No Profit!

Pubblicato il 31-08-2009

di bruno


"Volontariato" è una parola piccola
rispetto all'amore e al dono di sè
che dovrebbe contenere.



  


Fino a pochi anni fa volontariato era una parola conosciuta quasi solo dagli addetti ai lavori e ora è sulla bocca di tutti, a proposito e a sproposito. L'ho già detto che la parola volontariato non mi piace. E' una parola piccola rispetto all'amore e al dono di sé che dovrebbe contenere. Perché volontariato non è una teoria sociale né un'elemosina: è il bisogno di mettersi al servizio dell'altro per realizzare pienamente la propria umanità.
Questo bisogno è sempre esistito. La nostra società produce disagi e disastri, le istituzioni rispondono con lentezza o non rispondono affatto. Tante persone di buona volontà, credenti e non credenti, funzionano da "lievito": s'accorgono di quello che le istituzioni non vedono o non vogliono o non possono vedere e vanno incontro alle necessità del prossimo con un dono totale di sé, con una scelta di vita che è la risposta ad una vocazione.

Il primo gesto di volontariato è accaduto sulla strada che va da Gerusalemme a Gerico: buttato sulla strada, malmenato dai briganti, c'era un uomo mezzo morto. Le istituzioni e il potere passano oltre e non lo degnano di uno sguardo; passa un uomo considerato "inferiore", "impuro", addirittura escluso dalla società del tempo, e ne ha compassione. Si ferma, gli presta le prime cure, lo trasporta in un ricovero, dà i suoi soldi perché venga curato. Ecco il primo volontario.

Il volontario è "lievito": conosce la realtà, ne osserva i mutamenti, registra l'insorgere dei nuovi bisogni e dei nuovi fenomeni di emarginazione, anticipa la consapevolezza pubblica dei grandi problemi, finisce per avere una visione più completa sui reali bisogni dell'uomo e della società, un occhio allenato per capire e valutare meglio le situazioni, e quindi intervenire nel modo adatto. Per questo penso che ogni volta che Regione o Parlamento si preparano a emanare delle leggi, dovrebbero prima di tutto entrare in contatto profondo con la realtà di gratuità del mondo dei volontari e imparare da chi vive l'esperienza sul campo, quali potrebbero essere le leggi migliori.

Se le cose funzionassero il volontariato non avrebbe ragione di esistere, perché via via che i problemi emergono, le istituzioni dovrebbero già avere trovato una soluzione. Ma anche nello stato più giusto, più attento, più responsabile, nascono continuamente esigenze e povertà impreviste che si possono affrontare esclusivamente con l'amore e con la gratuità.

Nel volontariato non basta la buona volontà di fare, la generosità, il disinteresse, l'amore. Il vero volontariato vuole competenza. Bisogna prepararsi per affrontare problemi impossibili che hanno bisogno di una risposta adeguata. Qualunque persona, qualsiasi problema abbia - mafia, prostituzione, violenza in famiglia - può dare una svolta radicale alla sua vita, ma solo se trova persone attente e preparate che lo aiutano con metodi seri. Il volontariato non può accogliere un ragazzino, una ragazzina, un uomo o una donna e battergli una mano sulla spalla perché gli fa pena. Lo accoglie perché ha in sé la forza di aiutare la persona a liberarsi dal loro problema. E se lo dico è perché l'abbiamo sperimentato.

Il Sermig è una realtà dove la provvidenza gestisce settanta miliardi l'anno, e dico la Provvidenza perché abbiamo centinaia di professionisti e più di 1200 volontari che lavorano in un modo autenticamente gratuito, che offrono gratuitamente il proprio tempo, la propria disponibilità, la propria professionalità per amore e per solidarietà. Qualcuno lo fa a tempo pieno, qualcuno a tempo parziale. C'è chi dedica due, tre ore alla settimana del suo tempo agli altri, chi tutto il proprio tempo libero. C'è chi sceglie il volontariato come lavoro: in questo caso il suo tenore di vita sarà molto modesto, poiché accetta uno stipendio minimo per vivere.
Se dovessimo pagare tutti questi volontari (1500 ore al giorno di media), non riusciremmo a far vivere tante carità come il Centro Medico, con oltre 15.000 cartelle cliniche, come l'accoglienza notturna che impegna tutto l'anno, feste e ferie comprese, 20 volontari al servizio di 200 persone, come le iniziative di formazione per i giovani, come l'aiuto ai Paesi in guerra o in gravi difficoltà economiche.
Se dovessimo remunerarli tutti, ed in teoria sarebbe anche giusto, dovremmo essere incessantemente a caccia di soldi e non so se ci rimarrebbero energie per fare altre cose.
Quando, 35 anni fa, il Sermig ha iniziato la sua attività nessuno poteva immaginare quale diffusione e dimensione avrebbe avuto quella prima intuizione. Per noi si era trattato di un gesto "spontaneo": dare valore alla nostra vita mettendola a disposizione di chi ne aveva bisogno, senza precisi programmi, senza particolari analisi della situazione sociale e politica del momento, senza conoscenze scientifiche della realtà del disagio e dell'emarginazione, senza fare previsioni sulle conseguenze della nostra scelta sulla vita personale, familiare e sociale di ognuno di noi.

Ad un certo punto buona volontà e spontaneismo non sono più bastati.
La società è diventata sempre più complessa, i cambiamenti sempre più rapidi, le emergenze sempre più frequenti. La vocazione personale, il vaglio severo delle motivazioni è stato affiancato dalla preparazione, formazione, organizzazione, gestione dell'economia, programmazione delle attività. Non basta più l'assistenzialismo; ci vuole la prevenzione e un approccio globale ai problemi che tenga conto di tutte le variabili possibili della società. Tutto questo è significato un salto di qualità su tutti i piani, culturale, legislativo, psicologico, organizzativo.

Ma nello stesso tempo, perché il volontariato rimanga tale, bisogna mantenere fermo il principio dell'assoluta autonomia. Il volontario deve rimanere pur sempre un samaritano che sulla via fra Gerusalemme e Gerico s'imbatte in un uomo in difficoltà e lo soccorre. Il volontariato, per sua definizione, nasce sempre in modo imprevedibile e spontaneo e cresce e si sviluppa solo se sostenuto dallo "spirito" d'amore che ne ha segnato l'origine e la novità.
Insomma, il volontariato autentico viene prima dei programmi, prima delle ideologie, prima dei partiti e delle forme di governo. Nasce spontaneo e deve continuamente specializzarsi: ma per essere tale ha bisogno di essere sostenuto dall'esterno, non di trasformarsi esso stesso in istituzione. Se no è la fine del volontariato. Il samaritano non è più samaritano se deve far capo a un partito, un sindacato, al governo o alla pubblica amministrazione in genere.
Il volontariato può essere solo sostenuto dall'esterno. Il samaritano deve trovare un oste compassionevole quanto lui, che lo aiuti praticamente ed economicamente. Non può essere lasciato solo nel fare quello che l'amore gli detta di fare. Basterebbe che Stato, Regioni, banche avessero un atteggiamento più generoso e più giusto: aiutare e sostenere il volontariato senza ingabbiarlo. Basterebbe che banche, privati e enti pubblici che hanno fondi da spendere in solidarietà costituissero un consorzio, un "super" ente, gestito da persone di provata serietà e moralità. I gruppi di volontariato potrebbero presentare il loro bilancio e il resoconto del loro lavoro a questo ente e sottoporsi ad un esame periodico perché sia sicuro che i fondi ricevuti vengano usati per i bisogni della gente. Si eviterebbero fra l'altro tante discriminazioni, perché i bisogni concreti uniscono chiunque sia ad occuparsene, cattolici, ebrei, credenti e non credenti, religiosi e laici. Samaritani e non.

Dal gesto del samaritano sulla strada fra Gerusalemme e Gerico potrebbe venire il bene non solo per un uomo ferito e umiliato, ma per tanti altri uomini e tanti altri bisogni. Volontariato e no-profit nati dall'amore e dal disinteresse, fatti con amore, competenza, serietà, sono componenti fondamentali per una società che vuole valorizzare la dignità dell'uomo. All'Arsenale - Casa della Speranza abbiamo un motto: "Dalla porta entra un problema, ma se lavoriamo bene, esce un uomo". E' la nostra esperienza.

Ernesto Olivero

Tratto da Il lungo cammino verso Dio - ed. Mondadori

 
   
 


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