Elefanti e gratitudine

Pubblicato il 09-08-2012

di Mauro Tabasso

Mauro Tabassodi Mauro Tabasso - Lo tsunami che ha colpito il Giappone ridimensiona l’importanza che diamo ai piccoli o grandi problemi di ogni giorno, anche quelli dei musicisti.


Questa mattina ero in studio per una sessione di registrazione piuttosto interessante con un quintetto d’archi di amici, tutti elementi dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai .
Ero concentrato come un detersivo intelligente. Di solito la mattina riesco ad ascoltare o vedere un tg al volo, ma non oggi. Dopo aver coscientemente spento la sveglia, mi sono riaddormentato come a volte succede il giorno degli esami, perciò la giornata è già cominciata di corsa, una corsa in salita, finita adesso che è sera: lavoro ultimato, obiettivi raggiunti, evvai col sonno del giusto...
Ma proprio ora, prima di andare a dormire, apprendo dai notiziari del tremendo terremoto che ha colpito il Giappone. Così mi è tornata prepotentemente alla memoria una breve conversazione fatta proprio stamattina con Carlo, il violoncellista del gruppo, mentre prendevamo un caffè prima di iniziare a lavorare.
Lui mi ha molto, molto opportunamente ricordato che siamo dei privilegiati, dei fortunati, e che dovremmo ricordarcelo tutti i giorni, ogni istante, quando apriamo gli occhi la mattina e siamo vivi, quando noi e i nostri cari abbiamo la salute, quando sappiamo (perché lo sappiamo) che abbiamo molto ma molto di più del necessario. E questo di più, se non lo condividiamo, priva del necessario qualcun altro.
Tutti noi musicisti professionisti (ma non solo), nessuno escluso, abbiamo sognato, e magari speriamo ancora, di diventare dei Von Karajan, dei Pavarotti, degli Hendrix o degli Sting, dei Morricone o altro.
Siamo così presi dal nostro sogno, così concentrati su di esso che spesso perdiamo di vista tutto il resto, compresa la scarsissima probabilità che ha il sogno stesso di avverarsi, non perché non siamo bravi, ma perché richiederebbe il di dietro di una immensa chiatta carica di elefanti con la proboscide rivolta verso prua, e forse sarebbe ancora poco. Così il nostro sogno irrealizzato diventa fonte di frustrazione, di misantropia, di ira verso il mondo colpevole di non averci capiti, atteggiamenti che danneggiano noi stessi prima di tutti gli altri, privandoci della giusta felicità, della gioia di vivere e del senso di gratitudine che ad essa dovrebbe accompagnarsi.
Insomma, siamo poco intelligenti e affatto lungimiranti, così come buona parte del resto del mondo. Oggi davanti a quelle migliaia di morti in Giappone, davanti a tutti quelli che ancora moriranno a causa delle radiazioni, davanti a tutti quei dispersi che mai più verranno ritrovati, dovremmo vergognarci, dovremmo chiedere perdono per la nostra cecità e per la nostra indifferenza. Tsunami
Ma non solo.
Dovremmo anche ricordarci che, proprio oggi, altri mille terremoti meno famosi hanno fatto fuori centomila persone, di cui trenta-quarantamila bambini. Altri micidiali tsunami di nome fame, lebbra, aids, guerra, ignoranza, indifferenza. Tutte catastrofi dall’origine decisamente umana e molto poco naturale. Stasera sono vivo, sto bene, sono davanti a un camino acceso (a casa mia ci scaldiamo come gli antichi) con due cani accovacciati ai miei piedi, un computer sulle ginocchia, e oggi ho avuto il coraggio di lamentarmi perché stamattina avevo fretta e c’era un traffico pazzesco. Sono stato cieco e ingrato, e questo mi fa sentire colpevole.
Domani ci saranno altri terremoti, altre guerre, altre ingiustizie, ma io, me lo prometto, sarò diverso.
Andremo avanti con i nostri progetti, ma questa sera deve lasciare un segno nel mio percorso. La musica che farò domani dovrà avere ancora di più il sapore della gratitudine, perché la mia stessa vita dovrebbe bastare già da sola a farmi ricordare il didietro della chiatta trasporto pachidermi. Pensateci anche voi, e pensate anche che una gioia non condivisa lo è solo a metà.


DIAPASON – Rubrica di Nuovo Progetto

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