Frère Roger ai giovani del Sermig

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Grazie, Frère, per averci aperto la strada della scelta per Dio senza ritorno. Eri vivo allora, quando ti abbiamo riconosciuto come maestro, ora sei maestro e vivo per sempre.

a cura della redazione

È la metà degli anni ’70. Il Sermig si è già fatto le ossa iniziando a dare concretezza al sogno nato nel 1964: sconfiggere la fame nel mondo. 130 gli interventi di sviluppo realizzati nella prima decina d’anni. Una convinzione si è radicata al suo interno: lavorare per la giustizia porta ad occuparsi della pace, e per realizzarle “dobbiamo vivere personalmente e come comunità questi valori e non soltanto predicarli… Dobbiamo agire tutti noi gente comune, ogni giorno, in ogni ambiente… dobbiamo maturare questa convinzione diventando un movimento di gente convinta e attiva”.

Inizia così un cammino di riflessione, interno alla comunità e pubblico, che culmina il 16 maggio 1976, in un incontro presso la Basilica di Maria Ausiliatrice con Padre Michele Pellegrino e frère Roger Schutz. Tema: “La fede che sposta le montagne”.

 Di quell’incontro pubblichiamo un estratto, tratto dalla riflessione di frère Roger. Il leit motiv, “lotta e contemplazione”, risponde alla ricerca del Sermig: lottare contro tutto ciò che limita la vita contemplando la presenza e la volontà di Dio in noi, nelle nostre azioni, nel mondo. Ricerca che troverà una prima espressione, l’anno successivo nella pubblicazione di “Lotta attiva e contemplazione” (Ed. Elle Di Ci Editrice, 1977), il primo scritto a cura della Comunità del Sermig.

LOTTA E CONTEMPLAZIONE

Niente è grave, se non perdere l’amore.
L’amore é scoprire Dio in un incontro, contemplare Dio anche nel volto dell’uomo e restituire un volto umano all’uomo sfigurato. Può esistere una sola lotta, quella dell’amore. Senza l’amore a che vale la fede, a che vale dare persino alle fiamme il nostro corpo? Nella nostra lotta niente è grave, se non perdere l’amore.

Lotta e contemplazione: come vivere in una stessa persona queste due realtà di Vangelo così opposte?
La contemplazione è il rapporto, da persona a persona, dell’uomo con Cristo risorto. Due persone vive, l’una e l’altra. L’uomo, piegato a terra dal peso di storture mentali e rotture affettive, ma l’uomo che ha in sé pure un potenziale di creatività inimmaginabile, una capacità di camminare con gli altri, con Dio, che una vita intera non basta ad esaurire.
Da questa lotta con se stesso che è la contemplazione l’uomo trae energie per un’altra lotta: la richiesta di giustizia per l’uomo oppresso. Lotta per la soppressione delle divisioni fra classi sociali, lotta tesa a spezzare quei cerchi di ferro che ci avvolgono, racchiusi nella sicurezza materiale della società di consumo, schiavi di un sistema economico e culturale che costringe il Sud del mondo ad una situazione di dipendenza.

Nel Vangelo siamo spesso interpellati da realtà contraddittorie e opposte e chiamati a viverle in una dialettica continua. Una contraddizione ci abita nel profondo: la lotta e la contemplazione per essere uomini e donne di comunione.
Cosa dire di questa ricerca dell’uomo verso Dio che è la contemplazione?
Nella contemplazione l’uomo attende in silenzio, scopre a poco a poco che è creato per essere abitato da un Altro. Allora l’uomo si mette ad ascoltare ciò che avviene nel suo cuore e può scoprire che, per Dio, egli è unico ed è amato in modo assoluto. È questa, del lasciarci chiamare dal Cristo, una strada che nessuno può percorrere al nostro posto, una strada che dobbiamo ricominciare sempre e di nuovo. Con una grande pazienza, perché il seme gettato per terra non si sa come fruttifica.
Quando l’uomo scopre di essere nato da Dio, può osare persino di vivere nel silenzio, camminare nel silenzio. Se l’uomo osa attendere, con o senza parole, questa ricerca di verità poco a poco diventa la più profonda del suo essere. E quando il Cristo diventa veramente la nostra vita, allora diventa anche il nostro compagno, Colui che ci sta di fronte.

L’uomo che prega è un uomo che ha un polo, un polo che lo attira fuori di lui verso qualcos’altro, che lo conduce persino al di là di quello che pensa. Quando l’uomo scopre questo polo, questa realtà essenziale, scopre anche che questa realtà è il vero senso della sua vita e allora diventa un uomo traboccante d’amore.
Credo che nessuno sia mai arrivato a definire cos’è la preghiera, ma la si può toccare con mano, dopo averla incontrata, nel concreto dell’esperienza della nostra vita.

Certo, in ciascuno di noi esistono abissi sconosciuti di dubbi, di violenza, di cose che non osiamo confessare, abissi che ci fanno paura, che ci provocano un senso di colpevolezza. Non sappiamo da dove vengono. Lasciamo che il Cristo preghi dentro di noi, a 68 anni come per il Card. Pellegrino, a 58 come per me, lasciamolo pregare come nel cuore di un bambino di 6 anni, lasciamolo pregare veramente con questo spirito di infanzia… allora un giorno gli abissi saranno fioriti e saranno abitati.
Un giorno allora potremo constatare che nella contemplazione spunta una felicità e questa felicità di uomo ci spinge a lottare, a vivere per gli altri.
In questo mondo interiore della nostra persona, là dove il Cristo prega, dove lo Spirito prega, là c’è la vera preghiera. E ci accorgiamo che le nostre parole, le nostre preghiere non sono niente in confronto a questa realtà profonda dello Spirito in noi.

Certo, so che la preghiera rimane sempre difficile quando l’uomo è abbandonato alla solitudine. Ma Dio ha creato l’uomo sociale, gli ha dato vocazione politica: la contemplazione diventa più facile quando la viviamo con altri, quando ci spinge verso gli altri. Allora diventiamo capaci di rompere ogni barriera, di spezzare ogni oppressione.
Un uomo di comunione si può riconoscere quando non cerca di rinchiudere nessuno nella sua problematica. Cercando di comprendere ciascuno scopriamo che Cristo è qui, è là. Allora nel nostro cuore scopriamo una sorgente di festa, scopriamo che la festa può ricominciare sempre, che non finisce veramente mai.

La Chiesa, per diventare veramente cattolica, universale, è chiamata oggi, soprattutto da parte dei giovani, a vivere questa comunione con ogni uomo. Allora forse l’unità sarà possibile. Altrimenti questa unità degli uomini si farà senza la Chiesa, in altri luoghi secolarizzati.
Perché esploda una primavera della Chiesa, i giovani attendono che la Chiesa sia fuoco, che essa accenda un fuoco dentro di loro, che essa apra all’essenziale, alla sorgente dell’adorazione.
Essi attendono che la Chiesa accenda un fuoco su tutta la terra e che per tutta la terra si faccia carico delle lotte e delle preoccupazioni di tutti gli uomini, fino all’ultimo degli ultimi.
Essi attendono che la Chiesa sia fermento di amicizia e comunione per tutta la famiglia umana.

Frère Roger Schutz
Priore della Comunità ecumenica di Taizé
Torino, 16 maggio 1976
Basilica Maria Ausiliatrice
Tu volevi la mia scelta senza ritorno

Senza sosta, o Cristo,
mi interpelli e mi domandi:
“Tu, chi dici che io sia?”
Tu sei colui che mi ama
fino alla vita che non finisce.
Tu mi apri la via del rischio,
Tu mi precedi sul cammino della santità,
dove felice è colui che muore d’amore,
dove il martirio è l’ultima risposta.
Il no che è in me,
lo trasfiguri giorno per giorno in un sì.
Tu mi chiedi non qualche briciola,
ma tutta l’esistenza.
Tu sei colui che giorno e notte prega in me
senza che io sappia come.
I miei balbettii sono preghiera:
chiamarti col solo nome di Gesù
riempie la nostra comunione.
Tu sei colui che ogni mattino
mi mette al dito l’anello del figliol prodigo,
l’anello della festa.
Ed io perché ho esitato tanto?
Ho forse “scambiato la gloria di Dio per l’impotenza,
ho abbandonato la sorgente d’acqua viva
per fabbricarmi cisterne screpolate
che non possono trattenere l’acqua?“(Ger 2).
Tu, instancabilmente, mi cercavi.
Perché ho di nuovo esitato
chiedendo che mi fosse lasciato del tempo
per occuparmi dei miei affari?
Dopo aver messo mano all’aratro,
perché mi sono voltato indietro?
Senza troppo rendermene conto,
mi rendevo inadatto a seguirti.
E tuttavia, senza averti veduto, ti ho amato.
Tu mi ripetevi:
vivi quel poco che hai capito del Vangelo.
Annuncia la mia vita agli uomini.
Accendi un fuoco sulla terra… Tu, seguimi…
E, un giorno, l’ho capito:
tu volevi la mia scelta senza ritorno.

Fr. Roger Schutz







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