EVANGELIZZARE O AIUTARE I POVERI?

Pubblicato il 31-08-2009

di stefano

Mentre le Borse salgono e scendono, i poveri restano poveri. Gheddo, “esperto” del settore missionario e giornalista, è da sempre convinto che la causa principale del sottosviluppo sia una carenza educativa.

di Piero Gheddo

Evangelizzazione o sviluppo dei popoli? La risposta è semplice. Non esiste nessuna contraddizione. Annunziando Cristo il missionario dà un contributo culturale e spirituale allo sviluppo umano e quindi anche sociale ed economico; ed esercitando l’azione caritativa e sociale verso i più poveri, annunzia Cristo e il Vangelo. Una cosa non esclude l’altra, anzi l’una non sta senza l’altra.
Nel messaggio per la Quaresima 2006 Benedetto XVI scrive: “Il primo contributo che la Chiesa offre allo sviluppo dell’uomo e dei popoli non si sostanzia in mezzi materiali o in soluzioni tecniche, ma nell’annunzio della verità di Cristo che educa le coscienze e insegna l’autentica dignità della persona e del lavoro, promuovendo la formazione di una cultura che risponda veramente a tutte le domande dell’uomo”. È una verità non nuova nel Concilio Vaticano II (vedi la Gaudium et Spes), nei documenti papali (Redemptoris Missio) e nei Sinodi episcopali (vedi Puebla).
Renato Rosso missionario in India e Bangldesh

Renato Rosso missionario in India e Bangldesh fotografato da TONI GORTZ

Ma la tendenza dominante anche nella Chiesa è di attribuire le cause del sottosviluppo a fattori tecnici, politici, economici, giuridici, ignorando le cause profonde che sono religiose, culturali, educative, di mentalità e strutture sociali favorevoli o di ostacolo allo sviluppo. Purtroppo il tema Vangelo e sviluppo dei popoli è trascurato dalla pubblicistica cristiana e anche nei molti convegni ecclesiali sul come combattere la fame nel mondo.
missione cristiana
Sono missionario e giornalista dal 1953 e ricordo il cammino che il mondo occidentale e cristiano ha fatto, prima per scoprire che vi sono grandi masse umane vittime della fame e della miseria disumana e poi per studiare come aiutare i poveri a sviluppare i loro Paesi.

Negli anni cinquanta del Novecento i primi studiosi della fame nel mondo (Paulo Freire, J. P. Lébret, Noel Drogat, Josué De Castro, Laloup-Nélis, Barbara Ward) attribuivano il sottosviluppo soprattutto a cause culturali e religiose e il rimedio era l’istruzione, l’educazione, la coscientizzazione delle masse povere riguardo ai loro diritti umani e all’impegno di diventare protagoniste del loro sviluppo. Questa analisi e questo rimedio corrispondono alla realtà dei fatti più che altre analisi e rimedi venuti alla ribalta negli anni sessanta e settanta, proposti dagli organismi dell’ONU, che attribuivano la povertà alla mancanza di industrie, commerci, finanziamenti ai piani di sviluppo, ignorando del tutto le cause culturali e religiose.

Le missioni cristiane (non solo cattoliche ma anche protestanti) hanno sempre agito portando ai popoli il Vangelo, con i princìpi che sono alla base dello sviluppo: la rivelazione che Dio è Creatore e Padre di tutti gli uomini “creati a sua immagine e somiglianza”; e quindi la dignità dell’uomo, l’uguaglianza di tutti gli uomini, il dovere di impegnarsi nel lavoro, il senso del bene pubblico, la giustizia sociale, il perdono delle offese, la carità e solidarietà verso i più poveri, la democrazia, ecc. Ecco perché la missione si realizza con l’azione educativa, sociale, di assistenza medica, di aiuto ai poveri, di promozione umana in tutti i suoi aspetti, perché questo è il miglior annunzio della salvezza in Cristo.
Visitando i missionari, ho toccato con mano che noi in Italia parliamo di soldi, di debito estero e di multinazionali, mentre loro attribuiscono il sottosviluppo alla mancanza di educazione, corruzione delle élites, lotte intestine fra le etnie, mentalità e culture fondate su visioni inadeguate dell’uomo e della donna, e alle stesse religioni che, pur avendo valori da salvare, ostacolano lo sviluppo. E spesso concludono: “Qui solo il Vangelo può cambiare queste situazioni disumane di miseria e di ignoranza”.

Questa è l’esperienza secolare della Chiesa: lo sviluppo parte dall’interno di un popolo e il primo motore è l’educazione, l’adattamento delle culture e delle mentalità al mondo moderno. I soldi, le tecnologie, le macchine, i commerci sono indispensabili, ma vengono dopo, se non c’è un popolo preparato, lo sviluppo non parte. Secondo il Rapporto UNDP 2003 (United Nations Development Program), nel mondo vi sono: a) 55 Paesi sviluppati b) 85 Paesi in via di sviluppo c) 34 Paesi in via di sottosviluppo, quasi tutti nell’Africa nera.

bambini in una missione
Nei 34 in via di sottosviluppo l’analfabetismo è più elevato. Nella Guinea-Conakry gli analfabeti sono il 64%, nella Sierra Leone il 68%, in Mali il 69%. Chi visita le campagne africane, vede che le scuole, a volte con 60-80 e più alunni per classe, spesso sono senza libri, senza quaderni. Com’è possibile che si sviluppi un popolo in maggioranza analfabeta? Questo il primo problema dell’Africa nera! La stessa situazione si verifica nella sanità di base.
bambino in cura in una missione
Se i governi dei Paesi poveri avessero tanti finanziamenti, migliorerebbe l’educazione e la sanità? Poco o nulla, poiché fin dall’indipendenza le élites africane hanno trascurato le regioni rurali. I vescovi africani denunziano spesso la corruzione dei governanti come una delle prime cause della povertà africana. D’altra parte, come possono esserci governi onesti ed efficienti, con popoli analfabeti, divisi da problemi etnici e dalle grandi distanze e non liberi politicamente? In Africa ci sono segni di speranza: maturazione di una coscienza politica, diminuite le dittature, nascono gruppi di opinione e partiti; i popoli africani hanno grandi qualità umane, intelligenza viva, senso religioso della vita, cordialità, gioia di vivere, sensibilità artistica, ecc., ma queste qualità da sole non bastano per produrre lo sviluppo economico e sociale.
L’Africa ha ancora bisogno dell’Europa, come noi dell’Africa. Ma il maggior aiuto che i giovani possono dare è consacrare la loro vita al Vangelo, andando a vivere con i popoli poveri, facendo assieme un cammino di crescita umana e cristiana.
Vedi anche:
Storia di un’idea (la cooperazione internazionale)
Un mondo senza povertà (di Kizito Sesana)
Cooperazione di qualità
Intervista a Piero Gheddo
Un missionario della penna
 

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