“LA COCA”

Pubblicato il 31-08-2009

di Claudio Maria Picco

Da poco in libreria, il libro del direttore dell'Unicri raccoglie saggi ed analisi sul complesso mondo della produzione della coca e del traffico di cocaina.

La Coca. Passato e presente. Miti e realtà

Coca. Passato e presente. Miti e realtà
Sandro Calvani
Effatà ‘08
Nell’introduzione del suo ultimo libro, La coca, lei scrive: “Cercando di capire. Vita, morte e miracoli della coca”. Cosa è importante capire oggi della foglia di coca, dei suoi 5.000 anni di storia e del suo presente carico di violenza e di problemi?
Bisogna capirne soprattutto la complessità, sia in termini socio economici, che culturali e storici. Non è semplicemente una foglia che oggi produce cocaina, come molta gente pensa. Ci sono anche migliaia di anni di uso tradizionale come medicinale da parte delle culture incaiche; un uso, quindi, fortemente radicato nella realtà socio economica dell’area andina. In esso l’aspetto della morte - per questo scrivo “vita, morte e miracoli” - non è separabile dall’aspetto della vita, presente in molte tradizioni incaiche e preincaiche, ed è anche inseparabile da certe forme di miti, miracoli che vengono presentati nel libro, che sacerdoti inca continuano a riferire alle loro popolazioni. Il fenomeno, dunque, va analizzato in tutta la sua complessità. Guardare più a fondo nella storia e nelle realtà del passato dovrebbe permettere di capirlo meglio e di identificare le forme più adatte di risposta agli aspetti gravi e criminali che oggi finanziano in Colombia forme di terrorismo, forme di sequestro di persone - ad esempio quello di Ingrid Betancourt, che è stato finanziato dal narcotraffico -, forme molto gravi di abuso dei diritti umani. Aspetti, questi, che come la punta dell’iceberg non possono essere isolati da tutto il resto.
Ancora nell’introduzione lei afferma: “In una fogliolina... c’è tutto quello che serve per generare la piaga sociale più grave del nostro tempo, la tossicodipendenza di milioni di giovani, e la minaccia più grave alla pace e allo sviluppo sostenibile dell’umanità, cioè la criminalità organizzata, collegata con il narcotraffico”. Dalla foglia di coca viene tutto questo male?
Nella parte occidentale del mondo la coca e la cocaina sono i due motori principali del narcotraffico, che è la fonte più importante di finanziamento di tutte le criminalità organizzate in tutte le loro espressioni. Non ci sono forme di criminalità organizzata che non abbiano a che fare con il narcotraffico, anche per ragioni di efficienza: nei Caraibi nessuna barca veloce andrà vuota dalla Florida verso il Messico e dal Messico verso le coste della Colombia per caricare cocaina. È chiaro che, per ragioni di logistica, questi mezzi vanno sì per caricare cocaina, ma mentre vanno portano anche armi, precursori chimici ed altre merci egualmente illecite. Anche i crimini emergenti, nuovi, come i crimini ambientali, il riciclaggio di denaro e i crimini relativi alla contraffazione - che in totale gestiscono molto più denaro del narcotraffico -, in tutti i Paesi del mondo si basano sulla disponibilità di contante che viene dal piccolo cabotaggio, dalla piccola distribuzione di droghe. Il ricavo, teoricamente illecito, delle droghe viene tutto dalla distribuzione, mentre - questo è importante - il coltivatore di coca non vede neanche un millesimo del mercato mondiale delle droghe illecite; perciò non c’è neanche un minimo di ritorno o di riduzione della povertà per i poveri coltivatori. Costoro non guadagnano di più di quanto guadagnerebbero coltivando riso o patate, anzi, guadagnano in realtà di meno. Il grande business viene realizzato ben lontano dalla produzione della foglia, nella fase della distribuzione dell’estratto dell’alcaloide della cocaina.
Questo retroscena del narcotraffico è poco conosciuto. Qual è l’impatto della coltivazione della coca nell’economia della Colombia?
Anche nel periodo del boom del narcotraffico andino, in Colombia non si è arrivati all’1% del PIL. Sul piano economico, quindi, la coltivazione della coca è sempre stata una questione assolutamente marginale, perfino sul piano della utilizzazione della terra. Quando si pensa alle sconfinate pianure di coca, bisogna sapere che in realtà non sono mai stati impegnati più di 100.000 ettari di terra, una quantità microscopica rispetto ai 1.200.000 kmq di territorio colombiano, di cui circa il 40% è coltivabile.
Scambi al mercato
Su quali fronti si può agire per contrastare il narcotraffico?
Molte delle contraddizioni che vediamo oggi nella globalizzazione e nelle ingiustizie globali trovano soluzione solo in una forma di responsabilità e partecipazione da parte dei cittadini di ogni parte del mondo, che devono capire - quindi educarsi - alla complessità della globalizzazione, capire le proprie responsabilità personali. Oggi l’educazione civica non è insegnare ai bambini a non buttare la carta per terra, è sapere se la banca dove metto il denaro della mia famiglia è una banca armata che trasforma i risparmi di un cittadino onesto in traffici di armi illecite, se è una banca tollerante verso il riciclaggio di denaro, ecc.
L’educazione alla legalità deve raggiungere tutti i giovani, in modo che un giovane sappia che ogni volta che mette le sue narici nella cocaina sta, di fatto, ammazzando un indigeno in Colombia, cioè sta finanziando la guerra dei narcotrafficanti contro le popolazioni indigene, e sta rubando il futuro a una generazione di bambini non ancora nati in Colombia. Se la Colombia rimane con questa fame di corruzione e di narcotraffico, non arrivano più i finanziamenti stranieri, e se non arrivano più i finanziamenti stranieri non ci sarà lavoro per quelli che non sono ancora nati, cioè per le prossime generazioni. Questa è una responsabilità difficile da capire a prima vista. Il libro cerca di aiutare alla comprensione di questa complessità, in modo che chi fa un atto che sembra innocuo e senza vittime, cioè annusare un po’ di droghe naturali che vengono dall’antica coca, in realtà si renda conto che partecipa ad un fenomeno di abuso fondamentale di diritti umani in un’altra parte del mondo.

Mi ha colpito il suo libro quando dice che per capire la complessità del narcotraffico bisogna “imparare a voler bene ai popoli andini”. Un approccio nuovo, insomma.
Un approccio che in realtà da noi c’è già. Nessuno a Torino parlerebbe di slow food, o di ricette originali torinesi, senza capire la cultura piemontese che c’è dietro. Io sono genovese, non si può capire pesto e basilico e come lo trattiamo nella nostra salsa preferita senza capire la cultura dei genovesi in un preciso momento storico e nel mondo. Lo stesso vale per le droghe. Bisogna capire ed amare la gente che c’è dietro, non considerarla criminale e capire che si tratta di contadini disperati che cercano, più che una donazione, una responsabilità da parte nostra nell’accompagnarli in questo cammino di etica globale e di verità globale, di cui il mondo ha un gran bisogno.

intervista a Sandro Calvani
a cura di Claudio Maria Picco
da Nuovo Progetto gennaio 2009

Sandro Calvani SANDRO CALVANI
Nato a Genova nel 1952, biologo, è specializzato in Ecologia presso la Colorado State University e in Gestione dei conflitti e delle crisi umanitarie alle università di Lovanio e di Harvard. Ha scritto 19 libri e oltre 600 articoli sui temi di sviluppo, crisi umanitarie, traffici illeciti e crimini internazionali. Ha vissuto e lavorato in oltre 130 Paesi sempre osservando i fatti e le opinioni dalla parte delle vittime. Di lui un giornale colombiano ha scritto: “è il primo cittadino globale che conosciamo che vede la realtà con il cuore e gli occhi di chi vive e cerca di spiegarla prima ai più deboli, senza preoccuparsi di guadagnare la simpatia dei potenti”. Dal 2007 è direttore dell’UNICRI.
www.unicri.it

Di Sandro Calvani vedi anche:

COLOMBIA: tra miti e realtà
ONU: una Dichiarazione per tutti (intervista)
ONU: la pace conviene (audio)

 

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok