BUSINESS VISION

Pubblicato il 31-08-2009

di Claudio Maria Picco

Imprenditore di successo, Marco Boglione opera nel settore dell’abbigliamento, delle calzature e degli accessori per lo sport e il tempo libero attraverso marchi diffusi in tutto il mondo: Kappa, Jesus Jeans, K-Way e Superga.

intervista di Claudio Maria Picco

Chi è Marco Boglione, come si racconta, cosa dice di se stesso? Mi guarda un po’ imbarazzato da una sedia in metallo e pelle nera nella sala della direzione dove ci siamo sistemati per l’intervista. “Non lo so, alla fine penso di essere un bravo ragazzo, di sicuro sono un creativo e un lavoratore, mi difendo dalla pigrizia facendo. E poi sono un imprenditore, volevo fare l’imprenditore già da piccolo, sono uno che fa quello che avrebbe voluto fare da grande, quando era piccolo”. Polo bianca Robe di Kappa, voce pacata, fisico asciutto, un volto sereno che non lascia trasparire l’età, Marco Boglione comunica un’impressione di modernità senza fronzoli, ha le idee chiare e i risultati dimostrano che sa come realizzarle. La sua impronta si vede ovunque nella sede di Largo Vitale dove c’è il cuore pulsante e creativo della BasicNet, società di cui è fondatore e presidente. Grandi sale aperte e luminose, volti perlopiù giovani dietro le scrivanie ed i monitor dei computer. marco_boglione
Cosa pensa di questa società dove c’è di fatto un precariato diffuso?
“Oggi il precariato è percepito come una situazione negativa. Il precario si sente svantaggiato perché non ha il posto fisso. In una condizione ottimale della società il posto di lavoro lo garantisce il mercato del lavoro. Se il mercato va bene e c’è una domanda crescente di inserimenti nei diversi posti di lavoro, di fatto non c’è più precariato. Il precariato è un problema, ma lo è sia per il precario, sia per l’impresa. Darwin sosteneva che l’animale che sopravvive nel tempo non è quello più forte, ma quello che si sa adattare. Vale anche per le aziende che nelle difficoltà hanno un bisogno terribile di flessibilità per potersi adattare meglio al mercato, crescere o rimpicciolirsi velocemente. Secondo me oggi ci vorrebbe un mercato del lavoro vivace, come un sistema di trasporti: uno scende da un treno, sale su un altro e fa strada. In una situazione come quella attuale in cui il Pil è un anno su e l’altro è giù, non riesco a immaginare che si possa risolvere il precariato assumendo tutti a tempo indeterminato”.
marco boglione Si risistema un attimo prima di continuare con un discorso “molto provocatorio” che, dice, ama fare ai suoi colleghi: “Penso che in Italia ci sia oggi una nuova forma di schiavitù intellettuale che la società impone ai giovani con l’assunzione a tempo indeterminato. Il giovane, il bravo ragazzo che vuole fare bene come hanno fatto i suoi genitori, ha come obiettivo una cosa sola: l’assunzione a tempo indeterminato. Ai giovani che assumiamo qui, dico che sono diversi rispetto a prima, perché possono subito ottenere un mutuo per comprarsi la casa. Credo che in moltissimi giovani questo privilegio sia come una droga che spegne il cervello. Qualunque idea abbiano - e i giovani ne hanno - la cancellano. Con la differenza che c’è oggi tra un precario e uno che ha un posto fisso, il bravo ragazzo non ci pensa proprio a lasciare il posto fisso, sarebbe un pazzo se lo facesse. Ma allora, non è un po’ come dire che qualcuno lo ha schiavizzato e che dicendogli: tu farai questo lavoro per tutta la vita, gli ha messo le catene? Allora forse quel privilegio che consente ad un giovane la libertà di sognare, di intraprendere, di costruirsi una vita, lo dovrebbe garantire lo Stato e non l’azienda, chiamata in questo caso ad assicurare un futuro che in realtà è una schiavitù”.
È possibile una progettualità aziendale in un mondo a breve termine, in una società senza regole? “È la società ad aver bisogno di regole, non l’azienda che invece ha bisogno di deregulation. Oggi le aziende moderne e competitive fanno il business plan, il piano d’azione, la programmazione. Noi all’opposto diciamo che bisogna fare business vision, cioè immaginare e poi decidere dove portare la nave, come fa un comandante di vascello che ha una rotta. Ma la rotta tiene conto degli eventuali ostacoli. Se sulla tua rotta incontri un iceberg, non gli vai addosso, lo scansi. La pianificazione c’è, eccome se c’è, ma da quel momento l’azienda deve comportarsi come il comandante di un jumbo che scende di quota per evitare una perturbazione o vira a sinistra per scansare il vento di coda. Oggi funziona un’azienda che è flessibile. I nostri valori aziendali sono: velocità, flessibilità, affidabilità. Questa è proprio la logica della BasicNet, di una azienda fatta a network, non verticale, che ha disintegrato il processo produttivo e ne ha affidato dei pezzi a tanti diversi imprenditori, che ha messo tutti i flussi delle informazioni su data base e ha usato internet a mani basse per gestire tutto in tempo reale. L’azienda ha bisogno di un sistema nervoso come quello del corpo umano che quando la fiamma di un accendino si avvicina al dito lo fa ritrarre alla velocità della luce”.
Imprenditori si nasce o si diventa?
“Si nasce, ma è difficile diventarlo. Di spirito imprenditoriale ce n’è tantissimo, soprattutto nei giovani, ma non è assecondato. Secondo le statistiche non c’è un giovane sotto i 18 anni che da grande voglia fare l’imprenditore. Non è un mestiere che i giovani sognano: l’80% di loro vuole fare il calciatore, il 6-7% il medico, il 2-3% il commercialista, l’architetto… Purtroppo la percezione dell’imprenditore che hanno non è bella, pulita, sana, romantica. Negli anni passati né gli oratori, né le sezioni di partito hanno messo nella testa dei giovani l’idea che fare l’imprenditore è importante”.
kappa
Imprenditori e manager: ruoli diversi?
“Imprenditori e manager non sono la stessa cosa. C’è Niki Lauda e c’è Enzo Ferrari. C’è il pilota e c’è il visionario, cioè uno che immagina che farà succedere certe cose. La mentalità corrente pensa che l’imprenditore sia cattivo. Io invece non mi sento cattivo, penso di essere un bravo ragazzo pieno di idee, che vuole l’azienda bella e pulita, che ai dipendenti dà la quindicesima e l’aria condizionata, ma questo lo fanno tutti gli imprenditori. Tanti manager invece non si comportano così. È quello che è successo di recente in America dove ci sono grandi aziende con grandi facciate, ma senza nessuna faccia! È diverso avere un’azienda con faccia dall’avere un’azienda con facciata. Allora bisogna forse promuovere queste sane facce di imprenditori. In America grandi manager di potere sono scappati con le borse strapiene di soldi e hanno lasciato affondare la nave senza mettere in salvo l’equipaggio, cosa che io non potrei mai fare, morirei di vergogna”. Marco Boglione (nella foto) è fatto così. “Siamo tutti precari su questa terra, ma immaginiamoci che cosa potrebbe succedere nel giro di 50 anni se si cominciasse a dare a quei tre miliardi di persone che non hanno ancora niente, casa, istruzione, cibo e poi libertà di muoversi, di investire in borsa… Potrebbe innescarsi un meccanismo assolutamente virtuoso di cui essere orgogliosi. Non ho motivo di pensare che tutto questo non succeda”.

A cura di Claudio Maria Picco
da Nuovo Progetto novembre 2008

Vedi anche:
CRISI: scegli la tua meta
Ripartiamo dal NOI
I cocci della precarietà

 

 

 

 

 

 

 

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