Quale sicurezza ci rende sicuri?
Pubblicato il 31-08-2009
Si è svolto recentemente, a Belluno, il 27° seminario di studi organizzato dal SEAC (Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato penitenziario) sul tema “Quale sicurezza ci rende sicuri”.
Un tema di grandissima attualità, dato il grande grado d’insicurezza percepito dalla società civile. I mass media testimoniano tutti i giorni il moltiplicarsi dei crimini che, sempre più spesso, vedono come protagonisti cittadini inermi. La reazione sdegnata della cittadinanza, si fa sentire con una richiesta allo Stato d’essere più presente in modo da garantire la sicurezza dei cittadini. |
![]() | La prospettiva Il prof. Massimo Pavarini, docente all’università di Bologna, ha delineato la “prospettiva” in cui inquadrare il tema della sicurezza. Giocando sull’assioma: “Sicurezza dei diritti e non il diritto alla sicurezza”, ha affermato che dagli anni ‘70 in poi, le società occidentali sono passate da un modello di “inclusione sociale” ad uno di “esclusione sociale”. In un modello di inclusione sociale il benessere tende a diffondersi in tutti gli strati della società. Il buon governo che assume il modello dell’inclusione sociale cerca di assicurare i diritti a tutti i cittadini: il diritto al lavoro, il diritto alla casa, ecc. quando i diritti sono assicurati, la “sicurezza” ne viene come una diretta conseguenza. Quando viceversa si assume il modello |
dell’esclusione sociale, non si persegue più la sicurezza dei diritti per tutti e allora il numero degli esclusi aumenta sempre di più portando, come conseguenza, sempre più “insicurezza” nella società. In questo contesto, la “sicurezza” diventa qualcosa di “privato”. Il diritto alla sicurezza diventa una risorsa che si vende nel mercato. Chi possiede più ricchezza può assicurarsi più sicurezza! La sicurezza: un bene privato! Nel 1994 ero in missione nell’arcipelago delle Filippine. Visitando Manila rimasi colpito dal vedere interi quartieri, all’interno della città, “recintati” con dei veri e propri posti di blocco con tanto di guardie armate che controllavano i documenti di coloro che entravano. Gli abitanti di quei quartieri erano ricchi e potevano permettersi di avere il loro quartiere recintato con delle guardie che erano addette alla loro “sicurezza”. Quando mi recai come missionario in Colombia, nell’America Latina, mi sorpresi invece nel notare la presenza di vigilantes armati per ogni negozio. La conclusione è che in un modello di esclusione sociale coloro che non possono “pagare” il bene della sicurezza sono costretti a vivere nella più grande insicurezza. |
Lo "smaltimento" dell'eccedente umano È in questo contesto che il prof. Salvatore Palidda, docente di sociologia all’università di Genova, ha parlato della necessità, che la società post-moderna ha, di “smaltire” l’eccedente umano. La post-modernità ha decretato la fine della società del welfare. Gli Stati, nel mondo globalizzato, se vogliono essere competitivi nel campo economico, devono facilitare scelte neoliberiste nello sforzo di ridurre sempre più i costi, inoltre è necessario essere primi nell’innovazione e nella qualità, pena la perdita dei mercati a vantaggio di Paesi più determinati e più efficienti. La frase che spesso si sente è: non ci sono risorse per le spese sociali. Se il profitto e la competitività diventano l’obiettivo da raggiungere, la “persona umana” può allora diventare “qualcosa” di cui non c’è bisogno, qualcosa da… “smaltire”. | ![]() |
Il lato oscuro della globalizzazione Il business penitenziario |
![]() | I dati riguardanti l'Italia È di qualche tempo fa l’allarme lanciato dal Ministro della Giustizia Castelli sul sovraffollamento nelle carceri Italiane. Gli istituti di pena in Italia potrebbero contenere 42.000 detenuti, attualmente siamo arrivati a una presenza di circa 60.000 detenuti. Cosa succederà nel prossimo futuro? |
Cosa sono i detenuti: un “eccedente umano” da smaltire e/o una sorta di “materia prima” su cui “investire” per guadagnare nel business penitenziario, oppure sono persone umane da reintegrare nella società, persone umane dotate di una dignità inalienabile? Dalle risposte che la società italiana darà a queste domande dipenderà il futuro della Giustizia in Italia. Il mondo del Volontariato, hanno detto i vari rappresentati, sarà sempre presente per vigilare! |
don Bruno Oliviero |