Dove va Atene

Pubblicato il 10-08-2012

di Loris Dadam

di Loris Dadam - Nella crisi economica europea, il caso della Grecia è dato per disperato. Il Paese si avvia verso la bancarotta con conseguente fuoriuscita dall’euro?
Inutile dire la gravità di questo fatto: per quanto piccola e poco influente sia la Grecia, il fatto che uno dei membri dell’eurogruppo sia costretto ad uscire e ritornare alla vecchia moneta avrebbe delle influenze politiche ed economiche devastanti sugli equilibri dell’Europa. Cerchiamo di capire cos’è successo. Il debito greco era pari al 97% nel 2006, 95,6% nel 2007, 99% nel 2008 e 113% nel 2009. Per tutto questo periodo le agenzie di rating assegnavano un elevato tasso di solvibilità, fino al dicembre 2009 quando Fitch declassava drasticamente il debito greco. Da questo momento in poi vengono fatte dichiarazioni e prese decisioni contraddittorie e, come tali, negative per la soluzione del problema: nel 2010 la BCE (Banca Centrale Europea) dichiara che non sono previsti interventi di salvataggio in favore di Atene, il premier Papandreu cerca inutilmente aiuto negli USA, la Germania attenua il suo tradizionale rigore a favore di un piano di aiuti di 25 miliardi di euro, subito rifiutato dal governo greco a causa delle durissime condizioni poste dai partner europei. L’Europa ha poi rifiutato l’intervento del FMI (Fondo Monetario Internazionale) dicendo che gli europei se la sarebbero cavata da soli. Da sottolineare l’atteggiamento della Germania, che ha invitato la Grecia a fare cassa vendendo le isole e l’Acropoli, suscitando ondate di risentimento presso i Greci ancora memori della bandiera nazista sul Partenone e, soprattutto, del fatto che, ad oggi, la Germania (e l’Italia) non ha ancora risarcito i danni di guerra. Il 4 maggio 2010 si registra un attacco all’euro: le borse crollano ed il cambio euro/dollaro arriva a 1,3. Le agenzie di rating declassano Portogallo, Spagna, poi Irlanda. Di fronte ad un rischio reale di deflagrazione dell’euro, l’8 maggio, la BCE ed i Paesi della UE approvano un’operazione da 700 miliardi per sostenere i titoli dei Paesi in difficoltà (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, i P.I.G.S), che, nel giro di un paio di giorni, si dimostra valida più sulla carta che nella realtà: la BCE mette 60 miliardi, il FMI 200 miliardi ma con condizioni (nel FMI comandano gli USA), gli altri 440 sarebbero dovuti provenire dai Paesi membri con meccanismi non lineari. Infatti, dopo un giorno di euforia (in gergo rimbalzo), i mercati hanno proseguito in ribasso. Era successo quello che in gergo si chiama salto del gatto morto (se cade da una certa altezza, anche un gatto morto rimbalza).

La Grecia è sicuramente l’anello più debole della catena dell’euro e ne possiede tutte le caratteristiche negative: una enorme spesa pubblica con ottocentomila dipendenti su 11 milioni di abitanti, una diffusa corruzione… Però è anche vero che il ritratto che viene trasmesso da giornali e TV è assolutamente caricaturale: sembra che nessuno lavori, tutti dediti a farsi mantenere dai sussidi europei… poi, se si entra nel merito, si notano le vere responsabilità internazionali. Si scopre, ad esempio, che una enorme fetta del bilancio pubblico è destinata all’esercito (il più numeroso delle UE in rapporto alla popolazione) che viene mantenuto a causa degli storici contrasti con la Turchia su Cipro. Si potrebbe pensare che la UE (dove la Turchia vorrebbe entrare) potrebbe mettere la parola fine a questi contrasti e quindi permettere una riduzione drastica delle spese per armamenti. Perché l’Europa non lo ha fatto, né sta provando a farlo? Perché la Grecia è il secondo importatore mondiale di armi, in gran parte dalla Francia e dalla Germania. Com’è noto a noi Italiani la coppia Merkel-Sarkozy chiede grande rigore e sacrifici in cambio degli aiuti europei, ma il Wall Street Journal ci informa che i due avrebbero condizionato gli aiuti per la Grecia alla conferma degli ordinativi per gli armamenti.

Altra scoperta consiste nel fatto che le operazioni finanziarie creative del governo greco, che adesso l’Europa considera truffaldine, sono state inventate e consigliate dalle grandi banche d’affari mondiali, la Goldman Sachs e la JP Morgan, che ritroveremo ovunque come protagoniste della crisi finanziaria mondiale. La Merkel ha chiesto al governo greco di arrivare urgentemente ad un accordo con i propri creditori privati perché accettino un taglio del 50% sui propri debiti, altrimenti non verrà erogata la seconda rata di aiuti. La situazione sociale, nel frattempo, si è deteriorata: la strada centrale di Atene, dove ha sede la Borsa, è ormai un posto dove si recano tutti quelli senza casa per un piatto di cibo. 20.000 persone sono senza casa (25% in più del 2008) e ci si aspetta che raddoppino quest’anno, il 20% dei Greci vive al di sotto della linea della povertà, dal 2008 circa 470.000 persone hanno perso il lavoro, l’incremento delle tasse è insostenibile e le piccole aziende sono costrette a chiudere. È importante sottolineare come la composizione sociale dei senza casa sia mutata: prima erano uomini sui 40-50 anni provenienti da ambienti molto poveri, adesso sono tantissimi i giovani, molti scolarizzati, alcuni laureati, che lottano per trovare un lavoro. La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 47% ed è in crescendo. Molti Greci che ne avevano le possibilità sono espatriati per cercare un futuro migliore: professori accademici, banchieri, tecnici. Ci troviamo di fronte ad un devastante drenaggio di cervelli, molti i giovani, che mette in forse lo sviluppo futuro del Paese. Forse si riuscirà a salvare la Grecia, ma il rischio è che, quando l’ordine monetario sarà ristabilito, l’immagine finale sia un cumulo di macerie.

Contrappunto – Rubrica di Nuovo Progetto

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