Più di una maratona!

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


Le parole di Ernesto Olivero (fondatore del Sermig), ci aiutano a comprendere meglio il progetto “Salvare almeno 100 mila bambini” e il senso di abbinarlo a questa maratona…


Come è nato il progetto “Salviamo almeno 100 mila bambini”?
Mi trovavo a Salvador de Bahia, in occasione della visita del Santo Padre in Brasile. Era il 1991. Avevo potuto seguire da vicino il suo incontro con la folla e sentire il suo grido accorato: “Mai più bambini sfruttati! Mai più bambini usati dal vizio!”. Quel grido mi cambiò la vita. Avevamo già avviato il progetto “Vita ai bambini” e il Papa mi aveva affidato un mandato: “Ernesto, sii l’amico fedele di tutti i bambini abbandonati del mondo”. Abbiamo cominciato con mille bambini del Brasile e ora siamo impegnati a salvarne almeno 100 mila in molte parti del mondo. Li abbiamo incontrati in Uganda, in Rwanda, in Bangladesh, in Georgia, in Brasile, in Romania, in India e da poco abbiamo avviato alcuni progetti per i bambini senza famiglia vittime dello tsunami.

Perché una maratona può diventare la maratona della pace?
Oggi siamo immersi in tensioni, guerre, terrorismo, mafie, ingiustizie che condizionano pesantemente la nostra vita e quella di miliardi di persone. La pace e le conseguenze positive che da essa scaturiscono sembrano a molti non realizzabili nel breve periodo. Sono convinto, da persona che crede nella pace e nei tanti piccoli gesti di pace che si possono fare ogni giorno, che non basta camminare, ma bisogna correre per la pace, senza arrendersi di fronte alla fatica e agli insuccessi, un po’ come capita ai maratoneti. Se i partecipanti a una 42 chilometri riescono a fare propri questi messaggi, ecco che si può dare vita a una maratona della pace.

La frase “Credo alla pace perché ho visto la guerra” sarà uno degli slogan della maratona. Che significato ha?
Nella vita ho visto tragedie e violenze di ogni tipo in ogni parte del mondo, nelle situazioni più diverse. Ma la mia vita si è fermata a Sarajevo di fronte a una casa distrutta con una cattiveria così brutale e scientifica che aveva fatto sì che non restasse più un solo mattone intero. Erano rimaste solo macerie inutilizzabili, un monito per gli inquilini che al loro ritorno avrebbero fatto i conti con l’odio e il disprezzo che aveva causato quella rovina. È lì che ho appuntato sul mio taccuino: “Credo alla pace perché ho visto la guerra”. Crederei alla pace anche se non vedessi la guerra, ma in quel momento ho voluto prestare i miei occhi a tutti quelli che hanno bisogno di vedere per credere e gridare che la pace è giustizia, è bene per tutti.

Quale buona ragione indicherebbe per correre la Turin Marathon?
Lo sport contemporaneo è segnato e falsato dal doping. Non si tiene più nel debito conto l’uomo e i valori che gli sono propri, ma si fa condizionare spesso dalle esigenze del mercato e della spettacolarità ad ogni costo. La maratona, nel variegato mondo dello sport, può diventare uno strumento per ridare il primato all’uomo e sottrarlo all’influsso, all’impiego di tecnologie e pratiche esasperate. È bello partecipare, è bello correre e quando capita è bello vincere in modo pulito e trasparente.
Questi principi valgono per qualsiasi maratona, alla Turin Marathon se ne aggiungerà uno fondamentale: correre per aiutare a costruire un mondo più pacifico e giusto per tanti bambini.

 

 

 

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