Il nuovo e il vecchio

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Allora come oggi la Provvidenza non fa mancare per il nostro tempo novità come quella del buon samaritano che si prende cura del ferito lungo la strada di Gerico

di Ernesto Olivero

Ogni volta che viene alla luce un’avventura nuova, la novità sta nel fatto che “entra nel vecchio”, quel vecchio che a sua volta era una novità nel momento in cui nacque. In questo gioco di parole “nuovo – vecchio” c’è l’iniziativa di Dio, c’è la bellezza di una trascendenza che non si stanca dell’uomo e di tante sue malefatte. Dio continua ad agire come un padre che non si abitua alla fame, alle ingiustizie, alle sopraffazioni; che non riesce a capacitarsi dei tanti bambini che non nascono, di quelli che una volta nati sono usati come oggetti di piacere, sono venduti al mercato degli organi o diventano vittime di una violenza che li trasforma precocemente in feroci soldati al soldo di criminali e avventurieri.

L’uomo quando si svuota di se stesso
e accetta di essere uno strumento di novità porta avanti l’opera di Dio. Ogni nuova fraternità che nasce accetta di farsi amare e invadere da Dio. Il Sermig vive la Chiesa come dono di Dio e la vede come è stata vista e voluta da Dio, sapendo che più diventa luce, più mette in evidenza la bellezza di Dio, la bellezza dell’incontro con suo Figlio morto e risorto; sapendo che più è puro di cuore più annulla senza giudicare il male dell’abitudine, il male della non carità, il male della non preghiera, della non giustizia, dell’indifferenza.
Il Sermig, come qualsiasi altra intuizione di Dio si è ritrovato sulla strada di Gerico e ha visto il ferito che altri non avevano visto, non avevano potuto o voluto vedere. Il ferito era, è, un giovane che non avendo voluto incontrare Dio ha incontrato il male di oggi: edonismo, egoismo, indifferenza, droga, sesso, qualunquismo, violenza…

Il Sermig si è messo in ascolto di questo giovane ferito, fermandosi a fasciare le ferite e ad ascoltare, disposto a mettersi in gioco, a lasciarsi interrogare e valutare, a volte in maniera aspra. I giovani sono la chiave del futuro, ma la stragrande maggioranza di loro sta cercando – o non cercando - un senso altrove. Se proiettiamo in avanti le statistiche reali e drammatiche sulle nuove generazioni avremo un futuro peggiore di quanto possiamo immaginare. Quanti giovani per disprezzo della società, del mondo così com’è, diventano kamikaze con le bombe, con il fondamentalismo, con la droga, con l’alcool, con ogni tipo di sballo. Quando nel nostro villaggio globale un giovane si uccide in questo modo, tutti dovremmo fermarci e chiederci perché. Ma oggi preferiamo non riflettere, non farci domande.

Quanti giovani dovranno ancora morire prima che questo accada? La novità che Dio ci ha regalato è di aiutare il giovane, ferito come il viandante lungo la strada verso Gerico, a rialzarsi, a trovare la sua strada, a rimettersi in cammino, a diventare lui un maestro credibile e saggio per altri giovani e meno giovani. Ci stiamo provando, con tutta la passione e l’impegno di cui siamo capaci. Intanto soccorriamo l’ammalato e lo curiamo; accogliamo lo straniero e lavoriamo per un mondo più libero e più giusto; accogliamo la ragazza prostituta e ci chiediamo perché tante donne sono costrette a vendersi; accogliamo la ragazza madre, l’anziano abbandonato dalla famiglia, l’ammalato psichiatrico e ci domandiamo perché la società dell’efficienza e del benessere li emargina. E intanto continuiamo a portare dubbi dove ci sono troppe certezze e sicurezze dove ci sono troppe precarietà.

Ernesto Oliv

 

 

 

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