La festa dopo il tramonto

Pubblicato il 14-09-2022

di Marco Grosseti

Hassna è una delle prime bambine che abbiamo conosciuto quando abbiamo iniziato a giocare lungo le strade del quartiere multietnico che si sviluppa attorno all'Arsenale della Pace. Oggi si è laureata in Scienze Infermieristiche alla Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo, ospedale di Torino convenzionato per questo percorso di studi con l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Corone d'alloro e mazzi di fiori, lo champagne per brindisi e cin-cin, i selfie con parenti ed amici, dottori e dottoresse pronti a festeggiare subito, ed altri come lei destinati ad aspettare ancora qualche ora, dato che il grande evento è caduto in pieno Ramadan. Nelle prime file dell'auditorium dove hanno avuto luogo discussione e proclamazione, c'erano anche i veli colorati della sua mamma e delle sue zie.

In uno dei suoi libri, il giornalista Domenico Quirico, facendo riferimento al fenomeno della radicalizzazione dei giovani appartenenti alle seconde generazioni di immigrati cresciuti in Europa parla di «emarginazione non economica ma umana, psicologica»: l'intima sensazione di essere allo stesso tempo sopportati e commiserati, il sospetto e il disprezzo che leggono nello sguardo della gente quando salgono in autobus, si presentano per un colloquio di lavoro o sono in fila all'ingresso di una discoteca. La percezione di un senso di inferiorità e soprattutto di profonda solitudine, un vissuto che rischia di alimentare ed amplificare soprattutto nelle grandi città europee fenomeni di devianza, marginalità, ghettizzazione.

Sono tanti i giovani come Hassna, nati e cresciuti in Italia o arrivati nel nostro Paese quando erano ancora bambini, che stanno provando a rompere questo circolo, dove lo svantaggio linguistico, culturale ed economico che tanti minori e le loro famiglie vivono, determinano una condizione di povertà, esclusione, subordinazione che si tramanda di padre in figlio. Alcuni di loro seguono corsi di studio in lingua inglese presso l'Università degli Studi di Torino e potrebbero essere i primi della famiglia a raggiungere l'ardito traguardo del titolo magistrale, anche se i loro genitori dopo una vita in Italia, fanno ancora fatica a capire ed a farsi capire nella lingua del Paese dove stanno passando la maggior parte della loro vita.

Diverse donazioni hanno permesso di attivare borse di studio per sostenere il loro percorso, alcuni professionisti hanno dato la disponibilità per percorsi di tutoraggio che accompagnano gli studenti nella loro avventura accademica. Hassna ha aspettato l'arrivo della notte per festeggiare insieme alla sua famiglia, ma anche ai compagni di corso con cui ha condiviso per anni esami e lezioni, la paura di non farcela, l'orgoglio per avere superato l'ultima prova e le congratulazioni per la gloria finale.

Il sociologo Zygmunt Bauman ha scritto che «il ghetto non è una casa di sentimenti comuni. Al contrario, è un laboratorio di disintegrazione sociale, atomizzazione e anomia». Abbiamo tutti bisogno di appartenere a qualcosa per sopportare la marginalità esistenziale in cui viviamo. Una naturale forma di narcisismo ci porta a voler piantare la bandierina sopra la montagna per affermare, almeno per un attimo, la nostra supremazia. Da soli non possiamo farlo, per riuscirci abbiamo bisogno di qualcuno che ci protegge e ci guarda le spalle, di sentirci in un posto dove tutti quelli che ci circondano non desiderano altro che il nostro bene.


Marco Grossetti
NP maggio 2022

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