ISRAELE: Sharon e Ahmad

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Uno dei maggiori quotidiani israeliani, Ha’aretz, annuncia oggi i primi movimenti del leader Sharon dopo la gravissima emorragia cerebrale di settimana scorsa. Qualche giorno fa titolava in prima pagina ''l'era di Sharon e' terminata''. Il suo partito, Kadima, sembrava lanciato a una netta vittoria alle prossime elezioni: adesso la neutralizzazione di Sharon apre nuove interrogativi. Intanto la pace attende costruttori, come i coniugi palestinesi protagonisti di questa storia. Sono i genitori di Ahmad, 12 anni, terzo di sei figli: nel mese di novembre scorso è stato ucciso da soldati israeliani che pattugliavano il campo profughi di Jenin. Abla e Ismail Khatib decidono di donare tutti i suoi organi. Tranne gli occhi. Grazie a lui oggi sette bambini, 5 ebrei, 1 druso, 1 beduino, continuano a vivere. Grazie a loro oggi la pace tra Israele e Palestina ha un mattone in più. Abla e Ismail hanno poi capito che la loro storia poteva seminare speranza in tanti cuori ed hanno accettato di viaggiare per raccontarla. Li abbiamo intervistati mentre visitavano l’Arsenale della Pace.

a cura della redazione

 Abitate a Jenin, vero?
Sì, nel campo profughi vicino alla città di Jenin (Gerusalemme)

Cosa significa vivere in un campo profughi?
Purtroppo, le condizioni di vita sono molto difficili. Questo campo è stato costruito dopo il ’48, per accogliere tutti i profughi palestinesi fuggiti dalla Palestina a causa della guerra. Alcuni di essi sono andati in altri Paesi come Siria, Libano, altri Paesi arabi, oppure in Europa, Germania, Italia… Il popolo palestinese dopo il ’48 è sparpagliato in tutto il mondo.

C’è possibilità di lavoro?
A causa della costruzione del muro che impedisce ai profughi l’entrata a Gerusalemme, c’è una grandissima disoccupazione superiore al 50%. Così le famiglie del campo cercano aiuti all’esterno, e se non trovano si aiutano tra di loro, cercano di mantenersi con il poco che offre l’agricoltura e accontentandosi di quel poco…

E voi, avete un lavoro?
Mia moglie ha sempre fatto la casalinga, vorrebbe lavorare anche lei, ma non può lasciare soli i bambini; io facevo il meccanico guadagnando pochissimo, però da quando è morto mio figlio ho smesso di lavorare.

Come mai?
Perché non ho più la forza di alzarmi al mattino e di andare al lavoro, penso sempre ad Ahmad e sono anche preoccupato per gli altri miei figli, desidero star loro vicino. Ho l’angoscia dentro che ciò che è accaduto ad Ahmad possa succedere anche ad un altro di loro...

Io quando ho letto dell’uccisione del vostro bambino sui giornali ho provato molta rabbia. Mi chiedo come è stato possibile per voi reagire in modo non violento, e addirittura giungere alla decisione di donare gli organi del vostro bambino…
Siamo convinti che proprio dalla sofferenza debba nascere la speranza. Proprio perché abbiamo visto la sofferenza portata al nostro popolo dalla vendetta, abbiamo deciso di agire in modo diverso, in modo che le cose comincino a cambiare…
Per tre giorni, mentre Ahmad era all’ospedale, abbiamo sperato che sarebbe sopravissuto, ma la volontà di Dio era diversa e così abbiamo deciso di diminuire la sofferenza degli altri e abbiamo fatto questo gesto.

Prima di tutto ciò, avete conoscete altre persone che abbiano compiuto lo stesso gesto?
A quanto ci risulta, no.

Siete musulmani, vero?
Sì, soprattutto mia moglie è molto religiosa. Ha chiesto a molti mufti musulmani se il gesto che avevamo deciso di fare fosse coerente con la volontà di Dio espressa nel Corano: la maggioranza ha risposto di sì, che l’Islam apprezza tutti i gesti buoni fatti per il bene degli altri, non c’è nessun motivo di pensare che il Corano sia contrario a questi gesti.
Mia moglie ha insistito e si è accertata che gli organi fossero destinati all’ospedale israeliano; ma anch’io sono stato d’accordo fin dall’inizio.

So che poi avete chiesto di incontrare i genitori dei bambini ai quali sono stati donati gli organi: come vi è venuta quest’idea?
All’inizio volevamo soprattutto vedere i bambini beneficiari, per un’esigenza molto sentita e non per pura curiosità; poi c’è stata la possibilità di incontrarsi con tutte le loro famiglie in ospedale.

 Traduzione: Io sono Ahmad da Jenin, sono stato ucciso mentre giocavo

E il clima in cui questo incontro si è svolto?
Semplicemente grandioso! Soprattutto l’attenzione dei media, con tanti giornalisti israeliani presenti. Al gesto è stato dato molto spazio anche in TV. Consideriamo che solo tre anni fa a Jenin c’è stato uno scontro durissimo in cui tanti palestinesi hanno perso la vita. Gli israeliani in particolare hanno sempre guardato al campo profughi di Jenin come a una culla del terrorismo; per questo il fatto in sé che un simile gesto venisse da Jenin ha suscitato grande scalpore presso il pubblico israeliano.

Cosa vi hanno detto i genitori dei bambini israeliani?
Ci hanno detto che d’ora in poi sentiranno la loro come una famiglia più grande, “allargata” al bambino che ha donato gli organi ai loro figli.

Grazie per la vostra disponibilità e la vostra testimonianza!

Segue la lettera di Abla e Ismail

Nel nome di Dio il più Clemente, il più Misericordioso


Signori, genitori dei ragazzi beneficiari degli organi del martire Ahmad Al Khatib,

cari saluti.

Come rose li piantiamo... e dal sangue del cuore li dissetiamo... portiamo la loro infanzia ed i loro piccoli sogni... restiamo svegli affinché dormano... e dalla luce dei loro sorrisi ci illuminiamo... sono i nostri figli che splendono come il Sole in ogni nostro mattino... sono i bambini… la cosa più bella della nostra vita, sono la vita stessa con la sua primavera e le sue rose e la purezza della sua rugiada. Allora come si può ammazzare la vita, e come si può assassinare i piccoli sogni nel cuore di un bimbo?
È il crimine dell'assassinio di tutti i valori umani. Il cecchino che vede nel mirino del suo fucile un bambino giocare o sognare, quel cecchino dal cuore marcio è provocato dal giocattolo di un bimbo e risponde con i proiettili, così se ne va un bel viso e diventa privo di sogni.
Ahmad non era il primo bambino né l'ultimo a cadere vittima della follia dei criminali di guerra. Ma Ahmad, con la sua morte, ha seminato la vita e ha sconfitto i nemici della vita. Ora i suoi organi pulsano nei corpi di altri bambini, e preghiamo che Dio doni loro una lunga vita affinché pulsi in loro la vita di Ahmad.
I bambini saranno sempre più forti delle pazze macchine da guerra, nemiche della vita e della libertà.
Il tuo cuore, Ahmad, continuerà a pulsare offrendo amore e generosità.
Basta con la guerra... basta con l'occupazione... vogliamo vivere.

La famiglia del martire Ahmad Al Khatib
Palestina - Campo di Jenin

 

 

 

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