L'abbraccio di Andrea

Pubblicato il 06-02-2022

di Maria Cristina Soldi

Il 5 agosto 2015 Torino è caldissima, qualcuno è già in vacanza, altri cercano un po' d'aria nei giardini del quartiere. Anche Andrea Soldi è seduto su una panchina, ma quella è la “sua” panchina sempre, in ogni stagione. Lì si rifugia quando i pensieri lo assalgono, lì trova conforto e si sente a casa. Andrea soffre da anni di schizofrenia, la madre, il padre e la sorella sono il suo sostegno e piazza Umbria il posto del cuore. Ha quarantacinque anni, non è violento, non è mai stato pericoloso, eppure, quel 5 agosto morirà a causa di un Trattamento sanitario obbligatorio eseguito da alcuni vigili urbani e dal personale medico. Dopo la morte, la famiglia Soldi ha trovato alcune pagine che erano il diario di Andrea in cui la trascrizione lucidissima della sofferenza illumina il percorso psicologico e i silenzi che per anni lo avevano avvolto.
Questa è la lettera ideale che Maria Cristina Soldi ha scritto a suo fratello.


«Dolcissimo fratellino, è da tanto tempo che voglio scriverti. È vero che parlo con te sempre, ma scrivere è un'altra cosa. Quando papà mi disse di aver trovato le tue lettere mai spedite e il tuo diario, fu un'emozione fortissima. Era come se avessi voluto comunicare il bene grande che ci volevi, ma soprattutto l'amore totale per la vita, anche se lei non era stata molto generosa con te.

Non hai mai spedito quelle lettere. Chissà perché? Forse il tuo amore era così forte e chiaro che non aveva bisogno di parole. Oggi da dove sei è più difficile abbracciarci e le tue parole sono diventate preziosissime perché ci sostengono quando la tua mancanza è forte. Nel tuo diario c'è tutta la tua sofferenza, ma anche l'accettazione, la disponibilità ad accogliere la vita così come ti si presentava. La schizofrenia è stata il tuo calvario, ma non sei mai scappato! Quando non lottavi con le allucinazioni eri sempre sorridente, non ti ho mai visto arrabbiato, se non quando venivano calpestati i diritti dei più fragili. La vita per te era un dono prezioso che non andava sprecato.
Dietro la malattia mentale, ci sono uomini e donne, con la loro intelligenza, sensibilità, emozioni: persone che hanno bisogno di amare e di essere amate, proprio come ognuno di noi. Ci sono migliaia di famiglie, spesso abbandonate nelle loro case, incapaci di agire, lasciate sole a interrogarsi su responsabilità che non hanno. Quante volte ci siamo chiesti se avessimo sbagliato qualcosa con te.
Ma così facendo, ci sentivamo ancora più soli.
Andrea, dopo tanti anni posso dire che tu avevi bisogno di farmaci, ma soprattutto di medici e professionisti disposto ad ascoltarti, di punti di riferimento cui poter affidare il tuo dolore. Quello che hai subito è stato riconosciuto da due sentenze: su quella panchina ti hanno fatto soffrire così tanto da portarti alla morte e nessuno ha fatto nulla per interrompere quella tortura.

Oggi la tua panchina è diventata un punto di ritrovo per anime gentili e fragili. E anche chi è più forte non rimane indifferente. Chi passa lascia un fiore o una poesia davanti all'immagine del lupo che tanto ti assomiglia e ti affascinava. Ti dava coraggio imitare il suo verso, come se il lupo fosse più forte delle tue allucinazioni. Mi piace pensare che quell'ululato fosse un segno di libertà per dare voce a chi non ne aveva, prima di tutto alla tua.
Dopo la tua morte, ho incrociato l'esempio di tante associazioni che aiutano i malati come te. Ho ancora negli occhi quello che è successo durante un evento che abbiamo organizzato davanti alla tua panchina. Un ragazzo malato, di rara bellezza, si era sdraiato a terra. Chiunque di noi gli avrebbe detto di alzarsi subito e invece il suo educatore, attento e sensibile, si è coricato accanto a lui, gli ha sorriso e dopo pochi minuti si sono alzati insieme.

Oppure, ricordo la commozione provata qualche tempo fa guardando un film dedicato a te e ad altre persone fragili che non sono più con noi. Pazienti ed educatori recitavano insieme, ognuno con la sua specificità, nella piena armonia, nel rispetto assoluto della dignità di tutti. Allo stesso modo è stato meraviglioso vedere ragazzi come te impegnati nel lavoro in un laboratorio di falegnameria. Li ho visti contenti, sereni, appagati.
Caro Andrea, purtroppo, è tutto quello che a te è mancato e che nessuno ci ha aiutato a darti. Perché è questo che ti sarebbe servito, qualcuno disposto a dirti con delicatezza: “Sono al tuo fianco, ti ascolto, non ti giudico, non ti voglio cambiare. Voglio solo accompagnarti sulla tua strada in salita”.
Adesso, sono io a chiedertelo. Stammi vicino, guidami da lassù, perché la mia vita abbia un senso e non sia sprecata. Ogni tanto abbracciami forte come solo tu sai fare. E io, prometto che sorriderò…».


Maria Cristina Soldi
NP novembre 2021

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