Ero ragazzo quando ti ho incontrato, Frère. Ero ragazzo in mezzo a tanti ragazzi. Tu, guardandoci negli occhi, guardandoci nel cuore ci hai detto: “Sono convinto che un pugno di ragazzi può cambiare il corso della propria città”. Sì, un pugno di ragazzi, non tanti ragazzi, non ragazzi eccezionali, un pugno di ragazzi veri. C’ero anch’io, Frère. Una frase importante la può dire chiunque, ma resta nel niente, resta solo una frase ad effetto. Quella frase l’avevi detta tu, Frère. Incredibile: c’ero anch’io quel giorno. E insieme a tanti ragazzi ci abbiamo creduto, ci abbiamo provato e ci stiamo provando. La tua saggezza ha continuato ad essere per noi un faro di luce nei lunghi anni della tua vita: “Niente è grave, se non perdere l’amore”.
| “Lotta e contemplazione hanno una sola identica sorgente: il Cristo che è amore”. “Trasfigurare giorno per giorno in un sì il no che era in noi”. Ma soprattutto hai continuato a parlarci con la tua persona che traspariva Luce come chi è già riconciliato e pacificato. Guardandoti capivamo bene cosa volevi dirci quando ci invitavi a “compiere atti semplici da Evangelo”, per essere uomini di riconciliazione e di pace. Ci invitavi a “lasciar abitare dalla preghiera gli abissi di dubbio, di violenza, di paura che sono in noi”. “Un giorno – promettevi – gli abissi saranno fioriti e abitati. Nella contemplazione spunterà la felicità che ci spinge a lottare, a vivere per gli altri”. Grazie, Frère, per averci aperto la strada della scelta per Dio senza ritorno. Eri vivo allora, quando ti abbiamo riconosciuto come maestro, ora sei maestro e vivo per sempre.
Ernesto Olivero 16 agosto 2005 |