“Pace” al Salone internazionale del libro di Torino
Pubblicato il 11-08-2011
![](/media/images/stories/foto2010/maggio/salone_small.jpg)
![](/media/images/stories/foto2010/maggio/relatori.jpg)
![](/media/images/stories/foto2010/maggio/platea.jpg)
Numerosi gli aneddoti e gli episodi che il fondatore del Sermig snocciola, da quello con Paolo VI nel 1976 – “La Chiesa non mi piaceva, volevo andare dal papa a lamentarmi, ma con l’attesa della risposta che non mancò: Io spero da Torino, dal Piemonte, terra di santi, una rivoluzione d’amore. Faccia lei quello che ha chiesto a me.” – a quello con il Presidente Sandro Pertini che venne ad inaugurare l’Arsenale della Pace, quando ancora era un rudere, per fugare polemiche, manovre e difficoltà: “Verrò a Torino a proclamare la pace che è vita e a condannare la guerra che è morte”. Poi Claudio Carbone, esponente di punta dei Nap (nuclei armati proletari), che fu il primo a bussare alla porta dell’Arsenale. E ancora, Giulio Andreotti, allora capo del governo, che sbloccò la destinazione dell’ex Arsenale militare, rendendo possibile al comune di Torino di affidarlo in comodato d’uso al Sermig.
![](/media/images/stories/foto2010/maggio/ernesto_gramellini.jpg)
La polemica paradossalmente alimenta la polemica, le dà energia. Parlare di pace significa non coltivare più pensieri di guerra. “Quale è stata la prima volta in cui ti sei trovato davanti alla guerra?”, chiede Gramellini.
“La Provvidenza mi ha fatto stare in Libano durante la guerra. Lì ho visto palazzi saltare in aria. Sono stato in Ruanda dove la gente si ammazzava a colpi di machete, e poi in Somalia, in Iraq. La guerra l’ho vista, l’ho sentita, ma il momento che più aiuta a capire l'atteggiamento giusto nei confronti della guerra e delle violenze è accaduto a Palermo durante un incontro con migliaia di ragazzi. Una ragazza di 22 anni mi chiese: "Volevo fare l’artista, ma ho capito che se non entravo in certi meccanismi ero tagliata fuori e allora ho rinunciato. Ma tu la mafia come la combatti?”. Risposi: “La mafia non la voglio combattere, la voglio convertire. Non si combatte la mafia con le sue armi, cioè con la violenza, ma creando le condizioni per fare in modo che la gente cambi mentalità”.
Prima di rientrare in redazione, Gramellini legge la frase che ha appena scritto nel diario di Ernesto: “Quanti siamo! Siamo proprio tanti”.
![](/media/images/stories/foto2010/maggio/relatori_salone.jpg)
“Credo che trapeli benissimo sia nel libro che nella vita che poi è diventata un tutt’uno con l’esperienza del Sermig e dell’Arsenale della Pace. Il mondo è pieno di parole sulle pace. Quello che incuriosisce e colpisce uno come me che di guerre ne ha viste a centinaia è che nel modo di essere di Ernesto e dei suoi amici ci sono tre cose inseparabili. Ci sono le parole come nel libro; ci sono gli atteggiamenti, come si accoglie la gente che bussa alla porta; e poi ci sono i fatti di pace".
Oggi la pace è fuori moda. Eppure è una cosa drammaticamente seria, drammaticamente grave. Nel mondo si spendono 816 miliardi di dollari per finanziare le armi, mentre per dare la salute a tutto il mondo ne basterebbero 11 di miliardi. Per dare la scuola a tutti bambini, anche i più poveri, ne basterebbero 3. Per dare servizi igienici e acqua ai 6,5 miliardi di persone ne basterebbero 5. Basterebbe una briciola di tutte le fabbriche di armi per costruire la pace, sia in termini di numeri, sia in termini di buona volontà. Chi ha potere comincia ad accorgersi che con tutta questa povertà e questa mancanza di potere del popolo l’economia non cresce più e i rischi diventano sempre più grandi.
![](/media/images/stories/foto2010/maggio/calvani_spicuglia.jpg)
Quello che ho capito io leggendo questo libro è che la guerra non capita come capita la pioggia. La guerra capita perché c’è troppa gente che non vuole la pace. In tutti i posti di guerra dove sono stato ho sempre visto capitali illeciti, segreti, nascosti che finanziavano il crimine organizzato. Ho visto il furto di risorse per mantenere la guerra. Ho visto creare il caos per ottenere arricchimenti illeciti.
![](/media/images/stories/foto2010/maggio/platea1.jpg)
Infine l’ultima domanda è per l’autore: “Tu dici che non ci sono soltanto le guerre che vediamo, ma quelle più tremende che viviamo dentro di noi, la guerra dell’io. Che cos’è la guerra dell’io?”.
Scambio di domande tra Gramellini e Olivero Spicuglia intervista Calvani Spicuglia intervista Olivero |
“È quando l’uomo si scoraggia e allora vuole una rivincita. E con chi se la prende? Con se stesso. Ho capito che tutti noi siamo un sacco vuoto. L’io c’è, ma c’è anche l’intelligenza. La rabbia c’è, ma dove ti porta?
Bisogna fare dei ragionamenti, bisogna esporsi per cercare qualcuno che ti aiuti. Ho capito che l’io devo “fregarlo” e lo posso fare solo amando. Ho capito che i guerrafondai fanno tanti affari perché lavorano 24 ore su 24 e allora mi sono impegnato a fare giornate della pace non ogni tanto, ma tutto l’anno. Consumiamo i gradini dei saggi che ci possono insegnare la pace per costruire una casa per tutte le persone del mondo. Se l’io diventa noi diventa un amico”. di Claudio Maria Picco
![]() |