Politica. Chi educa chi?

Pubblicato il 09-08-2012

di Monica Canalis

di Monica Canalis - Poco spazio per i giovani, scarsa partecipazione, il miraggio del merito: le nuove generazioni di fronte ad una sfida difficile. Ma non impossibile. Come mai i partiti, identificati dall’art. 49 della Costituzione come luogo di esercizio della democrazia e definizione della politica nazionale, sono vituperati e fatti oggetto di attacchi demolitori? Le cause sono molteplici.

PARTITI IN CRISI
La partitocrazia. Con il passare degli anni, i partiti sono diventati onnipresenti ed hanno assunto un peso eccesivo nei processi decisionali e nella vita democratica del nostro Paese. Un comportamento ipertrofico ed autoreferenziale che li ha allontanati dal resto della società e dalle altre istituzioni in cui i cittadini partecipano alla vita civile. La qualità della classe dirigente. “Purtroppo – come scrive Carlo Carboni – la selezione dei nuovi ingressi ai vertici è spesso demandata a gruppi e affiliazioni che richiedono fedeltà prima che competenza, prestigio ereditato piuttosto che merito e talento”. Una descrizione purtroppo reale dei problemi della nostra classe dirigente. La professionalizzazione della politica. Già nel 2005 Franco Ferrarotti in un suo articolo su Il Sole 24 Ore evidenzia: “La professionalizzazione mobilita intorno a sé un apparato di personale fiduciario che si è andato gradatamente sostituendo a quello tradizionale partitico, allargando e istituendo nuove opportunità di mercato politico, ivi inclusa quella di un’ottima sistemazione professionale in politica. Per questo per la nostra élite politica l’imperativo è durare più che decidere”. La partecipazione. Di fronte agli attacchi dell’antipolitica più qualunquista, i partiti dovrebbero innovarsi ed allargare le maglie della partecipazione, aprendosi il più possibile all’esterno. Invece spesso si limitano a proporre il tesseramento ed una modalità di partecipazione passiva. Invece, soprattutto i giovani, avrebbero bisogno di trovare nel partito il luogo per esprimere e poi concretizzare le loro idee. La politica, attraverso i partiti, dovrebbe colmare il deficit di fiducia e credibilità e superare il ritardo di analisi delle nuove sfide della modernità innanzitutto facendo un passo indietro, per riappropriarsi della funzione assegnata ai partiti dalla Costituzione, uscire dal rassicurante recinto della propria struttura, cercare con umiltà il dialogo e la collaborazione con le realtà esterne. E poi riformando la legge elettorale e, soprattutto, investendo sulla formazione e selezione della classe dirigente.

FORMAZIONE E SELEZIONE
Possono essere il luogo privilegiato di azione dei partiti. La rinascita e il riscatto della dignità della politica può partire dalla formazione. Negli ultimi anni sono nate alcune positive esperienze di rilancio della formazione politica, ma ciò non basta per scardinare i consolidati meccanismi di cooptazione ed affermare percorsi meritocratici. Infatti, come sottolinea Carlo Carboni, “il problema delle nostre élites politiche sta nel costituire sempre più una nomenclatura pronta a mortificare il bene comune a favore di centri di potere articolati per interessi: una sorta di rete panpolitica di interessi… Si è di fronte ad una classe dirigente quando l’élite manifesta non solo capacità di gestione e di consenso dello status quo, ma anche visione del cambiamento e del futuro”. Buona è ogni iniziativa che riavvicini i cittadini alla politica e coltivi la predisposizione all’impegno politico, ma per garantire un inserimento nella carriera politica di chi si è formato e preparato, un riconoscimento per coloro che hanno dimostrato talento e merito, è importante che siano soprattutto i partiti a promuovere iniziative interne di formazione e selezione della propria classe dirigente, riformando l’opacità degli attuali sistemi di selezione. I partiti devono valorizzare il talento personale e far emergere le persone più meritevoli e capaci, incoraggiando il ricambio generazionale, non attraverso la vicinanza personale a un potente o mediante la rete di conoscenze, e neanche accettando i facili slogan demagogici dei movimenti giovanilisti che assurgono la giovinezza anagrafica a virtù intrinseca, ma creando percorsi di progressivo coinvolgimento e responsabilizzazione, con la cooperazione dei più vecchi e più esperti che si rendono disponibili a formare i giovani, consapevoli che dovranno lasciare loro il proprio posto.

ESEMPIO PERSONALE
La creazione di percorsi formativi strutturati non è tuttavia sufficiente, infatti, la prima educazione ai valori e alla competenza è l’esempio personale. Esempio significa coerenza, motivazione, preparazione, onestà. Probabilmente la miglior garanzia di un comportamento onesto, trasparente ed immune da interessi personali, è l’indipendenza economica del politico. “Ogni politico dovrebbe mantenere la propria professione, e renderla sempre più attiva e vivace. Avere una propria vita lavorativa che scorre in parallelo con la vita politica lo rende autonomo economicamente e libero nelle scelte. La libertà di uscire dalla scena politica se non esistono le condizioni per continuare il percorso perché vengono a mancare i presupposti valoriali è la garanzia della propria coerenza”: è il valido suggerimento presente nel libro Un talento per la politica, di Lanza e Padovan. In uno scenario sempre più impoverito di idee e di slancio morale, i partiti devono tornare a fare i partiti, dismettendo i panni dei comitati d’affari o dei comitati elettorali. Walter Tocci, nei suoi appunti sulle scuole di politica, sottolinea che “assistiamo alla riduzione del partito a ceto politico e alla riduzione del programma a messaggio elettorale. Entrambi i processi convergono nell’espulsione della formazione politica dai partiti… I partiti sono sempre più dei comitati elettorali in cui l’impatto mediatico dei candidati sembra avere più importanza della loro preparazione e dei contenuti di cui si fanno portatori, in cui i leader e il loro entourage cooptano le giovani leve per lo più sulla base del criterio della fedeltà, che è spesso alieno al criterio della formazione… L’assenza di formazione politica è la nota caratteristica di un’azione che voglia destrutturare la forma organizzativa del partito di massa, come aveva già preconizzato Max Weber in La politica come professione. Sottopelle c’è una domanda di educazione politica che riguarda soprattutto le ultime generazioni, alle quali arriva solo l’eco di una grandezza perduta e vorrebbero saperne di più”. Quando le nuove generazioni vogliono più lavoro, scuola migliore, più speranza per il loro futuro, più giustizia sociale e libertà di esprimere il proprio talento, i giovani senza accorgersene stanno chiedendo più politica. Più capacità di capire i bisogni e di tradurli in decisioni e cambiamento.

ARIA FRESCA
Oggi siamo attoniti per gli scandali che occupano le cronache quotidiane e disgustati dal discredito gettato sulle istituzioni, ma questi sentimenti comprensibili dovrebbero spingerci ad un maggiore impegno in politica, non alla distruzione del poco che è rimasto. I giovani sono chiamati a buttarsi in politica, a lasciarsi educare da chi ha più preparazione ed esperienza e a educare la politica portando freschezza, onestà, comportamenti disinteressati. Ricordando che quando si fa formazione si compie il ruolo del seminatore del Vangelo: si getta un seme ma il raccolto non appartiene a noi.

NP Special – La passione educa 5/6
Una società bloccata, la fatica dei giovani, la crisi del mondo degli adulti. Il dialogo tra generazioni è sempre più impegnativo. Esiste una via di uscita? Giovani e adulti possono ancora camminare e progettare un futuro insieme? L’incontro passa solo dalle persone, da esempi credibili, da passione vissuta e testimoniata.

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