Divieto di conversione
Pubblicato il 31-08-2009
Il tema della libertà di religione è tornato di stretta attualità dopo le recenti violenze nei confronti dei cristiani in India. Riepiloghiamo la situazione in un ampio numero di Paesi.
di Loris Dadam
In molte realtà sociali diffuse la religione non è vissuta solamente come una realtà spirituale, ma come una forma di identità politica che consente alla comunità (la famiglia, il villaggio, lo Stato) di intervenire in modo coercitivo. |
![]() |
L’esempio più noto è ovviamente quello dei musulmani che, malgrado il Corano dica che “non c’è costrizione nella religione”, pensano che lasciare l’islam sia, nel migliore dei casi, un peccato gravissimo, nel peggiore, meritevole di morte. Molti altri musulmani, specialmente quelli che vivono in occidente, pensano che lasciare l’islam sia un problema fra il credente e Dio e che lo Stato debba evitare di entrare in questi argomenti. Resta però il fatto che molti testi di giurisprudenza supportano la tesi della morte per gli apostati. |
Negli anni tragici dell’Irlanda del Nord, il passaggio da cattolico a protestante o viceversa sarebbe sicuramente avvenuto a rischio della vita, in particolare fra la classe operaia di Belfast. E sicuramente i motivi non erano religiosi. Quando gli inglesi colonizzavano l’Irlanda, era molto difficile per i cattolici possedere la terra malgrado fossero la stragrande maggioranza della popolazione, e così si è assistito al fenomeno delle conversioni di convenienza.
In molti paesi europei si è assistito alla conversione opportunistica di ebrei al cristianesimo per poter accedere alle università o nella pubblica amministrazione.
Anche nella (relativamente) laica Turchia le minoranze ebree, greco-ortodosse ed armene hanno dei diritti riconosciuti ma poco rispettati, mentre i cristiani ed i musulmani dissidenti sono sottoposti a pesanti pressioni perché si conformino alla maggioranza sunnita. |
![]() |
Nella stessa India, che ha una costituzione che proclama uguali diritti per ogni cittadino, gruppi religiosi differenti esercitano differenti leggi familiari e sono trattati in maniera diversa dallo Stato, creando incentivi alle conversioni di comodo. Gli Stati governati dal Partito nazionalista (BJP) hanno adottato nuove norme che impongono a chiunque voglia cambiare religione di denunciarlo al magistrato locale 30 giorni prima, pena una multa. Si stabilisce inoltre il carcere fino a due anni per chi converte qualcuno con la forza, ma anche con pratiche di convinzione, fra cui l’aiuto ai poveri, come fanno i nostri missionari. Da tutto ciò si può constatare come chi, un giorno, ha detto “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, aveva visto lungo.
|
Per approfondire:
www.asianews.it Vedi anche: Libertà perseguitate, di Bernardo Cervellera Martiri: perché ? , di Lorenzo Fazzini
|