L'ultimo degli ultimi

Pubblicato il 27-07-2021

di Renzo Agasso

Lui la mascherina sul volto la porta da ben prima del Covid. Non per difendersi dal virus, ma dalla mafia. Lui è il capitano Ultimo, cioè il tenente colonnello dei carabi­nieri Sergio De Caprio. L’uomo che catturò Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra. Non può mostrare il suo volto, perché sta ancora – e per sem­pre – sulla lista nera dei mafiosi. Dun­que in pubblico si mostra così, con un paracollo alzato fino agli occhi, o con un passamontagna. Nessuno ha mai visto il suo volto.

Adesso è andato in pensione, lascian­do l’amatissima Arma dei carabinieri, avendo compiuto tante altre imprese nel nome della legalità. I suoi modi non piacevano a tutti, e ha passato molti guai coi superiori. Ma resterà nella storia di questo Paese il con­tributo enorme dato nella lotta alle mafie. Ha accettato ancora una sfida, fa l’assessore all’Ambiente della Regione Calabria, chiamato dalla presidente Jole Santelli, poi morta di tumore. È rimasto al suo posto, e percorre la Ca­labria – lui, di origine toscana, ma di casa in tutt’Italia – a predicare il verbo della legalità. Di più: della giustizia. Adesso avrà più tempo anche per dedicarsi al servizio degli ultimi. Lo fa da anni, al quartiere Prenestino di Roma, accanto al Grande raccordo anulare, in via Tenuta della Mistica. Lì ha fondato una piccola casa famiglia, gestita dall’Associazione Volontari Capitano Ultimo: accolgono minori in difficoltà, in affidamento dai tribunali. Scrive Pino Corrias: «Tre strutture abitative in legno per gli otto mino­ri ospitati, più l’orto, il forno per il pane, la sala mensa, i laboratori dove si lavora il ferro, la pelle, la stoffa. Il tutto finanziato da donazioni private, comprese quelle di Raoul Bova e della Nazionale cantanti. Un luogo dove i ragazzi, ultimi anche loro della fila so­ciale, studiano, imparano un mestiere, ma soprattutto la vita».

Piccole, semplici storie di riscatto umano e sociale. Ci sono pure la pizzeria, l’erboristeria, il telaio. C’è la falconeria – che ospita rapaci feriti raccolti dalla Lipu – e c’è la cappella, completamente in legno: tetto, altare, crocifisso. Non ha mura, né porte, né finestre, è aperta sui quattro lati. La domenica vi si dice messa, si prega e si canta. Pranzando poi tutti insieme. Lì Ultimo accoglie gli ultimi. Deposta la divisa – peraltro quasi mai indossa­ta – prende l’abito del buon samarita­no. Dona pane ed educazione ai suoi ragazzi di strada. Perché non restino per sempre ultimi.

 

Renzo Agasso
NP aprile 2021

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