E’ davvero Real TV?

Pubblicato il 31-08-2009

di bruno


Il suo sguardo attento si era fissato su un punto lontano ma nessuno di noi ci aveva fatto caso. Sulla plancia scoperta, al timone del suo yacht cabinato che nei mesi estivi noleggiava ai turisti per circumnavigare l’isola…

... Michelangelo Dotta


…Antonio, 35 anni, capitano per passione e cuoco per professione, non aveva ancora raggiunto la totale certezza di ciò che aveva individuato e, nel dubbio, continuava in silenzio a seguire quell’oggetto a pelo d’acqua che procedeva nella assoluta indifferenza dei presenti.
La costa sud di Lampedusa, quella che dista solo 82 miglia dalla Tunisia, scorreva affascinante e silenziosa davanti ai nostri occhi in un susseguirsi ininterrotto di insenature, piccole calette, lingue brulle di scogli deserti arsi da un sole implacabile. E poi le barche, tante, di ogni tipo, piccoli e grandi gusci in perenne altalena tra baie tranquille, faraglioni inquietanti e le immancabili “grotte dell’amore”, panacea di ogni costa amata dal turismo.

Ad un tratto l’urlo di Antonio catalizza l’attenzione di tutti “…sono loro!”. Ora è certo, indirizza i nostri sguardi abbacinati dai riflessi dorati con un indice puntato in direzione ore 13. “…laggiù, i clandestini!”. E come per un riflesso condizionato, nell’ingombro di chi cerca di guadagnarsi un posto sul ponte in prima fila, spinge i motori al massimo e punta quel piccolo legno semi affondato che procede lento verso la costa. “Voglio la bussola!” urla il comandante con tale e tanta voce da soffocare sul nascere ogni nostro commento. “La Bussola!” ripete più volte concitato “…questa volta è mia”.

Ora la piccola barca di clandestini, in tutto meno di una quindicina, tutti uomini all’apparenza, è molto vicina e si arresta mentre altri natanti fanno rotta su di lei. “Tu bussola, io acqua”, non una parola in più, ed ecco, con una lancio preciso, volare verso la prua dello yacht un piccolo oggetto bianco, seguito in direzione opposta da una bottiglia di acqua gelata. Ora i clandestini offrono il motore, ma il capitano non gradisce perché, dice, è di fabbricazione italiana e si spacca subito, poi le taniche di benzina avanzate dalla traversata, ma anche questa volta il capitano non gradisce e concede il privilegio ad un’altra imbarcazione appena giunta che sembra interessata (“…ci mettono troppo olio nella miscela”).

Solo ora Antonio si accorge che una sola bottiglia forse è insufficiente per tutti e ordina al marinaio di replicare il lancio anche se, tiene a precisare, sperava in una bussola antica, in bronzo e non di plastica. Ora le radio di tutte le imbarcazioni hanno segnalato lo scafo clandestino alla guardia costiera e l’incontro sembra svuotarsi del suo fascino. “Li rimorchiano in un porto, poi li trasferiscono al centro di accoglienza temporaneo dell’isola, visita medica, acqua, cibo e vestiti e poi, appena si liberano dei posti, in traghetto fino in Sicilia”. “Poi li rimpatriano!” asserisce ostentando sicurezza e conoscenza delle procedure uno di noi che tradisce un inequivocabile accento padano. Antonio non trattiene il sorriso “…tutte balle, la televisione, quelli ve li trovate tutti su da voi”.

Cronaca vissuta in diretta di uno sbarco di clandestini sull’isola di Lampedusa, domenica 17 agosto 2003; a memoria di chi legge giornali, ascolta notiziari e segue telegiornali pensando in cuor suo di essere “informato”.
Michelangelo Dotta

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