Qui non si paga il pizzo

Pubblicato il 31-08-2009

di sandro


In questa cooperativa non si paga il pizzo a nessuno. Si prega di non insistere. Dio solo è la nostra Forza, a Lui solo siamo debitori.

a cura della comunità Papa Giovanni XXIII

Dal movimento giovanile di “Addiopizzo”, che nel capoluogo siciliano ha coinvolto nelle sue battaglie centinaia di imprenditori e migliaia di cittadini, alla testimonianza della cooperativa Ro’ La Formichina, “figlia” della comunità Papa Giovanni XXIII di un piccolo centro etneo. È qui, nella falegnameria in cui hanno lavorato e lavorano tanti ragazzi strappati alla strada, che prende forma la risposta più forte e decisa ai tanti episodi malavitosi registrati nei mesi scorsi in paese.

Santa Venerina è un centro di poco più di ottomila anime, a 30 km da Catania. Paese tranquillo, dove scelgono di vivere sempre più catanesi, ma nuovi abitanti arrivano anche dalle popolose città limitrofe di Acireale e Giarre. Poche imprese medio-piccole, tante piccole attività. Ma per la mafia non fa differenza: il pizzo va chiesto a tutti. Anche in mancanza, ancora, di precisi riscontri giudiziari, si spiega con la violenza della criminalità la serie di attentati che hanno funestato Santa Venerina e le sue frazioni. Vanno a fuoco le saracinesche, subiscono danni i mezzi di piccoli esercizi commerciali. Un po’ nell’indifferenza generale.

Finché i malviventi non alzano il tiro. Entra nel mirino una grossa impresa edile che lavora in tutta Italia. Nottetempo, malviventi cospargono di benzina i mezzi pesanti della Cosedil: se i danni ammontano ad alcune centinaia di migliaia di euro solamente, è per il coraggio del guardiano e del vicino, che sottraggono alle fiamme altri mezzi, del valore di milioni di euro. Il messaggio è chiaro: la Cosedil si era ribellata al pizzo già diversi anni fa. Impossibile non pensare ad una vendetta postuma. O a un nuovo tentativo di estorsione. Su questa linea si muovono le istituzioni, a supporto dell’imprenditore. Nella sede dell’impresa si recano, tra gli altri, i vertici di Confindustria locale e il prefetto di Catania.

È scossa, naturalmente, anche la Chiesa locale. Che pensa a un gesto significativo e lo trova in una manifestazione che raccolga tutte le comunità ecclesiali. Ma c’è di più. C’è il segno che vuole dare la comunità Papa Giovanni XXIII nella sua cooperativa. “In questa cooperativa non si paga il pizzo a nessuno. Si prega di non insistere. Dio solo è la nostra Forza, a Lui solo siamo debitori”: è questo il cartello che ora campeggia nella falegnameria della cooperativa Ro’ La Formichina. Spiega Marco Lovato, responsabile di zona della Giovanni XXIII: «Sentiamo forte nel territorio in cui viviamo la paura di tanti nostri fratelli che lavorano e danno lavoro, che sono schiacciati da una realtà violenta che crea povertà e sudditanza, che vuole controllare tutto, che trasforma in interesse di pochi il lavoro di tutti, che ricatta ed uccide. Lo sappiamo bene, anche perché nella nostra cooperativa sono passati ragazzi in qualche misura coinvolti nel mondo mafioso. Noi siamo stati colpiti da questi episodi così come sono state colpite persone vicine a noi, che magari, per tanti motivi, non possono fare certi gesti. Non possiamo convivere con la mafia e dobbiamo dirlo. Liberarcene significa liberarci dalla schiavitù e dall’oppressione. E la mafia si batte anche se si risponde ad essa con segni forti, piccoli ma decisi».

Marco e Laura, sua moglie, vivono a Santa Venerina da 14 anni, durante i quali hanno superato notevoli difficoltà, fra cui i disagi dovuti al terremoto che nell’ottobre 2002 rese inagibile la casa. La comunità, qui, conta due case a Santa Venerina, una a Giarre, una a Randazzo e un’altra a Trapani. In tutto, circa 60 persone, oltre alle famiglie affidatarie e aperte. Con le parrocchie, la diocesi, le forze dell’ordine hanno sempre avuto buoni rapporti («tutti hanno sempre cercato di valorizzare il nostro carisma», riconosce Marco) e ora raccontano i tanti incontri di questi anni, fra cui, di recente, quello con il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, che con grande semplicità e cordialità ha apprezzato il contributo della comunità al territorio anche sotto il profilo della legalità.

IL MANDATO
Il 19 giugno le parrocchie di Santa Venerina si sono raccolte in preghiera con i vescovi delle diocesi di Acireale, a cui appartiene la maggior parte del territorio del paese, e di Catania, a cui appartiene una parrocchia. Nella chiesa tenda che ancora ospita la parrocchia di Santa Maria del Carmelo, danneggiata dal terremoto del 2002, si sono così ritrovati mons. Pio Vigo e mons. Salvatore Gristina, tanti fedeli e cittadini, su impulso della comunità Papa Giovanni XXIII, dell’Azione cattolica, della Caritas e di altri gruppi parrocchiali, per una “messa di mandato”: un primo momento insieme, che dopo l’estate vuole continuare con un cammino di legalità rivolto principalmente ai giovani.

«Le manifestazioni antimafia promosse dai fratelli e sorelle della zona di Acireale – ha scritto don Oreste Benzi – rientrano nella nostra vocazione e si concretizzano in un atto di lotta per la rimozione delle cause che producono l’ingiustizia, terrore e morte. Sono innumerevoli gli oppressi che la mafia tiene in pugno sfruttandoli. Noi tutti preghiamo perché gli uomini della mafia si ravvedano e le loro vittime siano liberate». E la Chiesa ha risposto. Non sono mancati gli incoraggiamenti né i gesti di condivisione.

Nella casa di Marco e Laura ora vivono in 17, la famiglia si è sempre allargata, ci sono stati due rientri nella famiglia naturale, altri ragazzi sono riusciti a trovare risposte diverse, altri ancora purtroppo hanno deciso di mollare. La comunità ha accolto anche le ragazze del servizio civile nazionale, che danno una mano in casa. Per ultimo è arrivato Matteo, 20 mesi: anche lui un segno della vita che si ribella alla morte chiamata mafia.

 

 

 

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