CRISI: scegli la tua meta

Pubblicato il 31-08-2009

di Elena Goisis

Una riflessione che ripercorre il nostro tempo per interpretarlo, e cercare una via d’uscita al tunnel in cui siamo entrati. Contrapponendo al disamore diffuso la riscoperta della solidità, ideale e spirituale.

di Elena Goisis
 

 

Erano i primi anni ‘90. Lavoravo da poco e iniziai a ricevere visite di promotori finanziari e rappresentanti di commercio, ognuno con il suo pacchetto di investimenti o affari a rate e/o a credito da propormi. Grazie a Dio ho ereditato da mia madre, avveduta donna di casa, il buon senso di chi sa che il conto aperto dal salumiere prima o poi si chiude e qualcuno viene a batter cassa, magari con gli interessi. Così tutti quegli schemini con cifre che si moltiplicavano a vista d’occhio nulla valevano a trasformarmi in cliente. Capivo che chi me li sottoponeva non stava cercando il prodotto giusto per le mie esigenze, ma voleva semplicemente vendermene uno a suo piacimento.

Qualche tempo dopo, con un po’ di diffidenza, accettai di incontrare un nuovo promotore. Si fece raccontare il mio stile di vita, i miei progetti per il futuro, i miei hobbies. Non mi propose niente, mi disse che ci avrebbe pensato e ci saremmo risentiti. Da allora, non mi ha mai deluso; ha cambiato società tre volte e per tre volte l’ho seguito. Avevo fiducia in lui, non nei rendimenti promessi dalla società di turno.

Questo ricordo me ne richiama un altro. Capital, nota rivista di attualità e finanza, un giorno regalò ai lettori un video sulla tecnica commerciale “Win & win”: conquistarsi clienti abituali attraverso la doppia soddisfazione di venditore ed acquirente, con negoziazioni nelle quali nessuno si senta perdente. La stessa filosofia adottata dalle aziende che coinvolgono i dipendenti nella programmazione. Dove c’è attenzione alla persona cresce la tenuta del rapporto, commerciale, lavorativo, educativo o familiare che sia. Fermata tram

La correttezza e la pazienza, a lungo termine, si rivelano quasi sempre un buon investimento, anche per la società nel suo insieme.
Di contro sta la filosofia del massimo profitto al minimo costo e nel minor tempo possibile, che nei casi peggiori diventa il morte tua, vita mia di classica memoria.

Nella seconda metà degli anni ‘90, agevolato dalla diffusione dei collegamenti internet, era di moda il gioco in borsa fai da te. Molti ci provavano, attratti dai balzi in avanti di alcuni titoli che andavano per la maggiore (era l’epoca d’oro delle azioni Telecom). Ci provavano soprattutto coloro che, scontenti del proprio lavoro e di una vita grigia, affidavano al sogno di rendimenti prodigiosi il proprio desiderio di cambiamento.

Era anche l’epoca delle prime maxi vincite al Superenalotto (86 miliardi di lire il 6 febbraio 1999!). Il virus del denaro facile stava intaccando la nostra salute nazionale, un processo agevolato dai quizzoni televisivi. Soprattutto, stava impoverendo i nostri sogni: non più divenire scienziati benefattori dell’umanità, o portatori di giustizia, o grandi scrittori-artisti-reporter, o leader lungimiranti… ma conquistarsi il prima possibile lo status symbol del momento.
Da questo virus non siamo più guariti e con il passare degli anni la nostra visuale si è fatta sempre più ristretta, complice un mondo del lavoro frenetico e deresponsabilizzante. Si è diffuso il disamore, e il disamore non si ferma mai al primo mattone ma dilagando, come un’invasione di termiti, sgretola poco per volta tutto ciò che incontra.

Segnali indicatori Molti meccanismi, è vero, sembrano oggi sfuggiti al controllo della maggioranza degli uomini, e come impazziti mietono sistematicamente vittime. Ma li abbiamo amati, questi meccanismi, soprattutto noi che ci diciamo cristiani? Abbiamo cercato di prepararci con diligenza e scrupolosità per padroneggiarli bene, ci siamo chiesti dove indirizzarli dentro quel progetto di mondo che il Creatore ci ha messo tra le mani perché desse a tutti la gioia di vivere? Cosa abbiamo chiesto a chi aveva responsabilità più grandi delle nostre: che promuovesse una visione di sviluppo sociale a lungo termine o che soddisfacesse il nostro desiderio di benessere immediato e ci lasciasse tranquilli?

La nostra società è entrata in un tunnel dal quale è difficile uscire. La precarietà che patiamo è materiale ma anche ideale e spirituale: precaria è la nostra capacità di impegno, precarie le nostre idee, i nostri affetti, i nostri sogni. Non esistono ricette miracolose, tanto meno che costino poco e agiscano nel minor tempo possibile. La complessità del nostro tempo richiede uno sforzo di buona volontà congiunto di tanti settori diversi, dalla famiglia alla scuola all’economia alla politica…
C’è sempre, poi, una dose di precarietà che è mia responsabilità diretta. Di questa possiamo ragionare subito, e possiamo farlo anche per le generazioni future.

Ai tanti giovani che ogni giorno affollano l’Arsenale non abbiamo paura di parlare con sincerità, dicendo che nella vita il viaggio vero inizia solo quando scegliamo la destinazione ed accettiamo di pagare il costo del biglietto. Chi prende un treno a caso può trovarsi a dover scendere in corsa o a ripercorrere all’indietro il tragitto errato. Chi non vuol pagare i soldi del biglietto può trovarsi a pagare poi anche la multa. Scegliamo la nostra meta, allora, puntando lontano e tenendo conto di chi viaggerà con noi: Giovani arrivati all'Arsenale della Pace

impareremo l’importanza di una buona programmazione, di una mappa che permetta una visione ampia, di individuare le fermate inutili, di rendere il viaggio piacevole per tutti. Fuori di metafora: solo una meta grande ci permetterà ogni volta di gettare il cuore oltre gli inevitabili ostacoli e proseguire nella direzione giusta, dando un senso alla nostra vita e lasciando una traccia positiva nella società.

Tutto questo ha un prezzo, certo. Anche vincere un record sportivo ce l’ha, ma gli atleti veri non si scoraggiano. La crisi che stiamo attraversando è strutturale. Non la supereremo accusando il governo di turno o quello precedente o una grande banca, né lamentandoci, né cercando di far passare alla bell’e meglio il tempo. La supereremo tornando ad innamorarci della vita dell’uomo in questo mondo e in questo tempo - in particolare di quegli uomini più poveri che stanno pagando per il disamore generalizzato - e donando a questa società esangue nuove energie fisiche, mentali, spirituali.

La salvezza non si fa senza di noi. C’è bisogno di nuove idee, di crederle possibili e di portarle avanti, per la durata di una vita intera, se occorre, o forse di tante vite.

Elena Goisis
da Nuovo Progetto novembre 2008



10 PROPOSTE
La crisi economica USA - 10 proposte, di Johan Galtung
Che cinismo parlare di crisi come fenomeno di un mese o un anno o due, quando ogni giorno circa 125.000 persone muoiono per la fame sistematicamente prodotta e per malattie curabili/prevenibili!
Molta responsabilità sta nascosta in un economicismo che privilegia il sistema di transazioni al di sopra dei bisogni fondamentali degli attori. Galtung è uno dei maggiori intellettuali nonviolenti del nostro tempo.
serenoregis.org
 

Vedi anche:
Ripartiamo dal NOI
I cocci della precarietà

 

 

 

 

 

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