L’estasi di Gianluca

Pubblicato il 31-08-2009

di bruno


Il 18 marzo, presso la Biblioteca Astense, si è tenuta la presentazione del libro di poesie scritto dagli amici detenuti del Carcere di Quarto (Asti) intitolato “Segnali di vita dal pianeta Sedna”…

Gianluca e Gimli (de “La Gazzetta Dentro”)

Vi proponiamo l’intervista a Gianluca, il detenuto incaricato della presentazione del libro.
A questo avvenimento ha partecipato un detenuto, che ha beneficiato di un permesso di qualche ora così da essere presente in biblioteca e poter leggere la sua, e altre nostre composizioni. Dal nostro punto di vista, questa è stata l’azione che ha dato un senso a tutta la manifestazione.

Ho immaginato Gianluca, nel momento in cui ha varcato la soglia del carcere, quando è entrato nella biblioteca, quando ha letto alcune poesie, quando chi lo ascoltava ha applaudito… Immagino con una certa dolcezza che lui sia stato in estasi… Si, in estasi. Ma ho voluto porre direttamente a lui qualche domanda, cercando di capire e condividere le sue sensazioni.

Gianluca, cosa hai provato una volta varcato il portone del carcere?

Si dice che, la prima volta che si varca il “portone”, istintivamente ci si volti indietro verso il carcere, proprio perché l’impatto con gli spazi aperti è forte, quasi per un inconscio timore verso il mondo esterno. Non mi sono voltato indietro, ma l’impatto è stato veramente forte, ero emozionatissimo, non riuscivo a credere che dopo oltre 5 anni stavo uscendo dal carcere, anche se per poche ore, con le mie gambe invece che sopra un furgone penitenziario e con le manette… Ho respirato l’aria a pieni polmoni, ero frastornato. Per sintetizzarti le mie sensazioni, come hai scritto tu nella prefazione di questo articolo, ti direi che ero in “Estasi”. Ritengo che tu abbia centrato perfettamente la mia sensazione di quel momento.

Qual è stato il tuo impatto con l’esterno, la luce, il vedere persone, la differenza con l’interno, come hai vissuto tutto ciò?

Come ho detto prima l’impatto è stato molto forte; il tempo era fantastico, un bellissimo sole e una temperatura quasi estiva; ad attendermi all’esterno del carcere c’era un’assistente volontaria che in macchina mi ha portato alla Biblioteca Astense. Salire sopra una macchina, allacciarsi le cinture, azioni ordinarie che fanno parte della quotidianità della vita, ma che ho vissuto quasi come se le stessi facendo per la prima volta, incrociare gli sguardi della gente, entrare nei negozi, attraversare la strada in mezzo al traffico. Dopo che passi molto tempo in carcere si perde la nozione del tempo, perché le giornate sono pressoché tutte uguali, stessi orari per “andare all’aria”, stessi orari per le docce, stessi orari per mangiare, per fare la maggior parte delle cose bisogna chiedere… Rapportarsi di colpo nuovamente con i ritmi caotici e frenetici del mondo esterno ti lascia frastornato, quasi a disagio. Impattarsi nuovamente con la vivacità della vita “reale” inizialmente ti stordisce. All’interno del carcere la vita si vive quasi in modo “ovattato”, in un certo senso è come stare in un mondo fuori dal mondo, anche se come citava Dostoievskj “Il carcere è lo specchio della società”.

Come ti sono sembrate le persone nei tuoi confronti, hai notato qualcosa di particolare nel loro comportamento, nei loro volti?

All’evento erano presenti molti invitati, molti volti mi erano sconosciuti e proprio in questi ultimi ho letto varie espressioni: sorrisi sinceri, sorrisi formali e forzati, indecisione, curiosità, quella che scaturisce da ciò o da chi non conosci, per istinto l’essere umano ha timore di ciò che non conosce. Leggevo nei volti di chi mi osservava quella domanda che sorge spontanea quando si sa di avere di fronte un “carcerato”, per quale motivo, o per meglio dire per quale reato ho trascorso e devo ancora trascorrere degli anni in carcere, ma tutto ciò e normale. Mi hanno presentato molte persone, vicesindaco, assessori, questore, sono stati tutti molto gentili nei miei confronti, non posso dire il contrario, ma purtroppo quelli come “noi” hanno bisogno di fatti e tempo per dimostrare che hanno definitivamente dato un taglio con la vita del passato, per sfatare quei preconcetti e stereotipi su chi è stato in carcere.

Come ben sai, essendone stato uno degli artefici, questo libro ci ha impegnato per dei mesi, ritieni che il messaggio che volevamo mandare all’esterno e cioè che siamo “esseri pensanti” sia stato recepito?

Non posso negare che ad Asti e dintorni la sensibilità nei confronti del pianeta carcere è molto forte; già nell’ottobre 2003 Asti è stato sede di un convegno sul Carcere e le sue problematiche; varie istituzioni stanno collaborando con il carcere di Quarto.
Penso che un po’ alla volta la gente stia incominciando a capire che nelle carceri non ci sono “delinquenti e criminali”, ma ragazzi, uomini, donne che hanno fatto degli errori, a volte per scelta, a volte per circostanze, per contesti familiari sbagliati, ma nonostante questo hanno un cervello, provano emozioni e sentimenti ed hanno voglia di rinascere dai propri errori, essere delle persone migliori per far si che la loro stessa vita sia migliore.

Purtroppo, per ragioni di “palinsesto”, prima della lettura delle poesie non mi è stato concesso di fare una piccola premessa, questa è stata fatta dal poeta Eandi, anche se penso sarebbe stato più giusto la facessi io: la mia presenza non significava solo la mia persona, ovvero un fortunato fra i tanti a cui è stata concessa la possibilità di trascorrere alcune ore fuori dal carcere, ma rappresentavo tutti i miei compagni che hanno partecipato alla realizzazione di questo libro, che hanno esternato i loro pensieri, emozioni, dolori e speranze; ed insieme vogliamo rappresentare tutti quei detenuti che desiderano veramente una vita migliore… Pazienza non si può avere tutto!

Dopo questa esperienza, come vivi la quotidianità all’interno del carcere?

Le mie giornate all’interno del carcere trascorrono come sempre tra lavoro, studio e ginnastica, ma indubbiamente ora il senso di libertà è molto più forte, si è risvegliato; quando sai che devi trascorrere molti anni in carcere ti distacchi un po’ dal mondo esterno, proprio per soffrire di meno, il distacco è una forma di difesa, ora che ho vissuto quest’esperienza immediatamente è apparso il forte desiderio di ritornare ad una vita libera e normale.

Qual è il ricordo che ti porti dentro?

Queste poche ore trascorse fuori dal carcere mi hanno fatto vivere un insieme di emozioni contrastanti, è stato tutto così veloce e travolgente che a volte mi sembra che non sia successo; ad ogni modo fra tutte le emozioni belle che ho provato, una mi è rimasta impressa più di tutte, o per meglio dire un episodio che si è verificato dopo la lettura delle poesie: tutti si stavano complimentando con me per la buona interpretazione delle poesie, gli educatori, gli ass. volontari, assessori, vescovo e gli altri invitati… uscendo dalla biblioteca mi è venuta incontro una donna, per niente appariscente, intorno ai 35 anni, non faceva parte degli invitati – perché avevo osservato i volti di tutti prima che iniziasse la presentazione del libro –mi ha stretto la mano e dopo essersi complimentata per le poesie, in un modo molto semplice e soprattutto sincero mi ha augurato buona fortuna, ha fatto tutto ciò in modo così naturale che mi sono sentito quasi in imbarazzo.

Il ricordo meno bello, se c’è…?

È stata quella sensazione di disagio, il cercare d’apparire il più disinvolto possibile tra la gente, mentre invece ero “impacciato”… per citarti un piccolo aneddoto, all’interno della pizzeria dove abbiamo concluso la serata, prima di recarmi al tavolo ho fatto alcune telefonate a mia madre, mia sorella; il telefono era a scatti, al momento di pagare le telefonate, per un importo di € 5,85, ho estratto dalle tasche una banconota da € 5,00 poi cercavo di dargli il resto tra le monete che avevo in mano, quando sono entrato in carcere c’erano ancora le lire, era quindi la prima volta che avevo tra le mani gli euro, il padrone della pizzeria mi ha guardato in viso, mi ha detto: “Ho capito” e mi ha preso le monete dalle mani dandomi poi il resto… Questa sensazione mi ha fatto percepire il distacco, ma è stato un solo momento, e siccome sono un ottimista mi sono detto: “La prossima volta sarò meno impacciato…”.

Grazie Gianluca!
Grazie a te Gimli


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