Lavoro: la sua dignità, tra le cartacce sparse sui binari...

Pubblicato il 31-08-2009

di andrea


Perché non può essere competitivo un mondo del lavoro imperniato sui diritti e sui doveri? Fin dove si deve negoziare per far quadrare i conti? Dove ci si deve fermare per non contrattare il fattore umano?... Queste ed altre domande per riflettere sul tema “Lavoro”.




 
 Sono passato anch'io tra le cartacce per terra della stazione cittadina, a causa dello sciopero ad oltranza del personale delle pulizie in stazione e sui treni. Questo comparto rischia un salasso di circa 3 mila posti in tutta Italia. Ai Tg abbiamo ascoltato le voci talora esasperate di papà di famiglia, a rischio di disoccupazione in questo settore. La protesta poi è tentata di assumere toni forti e provocatori. Il mio convoglio non ha subito ritardi. Ma i commenti raccolti erano ovviamente di segno opposto. Molti, troppi erano gli irati per l'agitazione. Pochi a comprendere le ragioni di chi può trovarsi sul lastrico da un giorno all'altro. Poi si è ottenuta una proroga. Molti l'hanno interpretata come una "agonia" di altri tre mesi.

La situazione, come sempre in materie simili, è complessa. Ma il dato inquietante resta quello di autentici drammi umani e familiari. E la sequenza di settori in "crisi", con conseguenti pesanti ristrutturazioni, non conosce tregua. Il quadro è punteggiato in misura marcata da "buchi neri", che chiudono prospettive di occupazione, per aprire altri scenari (non sempre precisati).

 
 
 
Intanto, la nostra società è costretta a misurarsi con il "nodo" cruciale del lavoro,
in un'altalena di contraddizioni difficilmente spiegabili. Tra rigidità a senso unico e mano libera senza scampo. Si dice che occorrono decine di migliaia di immigrati per lavori necessari (in maggioranza stagionali, ma anche faticosi, duri, debilitanti...). Poi si "taglia" e si "ristruttura" con altissimi costi umani appunto, con lacrime e disperazioni, con ferite e delusioni profonde.
 
 

Si sentono richiami insistenti alla competitività, ormai parola chiave di tutto questo orizzonte sociale fattosi un gran mercato. Ma alla fine chi ci guadagna? Non le due impiegate assunte dal supermercato in USA che vengono pagate un terzo dell'impiegata che è stata licenziata per far posto ad entrambe. E non si dica che così cresce l'occupazione! Aumenta la precarietà. Si entra nella giungla. Si patiscono i ricatti del denaro a più non posso. Si finisce per ammettere "meglio poco che niente". Ma qui si è su quel versante del lavoro che non è equiparabile ad una merce, da vendere e comprare. Il lavoro è diritto-dovere dell'uomo. Il lavoro è dignità della persona. Il lavoro fa uscire dalla precarietà. Il lavoro dà certezze e futuro alla famiglia. Il lavoro è un fattore umano non barattabile.

Eppure, oggi, questi capisaldi sembrano sepolti dentro il turbinio del mercato che preme. Persino gli immigrati devono trovare posto in Italia soltanto se sono braccia per lavorare. Finito il compito, potrebbero anche tornarsene al loro Paese. In attesa di rientrare, per altri lavori, per altre stagioni, per altre incombenze. Non sarebbero persone, con un mondo umano alle spalle, con una famiglia, con degli affetti, con dei legami, con dei progetti... No, possono lavorare e basta. Se non si fa attenzione, passa un convincimento soft per cui il lavoro non è dignità ma affare. Gli affari sono regolati rigidamente dal dare e dall'avere. Il lavoro però è fatto dall'uomo. In esso sta gran parte della persona, ci stanno 8 ore giornaliere, ci stanno sudore e competenze, professionalità e dedizione. Allora il lavoro è solo contrattabile? Da inguaribili utopisti diciamo di no.

Ma il mercato imperversa. E forse anche il sindacato deve ritrovare orizzonti più ampi e più profondi, senza tutelare solo chi il lavoro ce l'ha già, senza dimenticare chi deve trovare un'occupazione. Ma ponendo la questione della dignità del lavoro, soprattutto. Ed anche il braccio di ferro sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori deve approdare ad una consapevolezza, che sa di sfida:
· perché non può essere competitivo un mondo del lavoro che è imperniato sui diritti e sui doveri?
· Fin dove si deve negoziare per far quadrare i conti e dove ci si deve fermare per non contrattare il fattore umano?
· E soprattutto dove vanno i vantaggi di queste contrattazioni?
· La logica del mercato è proprio inarrestabile?

Corrado Avagnina

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