Lourdes 150 anni dopo / 2

Pubblicato il 31-08-2009

di Aldo Maria Valli


67 miracoli in 150 anni. Ma chi viene a Lourdes dice che il vero miracolo è l’amore, la condivisione, la serenità. Il servizio del vaticanista di RAI UNO.

di Aldo Maria Valli

Era l’11 febbraio 1858centocinquant’anni fa – quando una ragazzina di nome Bernadette, povera e malaticcia, vide una bella e giovane signora con la veste bianca e la fascia azzurra. Il villaggio di Lourdes era veramente sperduto e sconosciuto. Come Nazareth, d’altra parte, come Betlemme.
La notizia della visione si diffuse in un baleno. Dopo il primo incontro con la signora vestita di bianco, Bernadette ne ebbe altri. La folla andò aumentando. E la gente inevitabilmente si divise: i sostenitori da una parte, gli scettici dall’altra.

Di fronte al mistero è così anche oggi
. Ma intanto Lourdes è cresciuta, e adesso, nell’anno del giubileo per il secolo e mezzo passato da quella prima apparizione, le cifre sono impressionanti: più di sei milioni di pellegrini all’anno, 84 mila volontari, offerte per 15 milioni di euro, due milioni e mezzo di ostie distribuite durante le messe celebrate al ritmo di cinquanta al giorno, 700 tonnellate di candele accese.
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In un secolo e mezzo la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente meno di settanta miracoli. Percentuale insignificante rispetto alla massa di persone che si sono recate qui e continuano a venirci in pellegrinaggio. Ma allora perché Lourdes? Perché questo fenomeno che non conosce crisi né pause?

Tra i tanti pellegrini di ogni parte d’Europa e del mondo incontro Maria, mamma non vedente, e una volta anche non credente, come dice lei stessa. È di una città del sud Italia e viene qui da quattro anni.
“Io ero molto lontana da Dio. Poi, grazie a un cammino di fede che mi è stato proposto ed ho accolto, è arrivata la conversione e ho incominciato a vedere. No, non con gli occhi, perché quelli non vedono più, ma con la fede. Ho visto la luce di Dio. E tuttavia ancora non mi bastava. Era come se avessi bisogno di qualcosa di più forte. Qualcosa che ho trovato proprio qui a Lourdes, nei corpi martoriati dei miei fratelli e delle mie sorelle. I nostri corpi sono come vasi che possono nascere difettati o diventarlo dopo un po’. Lourdes mi ha fatto capire che dentro questi vasi c’è un tesoro prezioso che è l’anima, e se quest’anima è ancorata a Dio la sofferenza non riesce a rovinarla. Anzi, la rende più bella”.

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Siamo di fronte al santuario, in una bella giornata di cielo terso. Le colline fanno da corona verde al luogo sacro. Descrivo la scena a Maria ma lei mi dice: “Considera comunque che Lourdes non finisce qui. Continua anche dopo, anche nella mia città. È bello perché i volontari ti chiamano, ti vengono a prendere, mangiamo la pizza, andiamo a visitare qualche santuario”.

Signora Maria, che cosa la spinge a tornare ogni volta qui a Lourdes? In fondo i pellegrini fanno sempre le stesse cose…
“Io torno per l’amore che c’è qui. Un amore che dà pace, tanta pace”.
E che cosa si porta via da Lourdes dopo ogni visita?
“Tante emozioni, tante storie di vita. E tanti volti, che io non vedo con gli occhi ma ho ben presenti davanti a me”.
Ma in un posto come questo, dove le persone fanno i conti a ogni passo con la sofferenza, una donna come lei, già in difficoltà, non corre il rischio di sentirsi peggio?
“No, no! La sofferenza condivisa è meno sofferenza. Come la gioia condivisa è più gioia. Tante volte di fronte a una disabilità le persone si bloccano. È questo che fa soffrire di più la persona malata o inferma. Si crea una barriera, c’è una divisione. Qui invece tutte le barriere cadono”.

Sandro, marito di Maria, ricorda che dodici anni fa, quando la moglie si ammalò e cadde nel buio, ci fu un periodo di smarrimento per entrambi. Poi però l’esperienza della sofferenza li unì ancora di più: “Quando c’è l’unità – dice – si trova anche la forza”.
Sandro spiega di essere devoto alla Madonna di Lourdes fin da quando era bambino. Viene qui, dice, ed è come se facesse il pieno di energia per andare avanti.

Ma non le sembra strano, signor Sandro, ricaricarsi in un posto dove c’è tanta sofferenza?
“Eh, sembra strano sì, però nella nostra vita, in questa nostra vita sempre così frenetica e percorsa dal consumismo, in questo vita in cui la gente non è mai contenta e vuole sempre di più, qui a Lourdes si torna con i piedi per terra. Qui si riflette, si fa pausa, e ci si chiede: ma che cosa vogliamo veramente dalla nostra vita? Così quando torniamo a casa tutto ci è più chiaro, le cose tornano al loro posto”.

E quando lei dice ai suoi amici e conoscenti di essere stato a Lourdes che cosa le rispondono, come la giudicano?
“Qualcuno ride, ma io dico sempre che recarsi a Lourdes fa bene a tutti, anche ai non credenti. Fa bene allo spirito”.

A Lourdes la condivisione è una realtà
. Anche il male, certo, è una realtà. Ma qui sembra come diluito. Proprio qui, dove c’è una concentrazione inaudita di male e di sofferenza, il dolore sembra meno opprimente, meno crudele. Perché è condiviso, perché è come se tutti lo caricassero sulle proprie spalle.

Lourdes è difficile da descrivere, anche perché il contrasto tra l’atmosfera di spiritualità che si respira nell’area sacra e il mercato sorto tutto intorno è molto forte.
Con i suoi 230 hotel, Lourdes è dopo Parigi la seconda località della Francia con il maggior numero di alberghi, prima di Cannes e Nizza. Una stima approssimativa dice che in un secolo e mezzo i visitatori qui sono stati più di 700 milioni.

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Ma chi frequenta Lourdes non si scandalizza della commistione sacro – profano. Soprattutto non si ferma a questa dimensione, ma guarda più in alto.
E quando arriva il momento di tornare a casa, sente di aver fatto il pieno non tanto di statuine e altri souvenirs, ma di qualcosa che non si può descrivere.
Aldo Maria Valli
Lourdes 150 anni dopo/1
Per approfondire :
www.lourdes2008.com
www.unitalsi.it

 

 

 

 

 

 

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