Continuiamo a dare voce ai bambini

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


L’Appuntamento del 3 ottobre ha visto i bambini al primo posto, con l’obiettivo di salvarne almeno 100.000 in Romania, Georgia, Brasile, Bangladesh, Sudan… attraverso realtà che operano sul posto e con cui il Sermig collabora da tempo. Continuiamo a dare loro voce e priorità…

...di Ernesto Olivero

La radice dei mali che affliggono l’umanità è comune al Nord e al Sud del mondo, anche se in proporzioni diverse: l’egoismo, la chiusura, l’indifferenza, il non farsi carico dei problemi dell’altro. Il bambino è l’anello più debole in questa catena di rapporti deteriorati.

Lo sviluppo autentico per una società che voglia dirsi civile non può non avere al centro il bambino e la risposta ai suoi bisogni primari: l’amore di una famiglia, una casa, il cibo, la salute, l’educazione, l'istruzione, un sogno per il futuro. Dove tutto questo non esiste si apre un baratro che inghiotte tutti.

Una guerra è una tragedia per tutti, ma le tracce che lascia nei bambini sono indelebili. E le guerre che durano anni dopo un po’ si combattono sulla pelle di reclute sempre più giovani, sino ai bambini soldato.
Le bambine disprezzate, umiliate, sfruttate, usate mutilano la dignità di una società e del mondo intero.
La denutrizione, la fame, le ferite, le malattie, uccidendo i bambini, uccidono intere Nazioni, Paesi che per decenni non si risolleveranno.
La vita e la morte di milioni di bambini di strada segna una Nazione.

Il nostro pensiero corre sempre a tante storie di bambini, dall’Italia al Bangladesh, al Brasile, alla Georgia, all’Uganda... incontrati nelle tante missioni di pace o attraverso le parole degli amici missionari con i quali il nostro cammino si intreccia quotidianamente. Bambini che affollano la nostra mente e il nostro cuore. Bambini che ci sono diventati maestri.

Pensiamo a Giorgi e Sergi, 8 e 9 anni, che mantengono la loro famiglia mendicando, a Cathrine che non sa cosa dire sulla pace perché non la conosce. Penso a Richard, che a 7 anni ha visto uccidere a colpi di machete la propria famiglia e ora, a 15 anni, dice di aver trovato la via del perdono... Penso ad Amanda, che conosciuta la strada e la droga, raccomanda alle amiche ancora per strada: “Dai valore a chi ti ama e non a chi ti sorride”!

Storie che si ripetono, storie che commuovono, storie che ci fanno sentire impotenti, storie che ci fanno anche vergognare di essere uomini. Quanti Einstein, Bach, Pirandello, Picasso... abbiamo sprecato, non permettendo a tanti bambini di essere educati, di crescere, di formarsi. Non è in gioco solo la sofferenza personale, spesso atroce, di questi bambini, ma il futuro delle loro società e del mondo: quanto abbiamo impoverito l’umanità di intelligenze, di sogni, di speranze!
Quale speranza allora per il futuro? La speranza è nelle nostre mani, è nel nostro coinvolgimento nel dare priorità assoluta ai bambini e ai loro bisogni primari.
Ogni volta che li abbiamo incontrati ci è stato impossibile credere che i bambini fossero il problema perché troppi o perché di troppo. I bambini, dice dom Luciano Mendes, non sono il problema, ma la soluzione dei nostri problemi: se l’uomo affronta questo problema trova il senso del suo stesso esistere. Impara a vivere più semplicemente perché altri, a partire dai bambini, possano semplicemente vivere.

Io e mio fratello chiedevamo l’elemosina vicino ad una trattoria. La gente aveva pietà di noi e ci dava dei soldi. Ci davano anche da mangiare e di sera raccoglievamo bottiglie. I soldi li portavamo a casa e così mantenevamo la famiglia: mia madre, una sorellina di 4 anni ed i nonni vecchi.
Abbiamo cominciato a mendicare sin da piccoli. lo sopportavo il freddo, mentre Sergi si raffreddava spesso, soffriva di febbre e di polmonite. In questi casi, io ero solo a mantenere la famiglia. Dovevo anche comprare le medicine per Sergi. Mia madre, non avendo soldi, non poteva portarlo dal medico.
Giorgi e Sergi, 9 e 8 anni


Quando mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sulla pace, mi sono chiesta che cosa potevo dire sulla pace. Purtroppo non la conosco. Ne ho sentito solo parlare, l'ho sognata, l'ho sperata e ho pregato Dio che ce la donasse. Aiutateci a non perdere la speranza che la Pace arrivi anche nella nostra città di Betlemme e nella nostra terra. Aiutateci a credere che possiamo vivere in pace ebrei, musulmani e cristiani nella terra santa delle tre religioni.
Cathrine, Betlemme


Vivo a Gulu e da quando sono nato sono sempre vissuto in guerra. Non so cosa voglia dire la parola pace. Comunque io ero felice lo stesso con la mia mamma, il papà e quattro fratelli. Avevamo una bella capanna grande e un campo che ci dava molto cibo. Noi bambini giocavamo durante il giorno correndo nella savana, anche se i nostri genitori ci dicevano sempre di stare attenti e di non allontanarci perché poteva essere pericoloso. Di sera, spesso, andavamo a dormire lontano dalla casa, nascosti tra il granoturco o l’erba alta, specialmente quando ci dicevano che i ribelli o i soldati si stavano avvicinando.
Avevo sette anni, quando una notte i ribelli arrivarono a sorpresa nella mia casa. Gridarono di uscire tutti di casa e ci misero in fila. Poi il capo ordinò ad alcuni uomini di uccidere il babbo, la mamma. Siccome noi piangevamo dallo spavento decisero anche di uccidere i miei fratelli. Io ero il più piccolo e mi lasciarono vivo. Li uccisero a colpi di machete e quando finirono vennero a pulire le mani sporche di sangue sulla mia maglietta. Io giurai in quel momento dentro di me che nella mia vita avrei un giorno vendicato la morte dei miei cari. Andai a vivere con una zia, ma dentro di me c’era tanta rabbia e disperazione. Poi una volta andai a pregare con altri giovani e un prete ci aiutò a parlare del perdono. Io non volevo perdonare e dimenticare, ma un giorno mentre pregavo incominciai a piangere e il Signore mi aiutò a perdonare.
Richard, Nord Uganda

Ernesto Olivero
Progetto SALVIAMO ALMENO 100.000 BAMBINI
E' possibile contribuire anche attraverso il c.c.p. n°29509106 intestato a Sermig causale: salviamo 100.000 bambini.






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