Il lavoro rende umili

Pubblicato il 31-08-2009

di andrea


Su un muro lungo la strada che percorro ogni mattina c'è questa scritta:
il lavoro rende umili, la rivolta rende liberi.
A prima vista sembra lanciare un messaggio positivo…

...Claudio Maria Picco

 

Sei li, in mezzo al traffico, magari in ritardo, impossibilitato ad aprirti un varco fra tram, auto, furgoni, pressati uno contro l'altro. In queste condizioni l'idea della rivolta ti prende! Poi ci pensi su e incominci a riflettere, tanto non puoi fare altro mentre aspetti il tuo turno al semaforo. Lavoro, rivolta, libertà, umiltà. Un bell'insieme di argomenti. Il lavoro chi ce l'ha se lo tiene stretto, chi lo perde ne soffre al punto da farne una malattia, soprattutto se ha un'età critica, quella intorno ai '50. Chi lo cerca rischia di non trovarlo a sua misura, se è giovane trova solo contratti a tempo.
La libertà, già la libertà: quante parole dette e scritte, quante vite immolate, quante lotte, quante storie. Senza libertà non c'è vita perché noi siamo fatti per essere liberi. Se ce l'hai non ci pensi, anzi sei pronto a farti schiavizzare dal beota di turno che ti propone l'ultimo modello di cellulare o l'ultima puntata del grande fratello. Sei pronto a bruciarla con una pasticca di estasi, ad affogarla nell'alcool, a venderla per strada al miglior offerente. Sei pronto a sprecarla sugli spalti dello stadio mentre tiri seggiolini divelti o ad affogarla in quella rete del niente che spesso è internet. Se ti va bene la consumi nella noia.
Chissà quale libertà cerchiamo noi uomini e donne dei paesi ricchi, noi che non ci priviamo di niente, e siamo disposti a tutto pur di riempirci la pancia. Se non ce l'hai sopporti -nella maggior parte dei casi-, qualche volta se puoi ti ribelli. Se non sei libero di scegliere da chi vuoi essere governato, se non sei libero di praticare la tua religione o di non praticarne nessuna, se non sei libero di curarti o di andare a scuola, se non sei libero di mangiare almeno quel tanto che basta a sopravvivere, se non sei libero di informarti leggendo i giornali che preferisci, se…
La maggior parte dell'umanità fa i conti con questi "se" perché non gode, o ne gode in forma ridotta, dei più elementari diritti umani, primo fra tutti proprio quello di essere libero. Ne sanno qualcosa i nuovi schiavi del nostro tempo, quelli che sono costretti a vendersi alle organizzazioni malavitose per avere un posto al sole in un paese dove poter condurre una esistenza dignitosa alla luce del sole, senza prevaricazioni, senza paure. Ne sanno qualcosa quanti vivono sotto regimi totalitari, più o meno mascherati, come il regime di Saddam in Iraq, o quello di Kim jong II in Corea del Nord, per citare quelli più noti in questo momento. Se non ce l'hai vorresti almeno che chi ce l'ha non ti tiri le bombe sulla testa. Purtroppo la libertà è carente a tutte le latitudini del pianeta, è quasi come una malattia endemica.
L'umiltà è la questione più difficile da affrontare perché a prima vista significa abbassare la testa, subire. E' una costrizione, non una scelta. C'è però un'altra umiltà positiva che si nota di meno, ma che ha un valore immenso. E' l'umiltà di chi fa ogni giorno il proprio lavoro con coscienza arrivando a compiere anche gesti di eroismo; di chi non si chiude nel proprio esclusivo interesse, ma si apre ai bisogni e alle necessità degli altri, vicini e lontani. E' l'umiltà di chi costruisce percorsi e gesti di pace nel quotidiano tram-tram.
Senza questa umiltà che vita sarebbe? Avremmo tanto egoismo, violenza, edonismo,ingiustizia. Perché allora non rimescolare le carte e mettere insieme libertà e lavoro, umiltà e rivolta. Riscoprire la voglia di ribellarci di fronte all'inevitabilità delle guerre, della fame, della miseria, delle ingiustizie, delle dittature, dello spreco colpevole di risorse naturali. Perché non riscoprire il lavoro della pace, della solidarietà, del rispetto della vita, della bontà. La rivolta contro il negativo ci fa scoprire il valore della libertà con gesti di pace.
Torino, 11 marzo 2003
Claudio Maria Picco


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