I cristiani a concilio

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


40 anni fa si concludeva il Concilio Vaticano II, che ha avuto il merito di rinnovare l’apertura della Chiesa verso il mondo. Un Concilio per dare nuova vita ai cristiani ma che si è rivolto a uomini di ogni cultura e religione. Un Concilio che ha avuto il coraggio di mettersi in dialogo con il mondo e i suoi problemi, che ha cercato di riproporre lo “stile” di Gesù al mondo di oggi.

a cura della redazione

 8 dicembre 1965: chiusura del Concilio Vaticano II
In questo ultimo anno diversi sono stati i richiami fatti dai due papi ai documenti conciliari.

Giovanni Paolo II il 16 marzo 2005, per i 40 anni della Gaudium et spes, ricordava come in essa la pace fosse definita un frutto della giustizia. Ma non basta: … in essa il Concilio sostiene che la pace è "frutto anche dell'amore, il quale va oltre quanto è in grado di assicurare la semplice giustizia... Pertanto, tutti i cristiani sono pressantemente chiamati a praticare la verità nell'amore" (Gaudium et spes, 78). Detto con altre parole – conclude il messaggio del papa - il discorso sulla giustizia non esaurisce la Dottrina Sociale della Chiesa. È necessario non dimenticare mai la virtù dell'amore che porta al perdono, alla riconciliazione e che anima lo stesso impegno cristiano a favore della giustizia.

Benedetto XVI all’Angelus del 27 novembre 2005, I domenica di Avvento richiamava sempre la Gaudium et spes: … l’Avvento è il tempo in cui occorre che i cristiani risveglino nel loro cuore la speranza di potere, con l’aiuto di Dio, rinnovare il mondo. A questo proposito vorrei ricordare anche oggi la Costituzione del Concilio Vaticano II Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: è un testo profondamente pervaso di speranza cristiana. Mi riferisco in particolare al n. 39, intitolato "Terra nuova e cielo nuovo". Vi si legge: "Sappiamo dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia… Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente".

Ancora Benedetto XVI ha ricordato la Dignitatis humanae il 4 dicembre 2005, II domenica d’Avvento, all’Angelus, rivolgendo al mondo un pressante appello alla libertà per ogni religione: … al rapporto tra verità e libertà, il Concilio Vaticano II ha dedicato un’attenta riflessione. In particolare, i Padri Conciliari hanno approvato, proprio quarant’anni or sono, una Dichiarazione concernente la questione della libertà religiosa, cioè il diritto delle persone e delle comunità a poter ricercare la verità e professare liberamente la loro fede.

Il papa richiama poi il numero 2 (vedi sotto) della Dichiarazione conciliare, che fonda il diritto alla libertà religiosa sulla dignità di ogni persona umana, riempiendolo di contenuto. Continua: Posto questo fondamento, il Concilio insiste ampiamente sulla libertà religiosa, che dev’essere garantita sia ai singoli che alle comunità, nel rispetto delle legittime esigenze dell’ordine pubblico. E questo insegnamento conciliare, dopo quarant’anni, resta ancora di grande attualità. Infatti la libertà religiosa è ben lontana dall’essere ovunque effettivamente assicurata: in alcuni casi essa è negata per motivi religiosi o ideologici; altre volte, pur riconosciuta sulla carta, viene ostacolata nei fatti dal potere politico oppure, in maniera più subdola, dal predominio culturale dell’agnosticismo e del relativismo.

Ricorrono oggi anche i 30 anni di emanazione della Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), esortazione apostolica di Paolo VI.
Basta una sua affermazione a dirne l’attualità: la rottura tra vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca. Con cultura Paolo VI intende i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita. E afferma che il compito della Chiesa è raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del vangelo le culture che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno di salvezza.


Una forte dichiarazione, ripresa da Giovanni Paolo II (Lettera di fondazione del Pontificio Consiglio per la Cultura, 16 gennaio 1982): Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta.
Evangelizzare le culture e inculturare la fede rimane un compito di tutti coloro che si dicono cristiani, anche oggi. E per Paolo VI il primo frutto della fede era l’amore (cfr. Discorso all’ONU del 4 ottobre 1965). A questo mondo che, forse senza saperlo, è ammalato di disamore, che ha bisogno di amare e di essere amato, chi ha avuto la vita trasformata dall’incontro con Gesù ha il dovere di dire: non avere paura di ridare a Dio il suo posto. Dirlo non attraverso le parole ma con la vita, con il venite e vedrete, per trasformare questa civiltà di morte in civiltà dell’amore.
A cura della redazione


Documenti del Concilio Vaticano II

Discorso di Paolo VI all’ONU del 4 ottobre 1965
LO SAPEVATE CHE...
...l’idea del Concilio (parola usata solo a partire dal IV secolo d.C.) si trova già nella Bibbia? Nel libro degli Atti degli Apostoli si raccontano le vicissitudini della Chiesa appena nata. Già da allora il confronto con la vita poneva una serie d’interrogativi ai Cristiani e non tutti erano d’accordo sulle risposte da dare. La Chiesa ha rischiato di dividersi subito nel chiedersi se Gesù si potesse proporre solo agli ebrei, o anche ai pagani. Paolo dopo aver incontrato diverse ostilità decise di andare a Gerusalemme a porre il problema. Proprio lì la Chiesa si riunì in assemblea: le diverse parti poterono spiegare le proprie ragioni e insieme si trovò una soluzione comune (l’apertura anche ai pagani), che fu comunicata a tutti gli altri cristiani tramite una lettera (cfr.At 15,1-29).
Dignitatis humanae 2
Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potere umano, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana quale l'hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società.
A motivo della loro dignità, tutti gli esseri umani, in quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze. Ad un tale obbligo, però, gli esseri umani non sono in grado di soddisfare, in modo rispondente alla loro natura, se non godono della libertà psicologica e nello stesso tempo dell'immunità dalla coercizione esterna. Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura. Per cui il diritto ad una tale immunità perdura anche in coloro che non soddisfano l'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa, e il suo esercizio, qualora sia rispettato l'ordine pubblico informato a giustizia, non può essere impedito.

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok