La musica che non c’è - David Gray
Pubblicato il 11-08-2012
di Gianni Giletti - White ladder, RCA - 2000. Il gusto per la ballata lenta, romantica non muore mai, per fortuna. Ci permette di vivere i momenti della nostra vita accompagnati da una colonna sonora che ne esalta l'umore.
Questo vale anche per questo disco, cantato e suonato con tanto cuore e anche con tanta passione. Pochi elementi (chitarra, voce e una ritmica molto discreta) bastano per confezionare un opera semplice ma potente nelle immagini che evoca.
David Gray, inglese, 31 anni, è al suo quarto disco e per essere uno che al college suonava in un gruppo punk, beh, di strada ne ha fatta. La sua voce è evocativa (non trovo un altro termine per descriverla), ti regala cioè delle immagini prima ancora di capire cosa dice. Tutte le canzoni e le musiche sono scritte dal Nostro, con qualche raro aiuto esterno. L'unica cosa che "stona" è il fatto che in due suonano tutti gli strumenti, il che vuol dire o che sono dei fenomeni o che qualche suono è campionato. Ma, visto il risultato, è una "stonatura" che si può perdonare.
David Gray, inglese, 31 anni, è al suo quarto disco e per essere uno che al college suonava in un gruppo punk, beh, di strada ne ha fatta. La sua voce è evocativa (non trovo un altro termine per descriverla), ti regala cioè delle immagini prima ancora di capire cosa dice. Tutte le canzoni e le musiche sono scritte dal Nostro, con qualche raro aiuto esterno. L'unica cosa che "stona" è il fatto che in due suonano tutti gli strumenti, il che vuol dire o che sono dei fenomeni o che qualche suono è campionato. Ma, visto il risultato, è una "stonatura" che si può perdonare.
di Gianni Giletti