Raiek Rizek

Pubblicato il 31-08-2009

di bruno


Raiek Rizek (sindaco di Nevè Shalom)


Sovente i fondatori di molte comunità che inseguono certe idee e finalità, che possono essere sociali, politiche, religiose pensano di avere tutta la verità in pugno e invitano le persone a seguirli affermando la loro verità assoluta. Bruno, che agli inizi dell’avventura di Nevé Shalom aveva già 60 anni, aveva anche lui la sua verità, ma non ha mai forzato o costretto gli altri ad abbracciarla.

Alcuni pensavano che lui, essendo di famiglia israeliana, tendesse ad avere una sorta di inclinazione per la parte israeliana nel conflitto israelo-palestinese, ma nel suo libro “Quando la nube si alzava” scrive, con grande chiarezza, che il conflitto isrealo-palestinese è tra due parti che hanno ognuna la propria giustizia, la propria ragione.

L’idea di Bruno non era avviare Nevè Shalom secondo un modello specifico per venir fuori dalla situazione israelo-palestinese, ma mettere insieme Israeliani e Palestinesi affinché trovassero loro un modus vivendi, e percorrere una loro strada. All’epoca io non ero presente, ma ho colto le testimonianze di chi c’era. Leggendole, mi domando come quell’uomo sia riuscito a tener duro in anni così difficili e a continuare ad avere fiducia che qualcosa sarebbe dovuto accadere. Se escludiamo il terreno pietroso che aveva affittato, non aveva altro. Dovettero passare alcuni anni perché qualcuno capisse che lì c’era un progetto importante da sostenere: c’è da rimanere meravigliati e domandarsi come abbia trascorso questo tempo di attesa!
Padre Hussar davanti alla sua prima abitazione

La forza che ha sorretto padre Hussar io non l’ho imparata parlando con lui di questioni filosofiche o religiose, ma negli scambi a livello quotidiano, parlando delle condizioni della famiglia, di come sta la moglie, di come stanno i figli, le cose più normali… Si legge dal suo testamento spirituale: “Qui a Nevè Shalom/Wahat al Salam abbiamo uno scopo: la riconciliazione pacifica tra i nostri due popoli; al fine di lavorare in modo fruttuoso per questo scopo, abbiamo bisogno di avere una comprensione e considerazione mutua uno dell’altro qui nel villaggio, questo significa Amore”.

Bruno parlava di amare il prossimo e amare sé stessi. Credo che quest’uomo credesse proprio nella giustizia. Talvolta quando assisto nel villaggio alle liti tra i nostri giovani, mi ricordo che Bruno non era mai arrabbiato con nessuno, in collera con nessuno, non era mai aggressivo, ma benevolo con tutti. Quando lo incontravi il suo volto era raggiante di sorriso. Tutte le volte che abbiamo avuto la sensazione che il villaggio fosse sul punto di collassare, lui non ha perso la speranza.

La forza che aveva dentro era l’amore. Quando tu sei pieno di amore per te stesso e per il tuo prossimo, sei una forza che elimina l’odio, la tristezza, la gelosia, il disprezzo, l’ansietà, il risentimento, la frustrazione, il senso di fallimento.
Bruno non ha mai preteso di darci lezioni, di salire in cattedra, lui ci guardava sorridendo e con quel sorriso voleva significare “un giorno o l’altro questi giovani capiranno la Verità”. Bruno ci ha insegnato che noi dobbiamo cercare di essere felici della vita che facciamo, amare noi stessi e amare gli altri e perdonare noi stessi e perdonare gli altri.

La storia di Bruno non è una storia finita, è una pianticella che può ancora crescere e capire ciò che lui ha fatto. Oso dire che se un giorno ci sarà mai la pace in Terra Santa, in qualche modo questa pace andrà connessa con la figura di Bruno, con quel che lui ha iniziato. Hanno pensato che lui fosse un pazzo o un sognatore, lui era un sognatore, ma era molto più realista di quanto non sembrasse.


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