Chi ci corre dietro?

Pubblicato il 12-11-2021

di Flaminia Morandi

Haga era il termine ebraico per dire meditare e significava borbottare a mezza voce, producendo un suono sommesso con la gola: la traduzione fedele del salmo 1 sarebbe quindi «Beato l'uomo che borbotta la legge del Signore giorno e notte»! In greco haga era stato tradotto "meletàn", "melète" e in latino "meditari, meditatio" che però aveva anche il significato di "prendersi cura": prendersi cura delle parole della Scrittura, come fa Maria in Lc 2, che si prendeva cura nel suo cuore dei fatti e delle parole della vita piccola di Gesù. Dall'apocrifa Epistola di Barnaba in poi, "meditare" era stato tradotto con "ruminare" la parola, alludendo al Deuteronomio e al Levitico che definiscono "puri" gli animali che ruminano. Chi rumina trattiene a lungo lo stesso cibo in bocca, ripetendo e imparando a memoria qualche versetto, per piantarlo dentro e farlo fiorire.

Teofane il Recluso diceva che quel ruminare la parola fa l'effetto dello zucchero nella frutta, impregna l'anima delle parole di Dio e così non c'è più posto per i pensieri cattivi. Nel XVI secolo la meditazione di sant'Ignazio negli Esercizi Spirituali comincia a coinvolgere tutte le dimensioni dell'anima, non solo la volontà e la memoria, ma l'intelletto e soprattutto l'immaginazione: è la "riviviscenza" della scena evangelica, come se uno si trovasse proprio lì in mezzo, vedendo i volti, ascoltando le voci, sentendo gli odori. Il metodo aveva comunque un solo scopo: entrare in relazione con Dio più intensamente, "sentire e gustare" le cose spirituali, affinché gli occhi si aprano e si cominci a vedere se stessi e la realtà con lo sguardo di Dio.

Santa Teresa d'Avila, più o meno contemporanea di Ignazio e indiscussa maestra di preghiera, insisteva invece sul raccoglimento "di tutte le potenze" dell'anima, che "entra dentro di sé, con il suo Dio" con tutti i sensi interni ed esterni, alla ricerca del rapporto personale con Gesù. Il raccoglimento è uno sforzo umano, ma senza la grazia non succede niente: è puro dono di Dio. Quindi, nessuna pretesa da parte di chi si mette a pregare: «Sorelle mie, abituatevi a ciò che vi suggerisco! Se non lo otteniamo in un anno, impieghiamocene pure molti!... Chi ci corre dietro?». Ci vuole gradualità, i frutti non si vedono subito, ma a lungo andare, appena qualcuno si mette a pregare, «ecco i suoi sensi si raduneranno come quando le api, tornate all'alveare, vi entrano per fare il miele». Fatelo "muchas vece", diceva: l'amicizia cresce frequentandosi, «la mancanza di rapporti con una persona crea imbarazzo… l'amicizia si perde senza relazione». Lamentatevi, rallegratevi, ma parlate con Gesù, «portate dentro le vostre realtà», senza maschere: «lui vi suggerirà ciò che avete da dirgli». Per san Francesco di Sales, vescovo dolce ed equilibrato, anticipatore del Concilio Vaticano II e grande divulgatore (e perciò patrono dei giornalisti), nella preghiera bisogna «tenere il proprio spirito in una santa libertà», senza attaccarsi a nessun metodo. Bisogna coltivare la «confidenza» con Dio: «fondata sulla fede, speranza e carità». Affidarsi, diceva, è la preghiera migliore.


Flaminia Morandi
NP giugno/luglio 2021

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok