Giovani a Teheran, Locri, Parigi

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Tre città accomunate nelle ultime ore dal protagonismo dei giovani, espresso con valenze positive e negative, in contesti diversi e con modalità differenti.


a cura della redazione

Nella capitale iraniana giovani universitari, sostenitori del regime degli ayatollah, hanno manifestato davanti all’ambasciata italiana contro il corteo di Roma, che ieri sera ha radunato circa 15.000 persone in sostegno dello Stato di Israele - e di tutti gli altri Stati - minacciato di cancellazione dal presidente iraniano Ahmadinejiad.
Altri giovani iraniani, molto più numerosi dei primi, prendono le distanze dall’odio nei blog su internet, frequentatissimi, che la censura di Stato non riesce e schermare.
A Locri oggi i giovani, insieme alle Istituzioni, hanno manifestato con coraggio il loro sì all’impegno, alla legalità, alla solidarietà e il loro no alla mafia, a tutte le mafie, dando vita ad una marcia della legalità e della speranza. È una sfida che esprime la volontà di affrancarsi da una criminalità organizzata che ormai controlla ampie porzioni della società civile. Una sfida che non nasconde i rischi, tanto che i ragazzi di Locri hanno scelto uno slogan provocatorio: “adesso ammazzateci tutti” che è anche diventato il nome del loro sito, www.ammazzatecitutti.org .

Siamo solo dei ragazzi – scrivono presentandosi -, siamo ragazze e ragazzi con storie e percorsi di vita diversi, ma che vogliono tracciare insieme la strada per un vero riscatto civile della nostra terra. Siamo giovani uomini e giovani donne, e da oggi vogliamo essere gli occhi, la bocca, le braccia e le gambe di Franco Fortugno (vicepresidente del consiglio regionale calabrese, ucciso a Locri il 16 ottobre scorso – ndr), che voi, uomini di tutte le mafie, credete di aver ucciso. Sappiate invece, uomini della 'ndrangheta, che non lo avete ammazzato Franco Fortugno, perché le sue idee ed i suoi sogni continueranno a camminare sulle nostre gambe. Sempre.
 Noi vi dimostreremo che in Calabria si è messo in movimento un popolo di persone oneste, di padri e madri di famiglia, di giovani e di anziani, di studenti e di contadini, che ha deciso di scacciare la piovra mafiosa dalla nostra terra.

Milioni di calabresi onesti vi intimano la resa, uomini di tutte le mafie: adesso, se ci riuscite, ammazzateci tutti!
Se invece volete pentirvi e ridare l'onore e la dignità a voi stessi ed alla nostra terra, buttate nel più profondo degli abissi le vostre armi, affidatevi alla Giustizia per scontare la giusta pena ed alla fine di questo cammino di redenzione, se lo vorrete, unitevi a noi per costruire la più bella delle regioni d'Italia”.

La paura e l’indifferenza hanno ceduto il passo al coraggio e alla determinazione. Quella paura che tante volte impedisce di camminare con la schiena diritta. Quell’indifferenza che nasce dal disamore e diventa un grande male, perché pone una barriera spesso invalicabile tra chi sta bene, chi gode del benessere economico e della sicurezza sociale, chi è tutelato nei suoi diritti e chi è tagliato fuori, chi è emarginato, chi viene eliminato dalla violenza delle ideologie politiche e religiose, dalle mafie, dalla fame, dalle ingiustizie. Indifferenza più insidiosa dell’odio, perché diffusa e spesso inconsapevole.
Nel frattempo i giovani della banlieu parigina, disoccupati ed emarginati, sfogano la loro soffocata dignità in una reazione violenta contro tutto e tutti. Da giorni hanno ingaggiato una vera e propria guerriglia contro le forze di polizia. Si moltiplicano i gesti vandalici in un tentativo violento di ribellione contro la discriminazione razziale che, secondo loro, li relega ad un ruolo di cittadini di serie B.
È una rabbia tragica come quella che trova fertile terreno in tutte le situazioni dove non si dà più speranza alla possibilità di dialogo, dove l’odio ha bisogno ad ogni costo di un nemico da abbattere, da sconfiggere, da far scomparire.
L’impegno che sconfigge l’indifferenza e il trasformare la propria rabbia in azioni violente sono due modi per esprimere l’esigenza di vivere, di trovare un senso. Sono tre situazioni di emarginazione di giovani in contesti diversi. I giovani di Locri perché impediti a respirare, a volare in alto, i giovani della banlieu parigina perché socialmente dimenticati o repressi, i giovani iraniani perché artificiosamente separati da un mondo che vuol essere sempre più uno.

Giovani al funerale di Fortugno

Ma, proprio a Locri, da una situazione negativa nasce il positivo. La Marcia di oggi è un messaggio di speranza per altri giovani, che possono diventare protagonisti con le loro scelte. Un segnale importante per quei giovani che, schiacciati dal senso di impotenza, diventano schiavi dello scoraggiamento, della droga, delle trasgressioni; per quei giovani che si sentono “all’altezza dei tempi” solo quando seguono le mode o, sull’altro versante, quando lanciano molotov, imbracciano un kalaznikov, indossano una cintura di esplosivo con cui uccidere persone innocenti.
Un messaggio che la vita fatta di impegno e di responsabilità ha un futuro.

la redazione

 

 

 

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