CARO PRESIDENTE BUSH

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Lettera aperta al Presidente George W. Bush…

...Ernesto Olivero e i Giovani della Pace

Caro Presidente Bush,

fra le tante bandiere della pace che sventolano in questi giorni nel mondo La prego di aggiungere la nostra che accompagna questo scritto. È stata pensata negli anni '90 quando le bandiere che invocavano la pace erano poche. Come vede non è una bandiera di parte o di partito, è una bandiera di portata mondiale perché è fatta idealmente con tutte le bandiere del mondo. Tutte le bandiere unite da un unico comune obiettivo: la pace vera.

Ma si fa presto a dire pace quando milioni di persone muoiono di fame, tanti giovani muoiono di droga o trovano nella droga l'unico falso apparente motivo di vita, quando la miseria di intere nazioni diventa terreno fertile per gli integralismi religiosi e per il terrorismo. La pace nasce dalla giustizia, caro Presidente. E la giustizia vale per tutti, bianchi o neri, deboli o forti.
Se l'America attacca Saddam Hussein e vince, ha vinto una battaglia ma ha rinfocolato una guerra che non troverà fine ed alimenterà lo spirito che favorisce il terrorismo.
Se è vero che la pace nasce dalla giustizia, perché non dichiara guerra alle ingiustizie insieme ai nostri "giovani della pace"? Noi oggi per difenderci ci stiamo impoverendo tutti quanti. Il detto latino: "mors tua vita mea" è sbagliato; dobbiamo tradurlo in: "voglio la pace non solo per me". È lì la saggezza che porterà vita all'America, ma anche all'Africa, all'Asia, all'Europa e all'Oceania.
E vogliamo sfatare anche un altro detto latino: "si vis pacem, para bellum". Sì, per stare in pace dobbiamo dichiarare guerra, ma alla fame, alle ingiustizie, alla droga. Questa dichiarazione reale ci farà entrare nell'era del vero dialogo. Solo con questo obiettivo comune verrà fuori il meglio degli americani, degli arabi, degli israeliani, degli europei.
Caro Presidente, Lei è a capo di una nazione a noi molto cara che tanti italiani immigrati hanno contribuito a far crescere. Le scrivo da una città italiana, Torino, dove con l'aiuto di milioni di persone abbiamo trasformato un Arsenale di guerra in un Arsenale di pace: luogo di silenzio, di preghiera, di solidarietà e di incontro. E' nata qui la bandiera della pace che Le inviamo.
Le chiedo di poter venire personalmente con i "giovani della pace" a portarLe il documento "Il mondo che vorrei". È il frutto delle proposte dei centomila
"giovani della pace" che si sono riuniti a Torino il 5 ottobre 2002 in un grande incontro per cercare di costruire insieme un futuro più giusto. Il documento parte da una convinzione: è inaccettabile che nel mondo ogni giorno, proprio ogni giorno, muoiano di fame trenta, quarantamila persone.
Noi da quaranta anni lottiamo contro la fame creando sviluppo nei paesi poveri del mondo. Abbiamo scavato centinaia di pozzi, costruito case, scuole, ospedali, abbiamo dissodato campi e aperto strade… È il nostro impegno quotidiano. Abbiamo marciato sempre contro le ingiustizie e le prepotenze del mondo, del nord e del sud, dell'est e dell'ovest, contro il terrorismo di ieri e di oggi che rappresenta una minaccia per la convivenza civile e per la pace. E milioni di persone lo possono testimoniare: quelle che abbiamo soccorso e quelle che ci hanno aiutato a soccorrere, dall'Italia al Brasile, dalla Bosnia all'Indocina, dal Rwanda al Libano… Ogni giorno diamo da dormire e da mangiare a migliaia di persone. Ogni giorno siamo vicini a chi è carcerato, a chi ha bisogno di cure o di conforto.
Sto partendo per la Giordania dove abbiamo una casa di accoglienza per handicappati cristiani e musulmani. Di lì conto di partire per Bagdad nella speranza di poter presentare di persona a Saddam Hussein il nostro documento. A Lei come a Saddam Hussein riporterò le parole di una canzone dei nostri giovani della pace: "Ho capito che la guerra richiama altre guerre, altri odi, altri dolori per tutti. Da oggi mi batterò per ricordare al potere che la pace nasce dalla giustizia e la giustizia nasce dal perdono. Basta. Ho capito che non esistono alibi per fare la guerra. Ho capito che, nel male e nel bene, la pace conviene".
La pace conviene a tutti: ai poveri ed ai ricchi, ai deboli ed ai potenti. Ci pensi, per favore, signor Presidente. Nella speranza di poterLa personalmente incontrare, che Dio l'assista nel prendere la decisione più saggia in queste ore cruciali per l'intera umanità.
Ernesto Olivero
e i Giovani della Pace

Torino, 4 marzo 2003

 

 

 

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