GERUSALEMME, 5 aprile 2005

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Caro Giorgio Bernardelli,
nel libro di cui mi ha inviato un'anteprima ho trovato finalmente chi ha avuto il coraggio di superare i luoghi comuni e guardare in faccia la realtà, accorgendosi di situazioni forse poco visibili ma molto significative. Leggendolo mi sono venute in mente parole come quella di Isaia: “Ora ti faccio udire cose nuove / e segrete, che nemmeno sospetti” (Is 48, 6; vedi anche Ger 31, 22 e ss.). Infatti molta gente pensa a Gerusalemme oggi come la città dei conflitti. I mass media hanno sottolineato in questi anni passati gli atti di terrorismo, creando persino nella nostra gente la paura di venire qui in pellegrinaggio, paura che oggi fortunatamente appare un po' superata.

Ma a di là di queste immagini di violenza, che pure sono vere, mi sono sempre sforzato, incontrando i nostri pellegrini, di dire che la Gerusalemme odierna presenta anche altri aspetti, quelli cioè di dialogo, di mutua accoglienza, di riconciliazione, che pur non facendo per ora notizia, sono capaci di farci intravedere quale sia la via di un futuro di pace.

Lei ha raccolto in queste pagine alcuni di questi esempi, tra cui vedo come particolarmente commovente quello del "Parent's circle", che viene descritto per primo. Si tratta di persone colpite gravemente negli affetti familiari per la morte di uno dei loro cari ucciso dalla violenza, che non hanno voluto chiudersi nel loro dolore ma hanno cercato di comprendere il dolore dell'altro, di chi, pur trovandosi dall'altra parte, ha sofferto un lutto simile. Ne sono nate iniziative ammirevoli di incontro e di dialogo che mostrano la fecondità anche umana di un simile atteggiamento che non esito a definire "evangelico", anche se nato al di fuori della tradizione cristiana.

Interrogato recentemente su che cosa mi colpisce di più nella Gerusalemme di oggi, non ho esitato a rispondere che vedo in essa anzitutto la città della preghiera, la città del dialogo e la città dell'amore. Città della preghiera, perché in essa si prega molto, sia dagli ebrei, in particolare nello shabbat e nelle feste, sia dai musulmani nei loro giorni di preghiera, sia dai cristiani, in particolare nelle domeniche. Città del dialogo, perché innumerevoli sono le iniziative di dialogo e di incontro sia a livello religioso (tra ebrei e musulmani, ebrei e cristiani, come pure i dialoghi a tre) sia a livello culturale e civile. Città dell'amore, a causa della molteplicità di istituzioni e gesti di carità e di assistenza ai più deboli, da parte di un volontariato che proviene da Israele, dai Paesi arabi e da ogni parte del mondo.

Con ciò non si negano anche i dolorosi aspetti del conflitto, che Lei richiama pure in queste pagine. Ma quanto il Suo libro vuole sottolineare è quel cammino silenzioso ma efficace di dialogo e di riconciliazione che è già una risposta di Dio alle nostre preghiere per la pace e che non potrà non portare frutto anche a livelli più visibili.
Scrivo questa lettera alla vigilia del mio viaggio a Roma per partecipare alle esequie di papa Giovanni Paolo II. Egli ha sottolineato con forza la necessità di creare ponti anche là dove ci sono conflitti e queste pagine sono una testimonianza della verità e fecondità del suo coraggioso e instancabile impegno per la pace, che egli ha perseguito fino all'ultimo istante della sua esistenza.
Suo cordialmente

Carlo Maria card. Martini, S.J.

 

 

 

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