Quando la profezia chiede ubbidienza

Pubblicato il 31-08-2009

di Guido Morganti


In una società che tende a deresponsabilizzare i più giovani (e non solo), il Sermig non si è mai accontentato di compatirli, ma ha sempre proposto una via per trasformare i loro “voglio” in “m’impegno”.

intervista ad Ernesto Olivero


Oggi c’è la tendenza a mandare dallo psicologo o dallo psichiatra chi non è nella norma. Ad esempio per episodi di bullismo. Dobbiamo preparare sempre più psicologi e psichiatri o c’è qualche altra via per educare?
Bisogna capire come mai la gente ha bisogno di andare dallo psicologo. Evidentemente nella società c’è qualcosa che non funziona bene: chi non rientra nei suoi canoni viene ritenuto uno spostato, in realtà è la società ad essere spostata. Bisogna risalire alle cause, risalire all’origine del fiume e chiedere all’acqua (che è ognuno di noi, giovane o adulto): cosa vuoi trovare sul tuo percorso? E avere il coraggio di capire che a un certo punto l’acqua diventa inquinata non per chissà quale mistero, ma perché ci buttano degli scarichi. Da quel momento l’acqua è inquinata. È sotto gli occhi di tutti che, durante il loro percorso, ad un certo punto entra nella mente dei giovani qualcosa che inquina. Il giovane che deve crescere armoniosamente si trova invece, per esempio, di fronte a scene selvagge di violenza, di sesso, di volgarità. Lui, che non era assolutamente preparato ad affrontare queste sollecitazioni - e nessuno dovrebbe essere preparato, perché sono invenzioni di menti bacate - si chiede: se non mi comporto così, sono anormale?
È il primo impatto con il lato brutto della realtà: una mente fresca, giovane, sognatrice, può facilmente andare in tilt. E poi quando entri a scuola, luogo di educazione, magari ti accorgi che il maestro non ha l’autorità giusta, non è capace di prenderti nel modo corretto partendo dal tuo carattere e vai in crisi; se balbetti, la tua vita diventa una tragedia, ti trovi con dei compagni che ti schiacciano per divertirsi.
La società deve avere il coraggio di domandarsi cosa non funziona.
300giovani.jpg

Già anni fa dicevi che la chiave per costruire il futuro era racchiusa in un versetto della Bibbia: “Ecco, io invierò il profeta Elia perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio” (Ml 3,23-24). Oggi come vedi questa riconciliazione?
Ci vogliono dei saggi che invitino la società degli adulti a fare delle correzioni, ad avere il coraggio di ammettere che ha sbagliato. È il saggio che parla ai genitori per convincerli che stanno sbagliando. E per genitori intendo non solo quelli biologici, ma tutti quelli che hanno un ruolo di educatori o che hanno responsabilità nei vari ambiti: insegnanti, politici, giornalisti, sacerdoti, imprenditori, intellettuali, banchieri e uomini che manovrano la finanza e stabiliscono il destino di una Nazione spostando i capitali da un posto all’altro... Questo saggio si rivolge alla Chiesa per invitarla a rientrare nella purezza del Vangelo, per invitarla a servire seguendo l’esempio di Gesù, il quale ha detto che la cosa principale è servire.
E saggi ce ne sono, ma, in genere, sono messi da parte. La riconciliazione fra generazioni, i comportamenti di chi ha responsabilità nella società fanno passi in avanti nella misura in cui i consigli e gli inviti dei saggi sono accolti e fatti propri.

Tu ami molto i giovani e non sei tenero con loro. Vorresti che tutti potessero lanciarsi nella vita con la loro caratteristica audacia, capaci di responsabilità, e tu li aiuti in questo cammino. La tua è una lotta contro i mulini a vento?
Può anche darsi che la mia sia una voce nel deserto, però questa è una lotta giusta. Se un giovane si sente veramente amato, diventa creta, diventa desideroso di cambiare. Ma deve sentirsi amato, altrimenti tutte le parole che gli arrivano addosso sono soltanto una predica che non lo aiuta a cambiare.

Alla nostra Fraternità chiedi con forza l’ubbidienza. Questo vale anche per i giovani? Cosa significa l’ubbidienza per i giovani?
Perché chiedo l’ubbidienza? È avvenuta una cosa straordinaria nella nostra storia: siamo cresciuti grazie al farci gli affari degli altri, al commuoverci, all’operare senza soldi fidandoci della provvidenza e pagando di persona. Un insieme di caratteristiche che sono diventate una filosofia, un patrimonio: se si ubbidisce al patrimonio la profezia può continuare. Abbiamo constatato che questa ubbidienza diventa anche testimonianza per i giovani che hanno una grande ricchezza interiore: quando siamo capaci di entrare in relazione con la parte buona che c’è in loro, ubbidire alla profezia e quindi farsi gli affari degli altri porterà frutto anche a loro. La gente pensa che l’ubbidienza sia una non virtù perché, per troppe volte, chi ha chiesto ubbidienza agli altri ha voluto solo fare i propri interessi. Dobbiamo convincerci che farci carico gli uni degli altri è la strada giusta.

Cosa chiedi ai giovani e come lo chiedi?
Chiedo ai giovani, che sono fatti per cambiare il mondo, di non arrendersi, di non accettare la fame, le ingiustizie, la non pace e di far seguire al “non accetto” il “mi impegno”. Invece, moltissimi di loro si sono fatti cambiare dal mondo, sono diventati peggiori, si sono fatti mettere un cappio al collo, hanno ucciso, hanno violentato, hanno scelto l’odio e il non senso. Dico sempre loro: “Ma quanti giovani devono ancora schiattare perché emerga in voi la voglia di vivere, la voglia di dire dei no?”.

Allora: come reimparare il coraggio di dire no? Come va detto il no oggi?
Bisogna leggere la realtà, bisogna saperla vedere. Questa realtà sta portando vita o morte? Sta portando pace e serenità o guerra? Sta portando altruismo o egoismo? Se noi abbiamo il coraggio di leggere la realtà, è la realtà stessa che ci indica quali sono i mali. E il male, visto alla rovescia, diventa bene.
Come si aiuta un giovane a formarsi la volontà, cioè a saper dire voglio-mi impegno?
Non si può imporre a nessuno. Il giovane deve incontrare qualcuno che ha trovato la vera gioia di vivere. Allora, nella misura in cui ti chiede come hai fatto a cambiare, tu gli racconti la tua storia. Lui non deve diventare la tua fotocopia. Deve diventare se stesso, cogliendo, attraverso il fatto che tu sei riuscito a dominare in qualche aspetto gli stimoli negativi, la chiave che lo aiuti a cambiare qualche aspetto di sé.

A cura di Guido Morganti e Claudio Picco
da Nuovo Progetto maggio 2007
Alcuni articoli di Olivero sul tema:
Giovani, la speranza c’è!
Apriamo gli occhi

 

 

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok