Neil Young - Harvest

Pubblicato il 02-12-2011

di gianni

di Gianni Giletti - Ci sono dei dischi che sono sogni, immagini che ci inseguono, costanti, che non ti mollano mai, anche se per qualche tempo sembrano spariti. Ci sono canzoni che sono seppellite sotto il cumulo dei tuoi ricordi, delle tue speranze, canzoni che sembrano dimenticate, ma quando suonano, anche a distanza di tempo, tutto il tuo cuore e le tue emozioni riaffiorano prepotenti.
Harvest è uno di questi dischi. Uscito nel 1972, è un disco smandrapprato (un critico vero direbbe low-fidelity!) acustico/elettrico, con chitarre approssimate, testi profondi, distorsioni appena accennate, un piano svagato ma intenso, un’orchestra che spunta dal nulla, una voce che sembra di un bambino, ma accidenti quanto ti ferisce.
Harvest è un disco che vive di contraddizioni: tenero e violento, dolce e amaro, orchestrale e trakka-trakka.
Harvest ha una poesia semplice, ma efficace, un’armonica che ti fa salire il tasso di adrenalina e malinconia a livelli di guardia. Insomma, senza esagerare, è un disco che per me è stato un’esperienza di vita, un’educazione ai sentimenti, un modo di comunicare.
Spero lo sia anche per chi lo ascolterà in seguito a queste righe e per i ragazzi che non ne sanno nemmeno l’esistenza.
Grazie di esistere, signor Young.

NEIL YOUNG
Harvest
Reprise Record  1972

 

 

 

 

LA MUSICA CHE NON C’E’ – Rubrica di Nuovo Progetto

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