Quanta bellezza!

Pubblicato il 27-02-2022

di Cesare Falletti

In questo anno in cui si commemora il settimo centenario della morte di Dante, è giusto che ci si applichi a conoscere il nostro grande poeta.
Per questo anche nel mio monastero c’è stato un evento. Abbiamo voluto ricordare la grande camminata di Dante nei tre mondi dell’aldilà e, dato che il torrentello che scorre in fondo alla nostra Valle si chiama “Infernotto”, è stato normale scendere nell’Inferno, per poi risalire con fatica il Purgatorio della montagna, per arrivare al monastero e lodare Dio con canti che volevano essere eco dei canti dei santi e degli angeli. Ognuno ha ricevuto un personaggio dell’Inferno da commentare e ho avuto la fortuna di imbattermi in Ulisse con il suo famoso versetto: «Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza» (sic!).

La vita ogni tanto pesa su di noi, come anche, ammettiamolo, la cattiveria della gente; un salmo riconosce che talvolta siamo proprio come delle bestie (bruti), ma conserviamo la nostra grandezza perché Dio rimane con noi anche nella nostra peggiore abiezione: pensiamo alla morte di Gesù in Croce. Ulisse esorta i suoi, ricordando le loro imprese eroiche passate, a sfidare l’impossibile, addirittura il proibito dagli dei. Dante sembra condividere questo senso del divieto, della proibizione della sfida ai limiti umani. Eppure tutto il suo poema e un inno alla grandezza dell’uomo e non certo l’elogio del mediocre e del pauroso. Aspirare alla conquista di cose impossibili, o apparentemente tali, è sempre stato il motore del progresso umano e questo, anche se talvolta l’uomo ha cercato di rubarlo a Dio, è ciò che abbiamo come dovere. Possiamo fare di zone infernali dei paradisi, di torture dovute a malattie delle belle vittorie, perfino di crudeli inimicizie delle belle amicizie; e mi sembra che mai possiamo trovare la scusa che è troppo arduo o in alto. Forse non arriveremo mai alla meta, ma avremo camminato.

So troppo bene che gli anni che avanzano rallentano la marcia, ma l’importante al solito non è la quantità o la distanza raggiunta, ma la gioia di avanzare, anche se a passi piccolissimi. Ulisse, che voleva andare oltre le colonne d’Ercole, viene visto da Dante come colui che non tiene conto dei limiti creaturali e che si pone come colui che non ha limiti. Certo il vero timore di Dio ci pone in un sano realismo, ma non vuole tarparci le ali; l’accettazione dei nostri limiti si manifesta nell’umiltà di chi non si adira e non infierisce contro l’ostacolo, ma non nella rinuncia ad avere progetti grandiosi. A volte nascondiamo nel cassetto dell’umiltà delle cose belle, mentre ne lasciamo fuori ciò che dimentica la carità, il rispetto, la prontezza nell’aiuto. Se, come dice sant’Ireneo, «l’uomo vivente è la gloria di Dio», dobbiamo davvero vivere fino in fondo. Ireneo spiega che la vita dell’uomo è contemplare Dio per ammirare la sua grandezza e la sua bontà e rifletterla sul mondo intero.
Non credo che siamo tutti tenuti a concorrere per ottenere grandi premi, ma la bellezza di Dio si riflette nelle grandi opere dell’uomo, anche se in modo nascosto, in ogni buon tentativo di rendere il mondo più meraviglioso e più gloria di Dio. Allora raggiungeremo ben oltre le colonne di Ercole, che abbiamo già largamente sorpassate, anzi siamo arrivati sulla Luna e su Marte! Ma le bellezze che il Creatore ha messo nella natura non le abbiamo ancora tutte scoperte e c’è il rischio che, cercando cose che ci imbruttiscono e avviliscono, le nascondiamo o le distruggiamo.

Da sempre il mondo è avanzato grazie a dei cercatori delle bellezze che Dio ha nascosto nel creato e le hanno cercate nella bellezza del rispetto e nel coraggio di non fermarsi a piccole conquiste, ma desiderando sempre di più.


Cesare Falletti
NP novembre 2021

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