Grazie Giovanni Paolo II

Pubblicato il 31-08-2009

di gianni


Roma 2 aprile 2006. Con il concerto “ Dal basso della terra” sale il canto di riconoscenza per il Papa nella cornice del carcere di Regina Coeli.

di Gianni Giletti

La magia comincia con una corsa per le strade di una Roma fatata, non ancora sveglia, fasciata dalla luce dorata dei primi raggi del sole. Sembra – come in effetti è - una città senza tempo, eterna, dove il fiume della storia passa senza fare danni, lasciandone inalterata la bellezza. Si capisce che non è una domenica come le altre quando vediamo via della Conciliazione chiusa al traffico per l’arrivo delle decine di migliaia di pellegrini da tutto il mondo venuti a rendere omaggio ad uno dei più grandi Papi della storia ad un anno dalla morte. Ma è solo un attimo, proseguiamo per il Lungo Tevere e arriviamo al carcere di Regina Coeli, a poche centinaia di metri da San Pietro.

L’ingresso è rapido, tutto è pronto per il “Concerto della riconoscenza” dedicato a Giovanni Paolo II: è un’opera musicale voluta da Ernesto Olivero, autore dei testi, per testimoniare l’affetto e l’amicizia che da sempre lo lega a questo grande Papa. In pochi minuti ci troviamo nell’atrio circolare di Regina Coeli. Ben tre Papi sono venuti ad incontrare le persone rinchiuse qui, da ultimo Giovanni Paolo II che lo visitò il 9 luglio del 2000, l’anno del Giubileo. Stamattina il luogo è irriconoscibile, non sembra un carcere: metà della superficie è occupata dal palco, l’altra metà dalle sedie – settanta, ottanta – per gli spettatori, che sono piuttosto speciali. Da una parte ci sono alcuni rappresentanti delle grandi religioni, fra cui mons. Angelo Comastri, Vicario per la Città del Vaticano, il ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione e alcuni giornalisti; dall’altra siedono una cinquantina di carcerati. Il coro poi, non essendoci fisicamente posto a terra, è stato sistemato sulle passerelle “del primo piano” che, simili a ballatoi, si affacciano sull’atrio. Presenta il giornalista Giovanni Anversa, nell’ambito della trasmissione “Racconti di Vita” di Rai Tre.

Regina Coeli: il giornalista Giovanni Anversa intervista Ernesto Olivero durante il concerto

Mauro Tabasso, autore delle partiture, dirige con la competenza abituale un’Orchestra eterogenea. Sono tre le formazioni di provenienza dei musicisti: l’Orchestra del Lazio per gli strumentisti classici, il Coro Casini per le voci e l’Assieme strumentale dell’Arsenale della Pace per la parte etnica ed elettrica. E poi tre cantanti solisti: Nair, Marco Sportelli e Nicola Costanti. C’è una grande elettricità nell’aria, frutto di aspettativa e curiosità da parte di tutti per un’iniziativa davvero particolare. Ci sono i tecnici della RAI che fanno gli ultimi preparativi per la trasmissione della diretta, gli ospiti che arrivano, gli agenti di custodia che con discrezione sorvegliano e tentano di coordinare tutto il traffico.
Finalmente si comincia.

La musica avvolge tutto, entra nelle teste e nei cuori di ognuno, tentando di scardinarli e di commuoverli. L’Opera d’altronde parla proprio di posti così: “Dal basso della terra” esprime la povertà e la miseria dell’uomo al cospetto di Dio, ma anche la speranza e la determinazione per costruire un mondo migliore. Durante l’esecuzione non c’è silenzio perfetto, nonostante i presenti siano attentissimi. I rumori del carcere si incrociano con la musica. Si sentono porte che sbattono e gente che grida in lontananza, ma è un rumore che non disturba, anzi, rende ancora più reale l’esecuzione dell’Opera. La commozione diventa tangibile e raggiunge il culmine nel finale quando gli applausi di tutti e il tifo appassionato da parte dei detenuti per l’interpretazione di Nair in “Dio tu sei” fanno davvero stringere il cuore a tutti.

Finisce con un abbraccio generale, i complimenti ai musicisti, le strette di mano, un ministro che parla con un gruppo di detenuti, monsignori e rappresentanti di organismi musulmani che si stringono la mano, tecnici che smontano; sembra davvero di essere dietro a un palco di teatro alla fine della rappresentazione. Una citazione a parte va fatta per Ernesto Olivero, la persona che ha creduto ostinatamente a questo progetto e lo ha realizzato nonostante gli ostacoli, mettendo d’accordo mezza Roma per poter rendere omaggio ad un amico, che non era solo suo amico, ma amico di tutti gli uomini e le donne del mondo, in particolare di quelli che soffrono. La riconoscenza per il grande Papa prende così una dimensione universale, pur partendo da un luogo chiuso come il carcere, e tocca il cuore di tutti gli uomini e le donne che di lui conservano un ricordo incancellabile.

Gianni Giletti

 

 

 

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