Farsi “notizia” da sé

Pubblicato il 31-08-2009

di bruno


Più di 60 giornali. Dal Veneto alla Sicilia. Il mondo del carcere prende la parola! Vi raccontiamo come attraverso l’esperienza di “Ristretti Orizzonti”…

... Nicola Sansonna

C’è una idea di fondo, che caratterizza fin dalla “nascita” Ristretti Orizzonti, il giornale realizzato da detenuti e volontari della Casa di Reclusione di Padova e dell’Istituto Penale Femminile della Giudecca: i toni lamentosi non fanno per noi, se dobbiamo parlare di una realtà disastrata come quella del carcere preferiamo, quando è possibile, usare i toni ironici, e in ogni caso lo stile pulito, sobrio, crudo della verità.
Da questa scelta è nato anche il titolo del giornale: niente nomi altisonanti, ma una parola un po’ assurda come “Ristretti”, che nel linguaggio burocratico-carcerario significa detenuti, a cui poi abbiamo aggiunto “Orizzonti”, perché con il giornale intendevamo contribuire ad aprire gli orizzonti troppo ristretti della detenzione.

L’iniziativa di dar vita a un giornale che “raccontasse” il carcere, che parlasse con onestà e conoscenza di causa di carcere, e che informasse i detenuti e chi sta fuori è nata sette anni fa, mentre alcuni di noi erano impegnati in un’attività di rassegna stampa che ci permetteva di leggere molti articoli dei quotidiani e delle riviste nazionali dedicati ai temi del disagio e del carcere: è allora che ci siamo resi conto che le notizie che i maggiori giornali diffondono sul carcere spesso non hanno un reale riscontro con quella che è effettivamente la vita nelle galere.
Volevamo che non facessero notizia solo le evasioni dai permessi e le rivolte, perché i problemi veri, scottanti, con i quali i detenuti devono misurarsi ogni giorno sono ben altri, sono la tutela della salute, la formazione e l’inserimento lavorativo, l’accesso all’istruzione, il rapporto con gli operatori istituzionali e con l’esterno, in prospettiva dell’uscita dal carcere. Per questo abbiamo cercato, in giro per l’Italia, le situazioni nelle quali i progetti di recupero e di reinserimento sociale funzionano meglio: iniziative promosse dagli enti locali, ma anche dal volontariato, dalle associazioni e dalle cooperative sociali. Il nostro giornale vuole prima di tutto dare informazioni a chi non ne ha, quindi ai detenuti, e a chi in carcere vive un “disagio che si somma al disagio”: gli immigrati, le donne con i loro bambini, i giovanissimi, i tossicodipendenti.
I nostri interlocutori sono gli enti locali e le istituzioni, da cui prendono avvio le iniziative più importanti sul fronte della integrazione sociale, del lavoro e in generale della qualità della vita dei cittadini, anche di quelli detenuti; un occhio di riguardo lo abbiamo poi naturalmente per gli operatori del volontariato, il cui impegno è fondamentale per “ridurre il danno” che il carcere provoca nella vita delle persone. Ma enti locali e volontari sono pur sempre “addetti ai lavori” e noi invece abbiamo voluto anche andare oltre, e arrivare a tutte quelle persone che sul carcere hanno poche conoscenze reali e molti pregiudizi. Ogni settimana, dedichiamo due o tre pomeriggi al confronto sui diversi temi all’ordine del giorno e le riunioni diventano spesso incandescenti, perché molte volte le posizioni sono contrapposte e non è detto che si raggiunga un accordo, sul momento. Però, quando torniamo in cella, ognuno ha i suoi appunti e, rivedendoli, magari ci riflette sopra, così il giorno dopo ci si ritrova con idee un po’ diverse, anche senza volerlo.
Abbiamo in redazione anche parecchi stranieri: i compiti più strettamente giornalistici che svolgono sono prima di tutto la raccolta, presso i connazionali, di storie che spiegano i problemi incontrati nella loro esperienza di stranieri accolti spesso con diffidenza e paura nel nostro paese, il fallimento di tanti loro progetti migratori, lo stato di abbandono che vivono in carcere, e poi l’analisi delle attività svolte dalle istituzioni e dalle associazioni del privato sociale a favore degli immigrati. Alcuni di loro si sono anche specializzati in elaborazione di pagine web per il nostro sito www.ristretti.it. Ecco, il sito è un “miracolo” carcerario: lo ha elaborato tutto un detenuto della redazione che non aveva mai visto Internet (era in carcere da più di dieci anni), lo gestiamo interamente in redazione, anche se non possiamo collegarci alla rete, poi i volontari portano fuori i CD con gli aggiornamenti.
Ristretti Orizzonti, scritto ed elaborato graficamente all’interno del carcere, è stampato da una tipografia esterna (che assumerà al più presto un detenuto della redazione in misura alternativa) ed infine le copie destinate alla spedizione tornano nell’Istituto per essere imbustate e preparate per la spedizione. Redattori e collaboratori svolgono le loro attività a puro titolo di volontariato. Il senso vero di tutto questo? Il fatto che non vogliamo delegare a nessuno l’informazione sui nostri problemi, vogliamo essere noi detenuti in prima persona a prenderci in mano il nostro destino e a rendere il carcere un po’ più trasparente.
di Nicola Sansonna
Redazione di Ristretti Orizzonti
www.ristretti.it
e-mail:ornif@iol.it

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