La porta bassa

Pubblicato il 24-08-2020

di Flaminia Morandi

Perché leggere e meditare la Parola di Dio nell’Antico Testamento? Perché, se ci sembra a volte così primitiva, rocciosa, o addirittura urtante? Noi, abituati a ben altro stile di narrazione, dai poemi epici ai grandi romanzi moderni?
I midrashim, i commentatori ebrei della Bibbia, fratelli maggiori degli esegeti cristiani, dicono che ogni versetto della Torah (per i cristiani i primi 5 libri della Bibbia) ha 70 significati: 70, cioè infiniti, nella simbologia ebraica dei numeri.

Non potrebbe essere altrimenti, perché l’infinito stesso si contrae nella Torah per parlare il linguaggio degli uomini, dice il Talmud, il libro più importante della tradizione ebraica. Che poi è il compendio di una serie di discussioni tra due o più maestri, tra due o più scuole, tra due o più correnti di pensiero, spesso in opposizione tra di loro: perché tutte le opinioni sono lecite. Insomma, se anche un solo lettore diserta la lettura della Bibbia, si assume una bella responsabilità: sottrae alla comunità il significato che lui e lui solo avrebbe portato, privando tutti di una ricchezza in più. Tutti sono chiamati all’interpretazione!

Per i Padri cristiani era lo stesso. Efrem, la “colonna della Chiesa siriaca, l’arpa dello Spirito Santo”, nel IV secolo scriveva: “Se esistesse un solo significato per le parole della Scrittura, allora il primo commentatore lo scoprirebbe e gli altri uditori non avrebbero né il faticoso lavoro della ricerca, né il piacere della scoperta. Piuttosto, ogni parola di nostro Signore ha la sua forma e ogni forma ha molte membra, e ogni membro una sua fisionomia. Ognuno comprende secondo la sua capacità e interpreta come gli è concesso”. Dunque, non solo la Scrittura va letta, ma va letta e riletta lungo il corso della vita, perché ciò che era chiuso a 20 anni può aprirsi a 50. C’è una relazione fra il livello di comprensione e la crescita interiore. Sant’Agostino racconta che quando abbordò la lettura della Bibbia ne ebbe una pessima impressione: “Mi pareva che non reggesse il confronto con l’eleganza dello stile ciceroniano”.

E in seguito capirà il motivo della sua difficoltà a entrare nella Scrittura: “Non ero in condizione… di curvare la fronte dietro le sue orme… La mia boria rifuggiva da quelle forme letterarie… Invece essa è di tale natura che si fa grande con i piccoli, ed io disdegnavo di farmi piccolo e, gonfio di vanità, mi credevo chissà che cosa”.
Per entrare nella porta bassa della Bibbia bisogna chinare la testa. È la logica del farsi piccoli che segna tutta la parabola dell’incarnazione, indispensabile per entrare nel mistero della Parola fatta carne e delle Scritture. Ma ci si fa piccoli solo se si ama, dice Efrem: “La tua fontana, Signore, è nascosta per chi non ha sete di te... È l’amore il tesoriere del tuo tesoro celeste”.

Flaminia Morandi
NP marzo 2020

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