La foresta che cresce

Pubblicato il 05-06-2022

di Valentina Turinetto

L’uomo che piantava gli alberi parla di un pastore che nella sua semplicità riesce a cambiare un pezzo della sua terra: giorno dopo giorno semina nuove piante e alla fine della sua vita lascia alle generazioni future una foresta. È un racconto romantico di Jean Giono che sottolinea lo stretto legame che c’è tra l’uomo e la natura.
Eppure, possiamo vedere questo racconto come l’anticipazione di un approccio, tecnicamente chiamato “afforestazione”, che sta prendendo piede anche a livello internazionale. Non sono pochi gli enti di ricerca che svolgono studi in questo settore, come anche le imprese interessate ad applicare questa strategia per ammortizzare le emissioni di anidride carbonica.

Diverse sono le strade che si stanno percorrendo per ridurre le emissioni di gas serra ed evitare che le temperature globali aumentino ulteriormente. Una di queste prevede di sfruttare la capacità degli alberi di assorbire e immagazzinare la CO2 atmosferica. Gli alberi hanno infatti non solo la capacità di fissare attivamente la CO2 atmosferica, come tutte le piante, ma anche di immagazzinarla per tempi potenzialmente lunghissimi nei loro fusti, nel suolo e, alla loro morte, nei prodotti legnosi.
Per agire in modo responsabile è importante considerare e chiarire alcuni aspetti di questo processo.
Prima di tutto è necessario sottolineare un aspetto sulle tempistiche: gli alberi assorbono sempre anidride carbonica, ma il processo aumenta in modo significativo solo quando l’albero supera i vent’anni di vita. Se è vero che un albero può sottrarre oltre 100 kg di anidride carbonica in un anno, sicuramente si sta parlando di un albero alto almeno 30 metri e probabilmente centenario. Quindi è importante che si facciano invecchiare le foreste già presenti prima di abbatterle e che si mantengano in piedi il maggior numero di alberi nelle aree disboscate. Oltre all’età, la capacità di fissazione del carbonio varia molto in funzione delle specie, delle condizioni ambientali e della fertilità del suolo; questi sono tutti parametri da considerare nella scelta delle aree su cui agire.

L’afforestazione è diversa dalla deforestazione: mentre la deforestazione prevede di rimpiazzare alberi in un luogo in cui erano già presenti in passato, l’afforestazione prevede di piantare alberi dove prima non ce n’erano. È quindi rilevante considerare che le nuove piante non danneggino gli ecosistemi, la biodiversità e il paesaggio locale. Inoltre, quando si lavora il terreno per preparare l’introduzione di nuove piante, si rilascia una parte del carbonio immagazzinato nel suolo; è auspicabile quindi praticare l’afforestazione in aree con bassa biodiversità e con scarsi depositi di carbonio nel suolo.
Quindi, solo agendo sull’ambiente in modo responsabile e favorevole al suo benessere globale, possiamo rilassarci e guardare crescere le foreste.


Valentina Turinetto
NP febbraio 2022

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