Parola che dà senso alla nostra vita, che ci fa capire come spenderla quaggiù, in attesa di viverla pienamente realizzata lassù. |
Di fronte a questa emergenza dovremmo aprire una seria e approfondita riflessione sui metodi e sul linguaggio di una catechesi che ci lascia tutto sommato indifferenti. Come facciamo ad annunciare un messaggio di salvezza se non ne siamo noi per primi convinti? Dovremmo avere tutti il coraggio di “dimetterci” per poi ripartire. Dovremmo tutti quanti chiederci molto di più sulla testimonianza e sulla coerenza nella vita cristiana se vogliamo essere sale e non insipidi. |
Noi cristiani dovremmo essere quelli che - con la testimonianza di una vita credibile e di un pensiero radicato nel Vangelo - aiutano a far pensare il mondo, a farlo discutere. Se invece ci presentiamo con l’atteggiamento dell’incoerenza, con il linguaggio predicatorio, con il volto della verità fondata sul potere e non sull’amore, la gente ci volta le spalle, ci accusa e sceglie di restare nell’ignoranza di un dio che non convince. Stando così le cose non possiamo poi lamentarci se balbettiamo sui pacs e sulla fecondazione artificiale! La Chiesa è ancora capace di parlare di Dio al mondo? Crediamo di sì e lo testimoniano le schiere di santi e di martiri che oggi come ieri, ad ogni latitudine, danno la vita per il prossimo e per testimoniare il Vangelo. |
È importante allora ricominciare da subito una catechesi popolare che sia in grado di far partecipare con entusiasmo bambini, giovani, adulti, una evangelizzazione che coinvolga veramente a fondo la gente e non la tocchi solo in superficie, a livello emozionale. È necessario abbandonare le scorciatoie che appagano solo in apparenza e attirano consensi di breve durata, soprattutto quando si tratta di coinvolgere le nuove generazioni. Mi ricordo di aver partecipato tempo fa ad un incontro internazionale di giovani cristiani. Ero stato invitato a portare la mia testimonianza. Prima di me si esibiva un cantante famoso. L’ultima canzone la presentò con queste parole: “Fino ad ora vi ho cantato canzoni di pura fantasia, ora vi racconto una storia vera, cosa ho fatto con la mia ragazza quando siamo scappatati insieme per una settimana”. E lì a suon di musica tutti i particolari di questa fuga d’amore. |
Ma noi ci crediamo che Gesù è morto, è risorto? Ci crediamo che le forze del male non prevarranno? Ci crediamo che alla fine della vita saremo giudicati sull’amore (quell’amore che è dar da mangiare all’affamato, dar da bere all’assetato, visitare il carcerato…) e che se non viviamo l’amore andremo all’inferno? L’ha detto o no Gesù? Tante le tematiche, tante le questioni sul tavolo. Il denominatore comune rimane quell’esigenza imprescindibile di amare perdutamente quell’uomo in cui Dio si identifica. |
Ernesto Olivero |