Il coraggio dei piccoli

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Mentre Israele si prepara al difficile disimpegno dalla striscia di Gaza, un gesto coraggioso mantiene vive le speranze di Pace.


di Fiorella Calò

 Mentre Israele si prepara al difficile disimpegno dalla striscia di Gaza, il primo giugno scorso, a Betania, un villaggio palestinese che si trova vicino a Gerusalemme, cinquanta donne israeliane e palestinesi si sono incontrate per impastare insieme il pane: per sognare e concretizzare un futuro possibile di pace e fratellanza fra israeliani e palestinesi. Un gesto simbolico ideato da due donne, Angelica e Samar, le quali, attraverso questo semplice gesto quotidiano, hanno fatto sentire la propria voce.
La mamma di Angelica - che ha partecipato direttamente all’evento - ci racconte le sue emozioni.

Arriva per e-mail il prologo di “Giù la maschera”. Inizio a leggere e non riesco a smettere, mentre per l’emozione si alternano momenti di serenità ad attimi d’inquietudine. Proprio come il cielo limpido di Sasa (Kibbuz in Alta Galilea - n.d.r.), dove improvvise appaiono strane nuvole…

Ecco, è iniziata così questa incredibile avventura. “Sai cosa vuol fare tua figlia? Vuole andare in territorio palestinese a fare il pane della pace, cioè impastarlo, cuocerlo e mangiarlo insieme a donne palestinesi! Sì, un gesto di distensione: un inizio, una speranza…” “Ma… come la prenderanno dall’altra parte?” - dico ansiosa a mio marito. Angelo mi guarda e sorride deciso: “dille che veniamo anche noi!"

Piccola ma coraggiosa nostra figlia, se decide una cosa, niente la ferma.
La rivedo a 2 anni, gonnellina a pieghe e fazzolettino legato sotto il mento, traballante, mentre entra nel garage vuoto e scuro: “paura io!” ma non si fermava!

La sua amica Samar (Samar Sahhar, donna palestinese animatrice della casa Lazarus Home di Betania - n.d.r.) è subito entusiasta dell’idea. Crede nel “Pane” come simbolo ma anche come realtà: ha infatti creato un moderno panificio che fornisce tutta la cittadina di Betania, nei territori dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese - n.d.r.) e con gli introiti mantiene un orfanotrofio ed una casa per donne abusate.

Inizia una girandola di attività e di pensieri contrastanti. Angelica si mette in moto per avere i permessi da Israele per poter entrare in zona palestinese con un autobus di 50 donne israeliane. Contatta Yuly Tamir, deputata laburista del Parlamento israeliano che l’accoglie come se si conoscessero da sempre: “Non ti preoccupare, ai permessi ci penso io, ho sentito parlare delle vostre attività, vai avanti così!” dice a lei e a Yehuda (marito di Angelica e co-animatore della Compagnia teatrale dell’Arcobaleno). Anche in Italia c’è entusiasmo. Giungono le adesioni di organizzazioni di panificatori da ogni dove… ma la data della “Giornata del pane per la pace” viene continuamente rimandata.

“Mamma, mi dai il numero della tua carta d’identità… è per i permessi, comincia a muoversi qualcosa!” - mi chiede dopo qualche giorno. “Si, verrà anche il babbo!” – aggiungo io. Dopo un po’ la richiamo io: “Angelica… ma… non è che qualcuno ci sparerà addosso?”. Lo dico in tono un po’ leggero. Dall’altro capo del filo un attimo di silenzio, poi con un tono quasi ironico… “non è una gita come tutte le altre… spero che ci siano tutti quelli che la pensano come Samar!”. E da quel momento i dubbi e le preoccupazioni rimangono relegati in un angolino del subconscio e non se ne parla più!

“Finalmente abbiamo la data!” - ci dice Angelica - “Sarà il 1° giugno e il giorno prima arriverà anche l’On. Mario Mauro, Vice Presidente del Parlamento Europeo, verrà personalmente per presiedere l’evento. Abbiamo anche un invito alla Knesset (il Parlamento israeliano) e a personalità della Comunità Italiana a Gerusalemme ed alcuni membri della Fondazione Beresheet la Shalom. Ho invitato anche Susanna, colei che ha offerto tutto l’olio d’oliva per la giornata di Betania, a nome del suo ristorante! Telefona alle tue amiche, invita chiunque voglia partecipare!” Angelica è così!

Invio e-mail, lascio messaggi alle segreterie telefoniche, passo parola, travolta come al solito da tutte le attività dei miei figli. Le amiche: una stà partendo, una è già partita, l’altra ha il computer guasto e non ha saputo dell'evento, un’altra ancora ha un altro impegno… provo a cooordinare tutto meglio che posso!

 Ed ecco il primo di giugno. Ore 10, stazione del treno a Tel Aviv: tante facce sorridenti e conosciute che non si sono tirate indietro. C’è chi ha fatto stampare 100 magliette con su scritto “PANE E PACE” in ebraico, in arabo e in italiano, tanti sostenitori e collaboratori e naturalmente ci sono i ragazzi del Teatro Arcobaleno della Galilea che vanno a realizzare un altro sogno. Guardo mio marito, penso che abbiamo fatto bene a venire… a casa sarebbero state ore di ansia.

Angelica è effervescente. Regala sorrisi e magliette. La giornalista, seduta accanto a me, mi fa mille domande su ogni cosa! Il pullman è pieno, ha raccolto persone di ogni età e paese dalla Galilea alla Valle dello Sharon. Oltrepassiamo Gerusalemme e quasi senza accorgercene ci troviamo in Cisgiordania, in una cittadina in tutto simile alle nostre, è Betania.

Le case sono in pietra rosa e brillano al sole, l'aria e’ deliziosa. L’autobus si arrampica su per la collina. Per le strade ferve il lavoro: artigiani del legno, della pietra, ceramiche di ogni forma e colore, mobili, elettrodomestici e sedie da giardino… improvvisamente piombiamo nella realtà. C’e un posto di blocco: “Alt non si passa!”. C’è una fila di macchine ferme.

Angelica si rabbuia, Yehuda invece, come al solito è sereno. Indossa la maglietta del pane della pace. Yuly Tamir (cfr. deputata laburista del Parlamento israeliano) con una giacca verde acqua e con un sorriso disarmante, appare tra le automobili ferme al check point. Prende il nome dell’ufficiale, fa una telefonata al Quartier Generale e tutto si sblocca miracolosamente. Dopo qualche centinaio di metri cominciamo a sentire una musica, poi un rullio di tamburi. Davanti a noi appare una piazza immensa che si affaccia su di una valle scoscesa come un affascinante palcoscenico naturale e sullo sfondo, Gerusalemme.

Una banda sta suonando per darci il benvenuto: hanno un berretto rosso, pantaloni neri e camicie bianche. A sinistra donne arabe ci accolgono con abiti ricamati con oro e perle… scendiamo dal pullman, come frastornati dalle mille sensazioni, con cesti di fiori e frutta e fasci di spighe di grano. Decine di fotografi e giornalisti, anche loro frastornati da tanta emozione, sono piacevolmente stupiti e sorridono increduli! Bambini palestinesi vestiti con “jalabie” multicolori e copricapi dorati e ricamati hanno preparato un ballo in nostro onore. Un uomo alto, magro, col viso che sembra di cotto e col capo coperto da una kefia porge un bicchiere che riempie di acqua freschissima da un enorme “Samovar”, ad ognuno dei presenti, accennando un inchino educato.

Samar, visibilmente commossa, abbraccia Angelica, si scambiano regali ed auguri in ebraico, in italiano, in inglese, in arabo ma i sorrisi sostituiscono tutte le parole del mondo. Quando sul piccolo palco salgono i ragazzi del teatro Arcobaleno con le loro maschere bianche sul volto il silenzio scende sulla platea; appena si tolgono la maschera alla fine dello spettacolo, sul palco ballano tutti, come liberati da un peso opprimente! E allora che i ragazzi del panificio, vestiti con camici candidi, hanno preparato gli ingredienti per il rito del pane. I bambini palestinesi e i bambini israeliani impastano insieme focaccine dalle forme più diverse: farfalle, pesci, fiori… mentre gli adulti intrecciano pani e promesse di un futuro migliore.

Sì, qualcosa è cambiato. Quando ora penso ai palestinesi non vedo solo miseria ma una grande dignità! Non vedo bambini in mezzo ai rifiuti che tirano sassi ma vedo bambini curati che preparano un ballo di benvenuto. Vedo donne che indossano abiti regali, che percorrono strade pulite, che piantano gerani e gelsomini nei loro cortili animate dalla speranza che tutti capiscano che il coraggio non è morire seminando morte: coraggio è danzare insieme, fare il pane insieme e insieme risolvere i grandi problemi per il futuro dei nostri figli!

Ho sentito che anch'io stavo dando un contributo al futuro dei miei nipoti israeliani e forse al futuro di tanti nipoti di altre nonne sparse per il mondo.
Con tanto affetto e speranza

Fiorella Calò
Altri contributi:
Il giorno del pane
Link dell’iniziativa e del Teatro dell’Arcobaleno:
www.breadforpeace.org
www.masksoff.org

 

 

 

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