Non pace in SUDAN/3

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera che Padre Gianfranco Iacuzzi SJ (p. Jack, gesuita) scrive dal Ciad (Chad), Paese africano che confina con la regione del Darfur (Sudan) e che proprio per questo ne accoglie i numerosi profughi…


 Cari amici,
Sono le 7 del mattino. Ieri sono tornato da una visita ai tre campi. Abbiamo bucato ben quattro volte in quattro giorni di viaggio, ma tutto è andato bene. Le piogge sono finite e i “wadi” non sono più che grandi fiumi di sabbia e non mettono più paura.

Cercherò di scrivere alcune cose, ma ricordatevi che sono prete e non giornalista…

Sono caduto dalla padella nella brace.
Qui sono più poveri dell’Albania (Paese in cui p. Jack operava – n.d.r.) e alcuni non ricevono da mesi lo stipendio, tanto che ho messo mano al portafoglio e mi sono messo d’accordo col parroco per fare alcune adozioni. Con cento Euro, ho adottato quattro famiglie (due maestri e due soldati).

Quello che oggi occupa quasi quotidianamente i media è cominciato tanto tempo fa; qui non sono nuove le parole: genocidio, pulizia etnica, crimine contro l’umanità. Già alla fine degli anni ottanta, Khartoum ha fatto questo nel Bahr el Ghazal (regione del Sudan – n.d.r.) con i Dinka. Qui erano perfino autorizzate le tratte degli schiavi! Negli anni novanta, ci fu il dramma dei Monti Nuba: furono bruciate capanne e villaggi e uccisi uomini per occupare i ricchi territori agricoli. Dal novanta al 2003 è successo lo stesso per liberare le terre petrolifere: si uccideva per permettere al governo di pompare il petrolio. Oggi ci sono anche i massacri del regno Shilluk e dell’Alto-Nilo.

Tutti questi attacchi avevano la scopo di apportare benefici politici ed economici a Khartoum. In tutti questi casi il governo arabo combatteva i neri. La sola differenza ora nel Darfur è che i neri non sono più i cristiani o animisti del Sud, ma musulmani.

La crisi del Darfur è considerata le più grave crisi umanitaria del momento, uno o due milioni sono gli sfollati causati dall’intensificazione dei combattimenti del 2003.

Negli ultimi mesi a tutti i drammi si è aggiunta la siccità, le piogge e le epidemie, che stanno facendo ciò che mancava. Quasi il 50% del bestiame è morto nel deserto mentre le popolazioni civili erano cacciate dai loro territori col la fame, la mancanza di acqua, la paura della morte e delle violenze.

È chiaro che non possiamo essere sicuri delle cifre,
ma tutto è peggiorato dal 2003 quando il SLA (Movimento di Liberazione del Sudan) ha tentato attacchi contro le truppe del governo del Sudan. Questi “ribelli”, aiutati da un secondo movimento armato, il JEM (Movimento Giustizia e Ugualianza), hanno chiesto di finirla con la marginalizzazione politica ed economica e hanno chiesto la protezione contro gli attacchi dei gruppi nomadi armati, gli Janjawid (che si scrive in vari modi e sembra voler dire cavalieri del diavolo).

Come sempre, invece di una soluzione politica il governo ha mandato i bombardieri Antonov, le autoblindo Toyota e i cavalieri e cammellieri a seminare distruzione e morte contro coloro che sostenevano e simpatizzavano con i ribelli. Ecco la nascita dei nostri guai. In Chad ad Aprile ci sono stati dei colloqui di pace ma, come al solito… In Chad è così iniziato l’arrivo di profughi, parenti e vicini alle tribù del luogo, sono stati bene accolti, ma poi sono diventati troppi!

Del Darfur non si può sapere nulla, il governo lo impedisce, ma sembra che gli stessi profughi interni hanno paura a farsi aiutare per le terribili rappresaglie che otterrebbero.

A questo punto voi direte, è un po’ più chiaro, ma non è cosi perché il Chad non è candido come colomba. Ha legami ambivalenti sia con il governo del Sudan che con i ribelli. Il presidente del Chad, Deby, nel suo riuscito tentativo di colpo di Stato del 1990 fu aiutato dal governo di Khartoum e dalla sua tribù che sta nel Sudan (Zaghawa). Molti degli attuali ribelli in Sudan sono suoi ex-ufficiali, sempre della sua stessa tribù, che però hanno preso le distanze.

Aggiugiamo ancora che in tutto questo, c’è lo zampino dell’opposizione interna del Chad che vorrebbe fare un colpo di stato (già tentato in maggio). Nella zona ci sono endemicamente banditi e briganti armati legati a chi paga meglio con solidarietà etniche molto volatili.

Questo tra l’altro spiega anche perché nei nostri campi profughi, l’80% sono donne e bambini. C’è quasi da pensare che noi siamo luogo di “buen ritiro”, o “santuario” tra una scorribanda e l’altra.








Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok