CRACKOLANDIA..... L’ISOLA CHE C’E’

Pubblicato il 31-08-2009

di andrea

 


Crackolandia significa "terra del crack". È così che si chiama
uno dei quartieri più pericolosi della metropoli di San Paolo, in Brasile.
Un amico ci racconta la sua esperienza diretta...
di Paolo d'Aprile



Mi sono proposto di andare a teatro per lo meno una volta al mese.
Lo faccio per mantenere viva una certa disciplina intellettuale:
un'oretta di musica mi aiuta a capire che il mondo può essere migliore.
Crackolandia significa "terra del crack". È così che si chiama uno dei quartieri più pericolosi della città. II crack è la droga dei poveri, venduta a prezzi stracciati: con pochi soldi ne compri una quantità sufficiente per mantenerti il vizio. I bambini di strada molto spesso lo preferiscono alla colla o ai solventi da sniffare, per il suo effetto devastante. In questo quartiere il crack è spacciato alla luce del sole ed è consumato seduta stante.
 
   Di giorno, zombi umani si aggirano per le strade alla ricerca della prossima dose; di notte, prostitute e travestiti si contendono a pugni e coltellate i pochi passanti. Molte di loro sono minorenni, adolescenti che sembrano donne mature, a volte talmente sfatte, o "fatte", che i pochi passanti desistono ad una prima occhiata.
Nei bar, i boss dello spaccio, la manovalanza criminale. È noto che, in realtà, i veri caporioni sono spesso agenti di polizia col potere di determinare vita e morte nel quadrilatero do inferno.
Dei venti omicidi al giorno che si verificano in città, almeno cinque avvengono in queste strade.
 
   
       
 C'è, a San Paolo, una nuova e bellissima sala da concerto: un'antica stazione ferroviaria, restaurata per l'occasione e trasformata in un grande auditorio. Qui si esibiscono tutti i più famosi solisti e le più importanti orchestre del mondo. È il fiore all'occhiello dell'amministrazione pubblica che, con enfasi, dichiara l'intenzione di "rivitalizzare il centro" attraverso la cultura. In realtà, la bellissima sala si trova in piena "crackolandia": è una specie di bunker di lusso circondato da decine di poliziotti. Ci si arriva in macchina, si parcheggia nel sotterraneo e, attraverso un sistema di tunnel, si arriva direttamente nel foyer del teatro. Inutile dire che la gente del quartiere non avrà mai accesso alla sala: il prezzo di un concerto è l'equivalente di mezzo stipendio (il salario minimo stabilito per legge è di circa centocinquantamila lire). E poi non è neanche una questione di soldi: l'interno della sala e il quartiere circostante sono divisi da un abisso invalicabile, che separa due mondi inconciliabili.  
       
      
 La musica di Bramhs risuona ancora in me quando esco dal teatro.
Decido di ritornare a casa a piedi.
È tardi, ma penso che, in quelle vie, potrei incontrare qualcuno dei "miei" bambini. Non potrei certo lasciarli dormire lì: li porterei subito nella casa di accoglienza.
E così mi addentro nel quartiere.
Oggi non c'è nessuno.
Mi sento chiamare: un gruppo di ragazzine mi invita a divertirmi con loro. Dico chi sono e cosa faccio lì a quell'ora.
Mi abbracciano e chiamano una collega,
la più giovane: dice che non può venire perché lo zio non vuole (lo zio è il protettore). Incontro una serie di zii appoggiati al muro del bar: la ragazza non me la danno. Oggi non mi uccidono, mi chiamano gente boa (brava persona),
  
    
 ma mi invitano ad andarmene. Rispondo che continuo il mio giro e che, se incontro alcuni dei "miei" bambini, me li porto via senza chiedere il permesso. Altre ragazzine mi si fanno incontro: mi pagano un caffè, mi raccontano barzellette, dicono che gli affari vanno abbastanza bene, sono contente perché da tempo non vedono i miei bambini. Si fa tardi, ci salutiamo, mi abbracciano tutte; anche un travestito si avvicina e mi abbraccia pure lui: mi dice che posso cercarlo quando voglio, sarà sempre gratis.
Arrivo a casa, mia moglie si sveglia: "Dove sei stato?". "Sono stato con le puttane a crackolandia". "Com'è andata?". "Benissimo". "Domani mi racconti". "Buonanotte".

Paolo d'Aprile
 

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