L’uomo saggio, le pecore e il rumore

Pubblicato il 13-10-2011

di Aldo Maria Valli

di Aldo Maria Valli - Ci sono vari tipi di silenzio, dal Big Bang alle pecore, tutti da ascoltare.


pecore.jpgVi è mai capitato di ascoltare un gregge che cammina? Avete capito bene: ho scritto “ascoltare”, non “vedere”. A me succede, qualche volta, mentre pedalo sulla pista ciclabile. Sui prati alla periferia della grande città ci sono ancora pastori, quasi tutti provenienti dall’est europeo, che conducono al pascolo le pecore, e così mi fermo ad ascoltare: le zampe di un intero gregge che cammina sull’erba producono un fruscio molto simile allo scorrere dell’acqua, un rumore leggero e costante, che comunica un senso di tranquillità. Se chiudi gli occhi, ti sembra quasi di essere accanto a un ruscello.

Ecco, quando penso al silenzio io penso alle  pecore che zampettano sull’erba. Per me il silenzio non è mancanza assoluta di rumore. È, piuttosto, il riuscire a cogliere i rumori meno usuali, i più discreti e misteriosi, quelli che, per essere percepiti, hanno bisogno di attenzione e sensibilità (oltre che di buone orecchie, naturalmente).
Per chi, come me, vive in una grande metropoli, la ricerca non è facile. I decibel impazzano e noi viviamo come immersi in un pentolone di suoni sovrapposti, confusi ed esagerati. Ma proprio per questo mettersi in ascolto dei meno udibili è divertente e appassionante.

La parola silenzio inizia per S, il suono che emettiamo quando, con il dito indice davanti alle labbra, chiediamo di fare silenzio. Una S strascicata diventa un sibilo, parola onomatopeica come il sussurro. Per S incominciano anche le parole sacro e sonno, che hanno tutte a che fare con il silenzio. La S mi è sempre stata simpatica e, chissà, forse è per questo che mi sono scelto una moglie di nome Serena.

Il silenzio assoluto, la mancanza totale di suoni e rumori, non è di questo mondo. Provate a rintanarvi in una stanza, isolandovi da tutto e da tutti. Qualche rumore, prodotto da qualche parte, vi raggiungerà sempre. Quello di silenzio è dunque concetto relativo. Ci sono diversi gradi di silenzio, ma il grado zero è praticamente irraggiungibile ed è incompatibile con la vita.
L’uomo saggio (ancora la S!) non cerca il silenzio in quanto tale, ma ne apprezza il contributo. Il silenzio è l’amico del pensiero e della riflessione. Ma può anche far paura. E’ temuto da chi non ama stare solo con se stesso, forse perché non sa o non vuole riconoscersi. Ecco perché in genere è l’immaturo e il debole che si imbottisce di rumori.

Conosco persone molto buone e brave, ma che non sanno stare in silenzio. Hanno sempre bisogno di parlare, perché il silenzio le mette a disagio. Forse perché il silenzio, in un certo senso, ti spoglia, mentre le parole sono come abiti che indossiamo, uno sopra l’altro, per nasconderci.
Il fatto è che il silenzio è sincero, e quindi non è facile gestirlo.

Quando i miei figli erano piccoli, per rimproverarli usavo più il silenzio delle parole. Bastava un’occhiata e loro capivano. La vera autorità è silenziosa. La verbosità è segno di debolezza.
Il silenzio a volte è il migliore dei commenti e l’unico modo per esprimere l’inesprimibile. Infatti in questi casi diciamo: sono rimasto senza parole. Quando andò in visita al campo di sterminio di Auschwitz, Benedetto XVI disse: “In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare solo uno sbigottito silenzio, un silenzio che è un interiore grido verso Dio: perché, Signore, hai taciuto?”.

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Un urlo può essere silenzioso, come sa bene chi ha visto il terribile documento sulle reazioni di un feto che sta per essere ucciso tramite aborto, e un silenzio può produrre un rumore assordante. Il celebre dipinto di Edvard Munch, L’urlo, è solo un quadro, eppure guardando quel viso deformato noi sentiamo la disperazione e l’angoscia che produce. Invece in altri casi, magari mentre ascoltiamo per la milionesima volta un successo rock incessantemente riproposto dalle radio, non sentiamo nulla.

Una certa spiritualità orientale insegna a perdersi nel silenzio per uscire da noi stessi. E’ il silenzio della mente e dell’io. Il cristiano invece non fugge da se stesso. Il nostro Dio si è fatto uomo, e sulla croce, quando ha accettato di lasciarsi uccidere per salvare noi, ha chiesto al Padre: “Perché mi hai abbandonato?”. Gesù si è fatto talmente uomo da sperimentare il silenzio che ci angoscia di più, il silenzio di Dio.

Gli scienziati dicono che il rumore del Big Bang non è affatto big. Niente a che fare con tuoni ed esplosioni. Si tratta in verità di un mormorio. Le onde gravitazionali, fuggite via dalla materia primordiale, sono ancora in giro e lanciano un messaggio. Ci siamo messi in ascolto, hanno detto gli specialisti, ma non abbiamo sentito nulla. In attesa di antenne più potenti, mi piace pensare che tutto sia incominciato in un quasi silenzio, in un fruscio. Come quello provocato dalle pecore che camminano sull’erba.

 

Aldo Maria Valli
da Nuovo Progetto dicembre 2009

 
 
 

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