Gezabele

Pubblicato il 07-03-2021

di Anna Maria Del Prete

La Bibbia è percorsa da una grande preoccupazione nei confronti degli stranieri, soprattutto perché portano nel Paese il culto degli idoli. Più volte il Signore raccomanda di non frequentare gli stranieri perché portatori di dei che allontanano dal vero Dio. Raccomandazione che perfino Salomone, famoso per la sua sapienza, dimenticò e alla fine della vita «amò molte donne straniere».
E proprio contro una straniera e, soprattutto contro l’idolatria, il profeta Elia combattè: Gezabele, fenicia, figlia del re di Sidone, educata al culto di Baal e delle divinità del suo Panteon, sposando Acab, re di Israele porta divisione e morte, frutto dell’idolatria che ispirava la sua vita. Priva di scrupoli faceva del potere regale il cuore del suo agire e non permetteva opposizione. Non ha mai accettato che la monarchia in Israele non fosse assoluta, come negli altri Paesi, perché aveva il limite dell’autorità di Dio. Al contrario istigava il marito al male, tanto che la loro coppia è considerata la peggiore della storia.

Elia vuole riportare il popolo all’unico Dio, perciò organizza un sacrificio sul monte Carmelo attorno al quale raduna «tutto Israele… insieme ai 450 profeti di Baal e ai 400 profeti di Ascera, che mangiano alla tavola di Gezabele». ll rito inizia, celebrano per primi i devoti di Baal che danzano, incidendosi le carni, mentre invocano «Baal, rispondici!... ma non vi fu né voce, né risposta, né segno di attenzione». «Starà dormendo» ironizza Elia, e consiglia di gridare più forte. Passato il mezzogiorno, Elia invita il popolo ad avvicinarsi e invoca il Signore: «Rispondimi, Signore e questo popolo sappia che tu sei Dio in Israele». Cade il fuoco del Signore che consuma l’olocausto; il popolo prostrato in adorazione esclama: «Il Signore è Dio». Il sacrificio si conclude con l’uccisione dei profeti di Baal amici della regina Gezabele. La reazione ci appare troppo violenta, ma esprime la gravità dell’idolatria che fa deviare il popolo, portandolo alla rovina. In Baal non c’è vita possibile e la scelta dell’idolatria è scelta di morte. L’ira di Gezabele si scatena contro il profeta che minaccia con una morte anche peggiore.

Ritroviamo Gezabele a sostegno del marito contro il rifiuto di Nabot di vendere la vigna, eredità dei padri. La sua arroganza non sopporta il rifiuto e ordisce un piano menzognero e violento. Convince due falsi testimoni ad affermare che Nabot ha maledetto Dio e il re. L’accusa viene ritenuta vera e Nabot è condannato a morte e lapidato.
Gezabele appare un personaggio particolarmente negativo: è l’idolatra che conduce all’iniquità, la straniera che apre la porta alla disgrazia che coinvolgerà anche il marito in una fine violenta, come Elia profetizza: «Nel luogo ove i cani lambirono il sangue di Nabot, essi lambiranno anche il tuo sangue». La stessa sorte toccherà a Gezabele che morì, gettata dalla finestra per ordine del re Ieu e i suoi resti furono divorati dai cani. L’autore conclude con tristezza: «Nessuno si è mai venduto per fare il male agli occhi del Signore come Acab perché sua moglie Gezabele lo aveva istigato» (1Re 21,25).


Anna Maria Del Prete
NP dicembre 2020

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