Io Paolo prigioniero di Cristo e del Vangelo di Dio

Pubblicato il 24-10-2011

di Michele


Da Damasco a Roma sui passi e nei panni di Paolo, prigioniero a causa di Cristo e del Vangelo

di Michele Sardella

Beato Angelico, La Conversione di San Paolo
Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?: quella voce, quella luce, quella domanda, hanno cambiato la mia vita. Adesso, in catene, prigioniero a causa di Cristo e del vangelo, rivedo e ripenso a quel giorno sulla via di Damasco: il giorno della mia vocazione, più che della mia conversione, il giorno in cui mi sentii chiamato per nome, come Abramo, come Mosè, come Samuele, con la mia storia, con la mia cultura, i miei ideali, sogni e progetti. Ero in possesso di valori fondamentali, a me tanto cari, e conquistati, in parte, a caro prezzo.
Possedevo tradizioni, impegno personale, zelo, giustizia secondo la legge. Vivevo queste realtà come ‘un tesoro geloso’ che non potevo consegnare a nessuno e che difendevo anche usando la violenza contro chi poteva attentare a questo tesoro. Non tolleravo i cristiani, fino al punto di volerli sterminare. Era una violenza frutto di fanatismo ideologico, che non mi faceva capire il dramma degli altri, dei poveri, degli oppressi dalle forze del potere e del male. Mai e poi mai avrei ammesso di essere anch’io debole, fragile, bisognoso di salvezza.

Mentre Gesù mi chiedeva “Perché mi perseguiti?”, e mi spiegava chi Egli era “Sono Gesù che tu perseguiti”, capii, d’un colpo, che avevo confuso miserevolmente la verità delle cose. C’era molto da rifare e mi sentivo chiamato a vendere tutto per acquistare la perla che avevo trovato. Avevo messo me stesso al posto di Dio, questo lo avevo capito. Solo che mi restavano nel cuore degli interrogativi: “Chi sono io? Adesso che faccio? In che direzione devo andare?
Avevo paura, mi trovai cieco fisicamente, ma soprattutto nel cuore: tutta la mia sapienza, la mia conoscenza della Legge e delle Scritture non mi aveva fatto riconoscere Gesù, addirittura me lo aveva fatto perseguitare. Quel ‘tesoro geloso’ lo stavo investendo per far soffrire e perseguitare i deboli, più che per servirli.
Ora Egli mi chiedeva di alzarmi e di farmi aiutare da chi perseguitavo, da chi aveva paura di me, da un certo Anania, per maturare la scelta definitiva della mia vita: rispondere sì a Colui che mi aveva scelto fin dal seno materno e che mi chiamava con la sua grazia; dire ‘sì’ a Colui che si era compiaciuto di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani. (Gal 1, 15ss).

Artista sconosciuto, San Paolo è guarito dalla cecitàMi fidai – è proprio il caso di dirlo - a occhi chiusi… cieco, senza riferimenti, tenuto per mano da altri, temuto da tutti, guardato con paura e sospetto… e lo seguii. Giorni, mesi, anni… fino a oggi, in prigione a causa del suo nome e del vangelo.
Tutto ormai io reputavo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù”: avevo visto il Signore, il quale mi aveva chiamato ed inviato ad annunciare il suo vangelo.

Ero chiamato alla missione, una missione che mi porterà a Roma, nel cuore dell’Impero romano. Confortato e fortificato dagli Apostoli a Gerusalemme, tornai ad Antiochia, quindi a Cipro, poi in Macedonia, indi, prendendo l’antica via Egnatia, arrivai a Filippi. Arrestato e battuto dalle autorità romane, di lì dovetti fuggire a Tessalonica. Anche da qui, a motivo di Cristo e del suo Vangelo, dovetti fuggire e passare nella Provincia dell’Acaia, a Corinto. Lavoravo notte e giorno, per non essere di peso a nessuno e per annunciare liberamente il vangelo di Dio. A Corinto mi fermai due anni, e di lì ritornai ad Antiochia, rivisitando le Chiese che avevo fondato in Asia minore. Infine, decisi di stabilirmi ad Efeso, ove operai per tre anni. Un lavoro che mi portò in conflitto con le autorità romane: fui arrestato e tenuto a lungo in catene. Gregorio Mariano, Arresto di San Paolo“In catene” scrissi il mio biglietto a Filemone e la mia lettera alla comunità che più amavo, quella di Filippi. Intanto, mi accorsi che le comunità dell’Asia minore erano più benestanti di quelle della Chiesa di Gerusalemme. Lo Spirito mi consolò facendomi toccare con mano la sollecitudine e la solidarietà delle Chiese più abbienti della Macedonia e dell’Acaia verso i fratelli e le sorelle della chiesa di Gerusalemme, attraverso una grande colletta. Non mancarono le sofferenze della prigionia: mi giungevano notizie dolorose riguardanti le crisi della comunità della Galazia e della comunità di Corinto, tentate di dimenticare quel Cristo crocifisso che avevo loro annunziato. Allo stesso tempo ricevevo notizie confortanti circa la testimonianza e il martirio di altre comunità. Ma il mio desiderio era di andare ancora a Gerusalemme e poi a Roma. Lo Spirito guidò gli eventi in modo tale da esaudire questo mio desiderio. A Roma terminai la mia corsa, dopo aver combattuto la buona battaglia e conservato la fede in Colui che si era fidato di me e al quale avevo detto ‘SI’ sulla strada di Damasco.

Tanti viaggi, gioie, persecuzioni, sofferenze, pericoli: nulla, però, mi aveva mai separato dall’amore di Cristo, perché sapevo a Chi avevo dato fiducia!

Padre Michele Sardella
missionario comboniano



Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok