La casa degli "altri"

Pubblicato il 07-04-2019

di stefano

di Stefano Floris - È una strada che non porta da nessuna parte quella che si insinua lungo un terreno stretto tra la tangenziale ed il torrente Stura, ed è lì, al termine di un percorso tra cumuli di immondizia e auto bruciate, che si giunge ad un insediamento di 60 baracche abitate da rom dashikanè e khorakanè: un luogo senza nome e senza indirizzo che potrebbe essere ovunque, con una sola caratteristica, ci sono gli “altri”.

Il primo impatto non è dei migliori. Un ragazzo mi invita a spostare immediatamente la macchina, mi fa qualche domanda, rispondo e vado oltre, ma vengo subito fermato da due adulti che mi chiedono chi sono, cosa faccio e chi mi manda. I due mi comunicano che al mio ritorno non troverò neanche una ruota della macchina, decido comunque di proseguire. Intanto uno dei due, quello meno aggressivo, continua a parlarmi sostenendo che noi (“gajè”) viviamo alle spalle dei rom. Invece una ragazza con fare gentile mi dice che ho fatto bene a parcheggiare dalla loro parte, dashikanè, perché dall’altra mi avrebbero rubato tutto. Mentre cammino continuano gli sguardi che fanno percepire l’intrusione, ciò è supportato da continui chi cerchi? Dove vai? Solo qualche bambino accenna un ciao.

Quello che non posso descrivere sono gli sguardi, i sorrisi e la mimica dei gesti. Provate ad immaginare di camminare in mezzo a decine di persone che parlano, urlano, lavorano e, all’improvviso, scoprite che, come per incanto, la vostra presenza porta dietro di sé una sorta di manto acustico, che immobilizza ogni voce, un silenzio che avvolge tutto, solo gli sguardi parlano, dicono tutto di te, come in un film muto. Vi sentite sommersi in un “flashback” storico dove, in quegli sguardi, vi sentite precipitare addosso tutte le fratture che hanno separato, e separano, i rom dai “gajè”, cinquecento anni in un attimo, solo un attimo, ma sconvolgente. E poi, come in un bosco, dove sembra che non ci sia nessuno a guardarti, scopri invece migliaia di piccoli occhi che scrutano ogni tuo movimento per capire se sei un pericolo o un amico. Cicale, formiche, grilli, falchetti, poiane, pernici e marmotte sono tutte intente a capire chi sei: in un campo, passo dopo passo, vieni “sezionato” attraverso lo screening di piccoli e grandi occhi.

Al primo passo vedono che sei un “gajò”, se nessuno ti dice niente forse intendono che non sei un pericolo, ma gli sguardi ti seguono finché fatidicamente arriva la prima domanda: chi sei? Già, chi sei per venire in un posto simile? Non puoi essere qui per caso. A quale categoria di visitatori appartieni? Assistenti sociali, polizia, volontari? perché nessun altro passa di qua. Prima che tu possa rispondere scatta immediata la seconda domanda: chi cerchi? Se non sei qui per caso significa che cerchi qualcuno: assistenti, poliziotti e volontari cercano sempre qualcuno. Perché lo cerchi? Vieni e vedi.

Se sei attento puoi capire che qui siamo due famiglie che cercano di vivere in pace, stiamo lontano dalla città per stare più tranquilli, non disturbare e non essere disturbati, un po’ come voi che sognate la villetta a schiera lontano dal traffico. Con voi non ci capiamo. A voi piace la scuola, il lavoro di otto ore in ufficio avvolti dall’aria condizionata, un figlio al massimo due ed una casa per sempre. «La nostra casa è la famiglia che ci segue ovunque andiamo, direi che è la nostra patria per cui siamo sempre a casa e sempre stranieri».

Mentre il cumulo di pensieri si aggroviglia una bambina di neanche due anni mi sorride e mi saluta, continua a dirmi «ciao», «ciao», anche quando sono già lontano, mi giro e vedo che continua a chiamarmi, quasi stupita dalla mia mancata attenzione, la saluto più volte «ciao, ciao», facendo il movimento del saluto con la mano, lei contraccambia e sorride: tra me penso che ritornerò solo per il suo sorriso. Poi riprendo la strada nel silenzio osservato da decine di occhi che all’apparenza mi ignorano, e nessuno mi dice: dove

FOTO: MAX FERRERO e RENATA BUSETTINI – MILLENNIALS #2018enni Reynaldo Tejada Calderon

Stefano Floris
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